Doveva essersi spostato là fuori per… per quanto? Un giorno, forse due? Quanto ci aveva impiegato a raggiungere un posto simile? Axxter scrutò nell’oscurità, pensando. A meno che spostarsi non fosse l’espressione esatta: forse Lahft, con lui tra le braccia e la sua membrana dilatata al massimo, era stata afferrata da una corrente vicino al margine dell’atmosfera. Una corrente che li aveva trasportati a gran velocità su tutti i settori della zona conosciuta, proprio sopra le Fiere Equatoriali, quella di Sinistra o di Destra. E poi… spang… li aveva lasciati cadere su un territorio sconosciuto.
Un nuovo pensiero gli attraversò la mente. Forse lei l’aveva fatto apposta. Fluttuare là in giro come aveva fatto; non era tanto stupida da non sapere che si trovava nei guai. Era tempo di muoversi, prima che altri guerrieri della Folla comparissero sulla scena. E più lontano fosse riuscita a portarlo, meglio sarebbe stato. E non c’era posto più lontano di quello.
— Cristo onnipotente! — Gli era venuto un crampo alla gamba. Merda! — Si massaggiò la coscia. Senza la sua fascia da bivacco — che era sparita tra le nuvole con tutta l’altra roba che si trovava nel sidecar — per la prima volta nella sua carriera verticale, capì esattamente cosa fosse il freddo della notte. Si poteva morire congelati… lasciò che gli passasse il crampo e si abbracciò, unendo il più possibile i lembi della sua giacca lacera. Sarebbe stato felice di vedere la prima luce grigia filtrare lungo il muro: avrebbe significato che il sole era sorto sopra la barriera di nuvole sull’altra parte del Cilindro — e allora avrebbe potuto essere in grado di muoversi, sapendo dove andare, e sentendo scorrere di nuovo il sangue nelle vene. Inoltre avrebbe potuto cercare una presa per chiamare la Chiedi Ricevi. E rovistare negli archivi, tentando di scovare qualunque notizia ci fosse sulla zona della notte. Qualsiasi brandello d’informazione avrebbe potuto essere utile. E del cibo… come diavolo avrebbe fatto per il cibo? Il suo cervello era inarrestabile: le preoccupazioni si susseguivano una dopo l’altra al tempo del brontolio dello stomaco. Non appena il dolore delle contusioni era diminuito, si era reso conto di quel nuovo male, che diventava sempre più profondo.
Era impossibile dormire: era sempre stato piuttosto difficile, anche con la tenda di bivacco che lo avvolgeva, una specie di piccolo utero in cui rifugiarsi. La prima volta che era arrivato sul muro, gli ci era voluta un’intera settimana di esaurimento e occhi rossi prima di abituarsi a dormire in quel modo. Ora, attaccato al metallo solo grazie alle corde degli stivali e della cintura… solo il cielo sapeva quanto fosse lontano dal suo mondo, e il suo culo stava gelando… Abbassò il più possibile la testa. Probabilmente aveva dormito più che a sufficienza mentre veniva trasportato dalle correnti tra le braccia dell’angelo.
Ancora una fitta allo stomaco. Avrebbe dovuto mangiare al banchetto di Cripplemaker; ma allora non sapeva che sarebbe stata la sua ultima possibilità di cibarsi per un lungo periodo. Chiuse gli occhi e attese la luce.
La individuò, una piccola increspatura sulla superficie dell’edificio; un’ondata di gioia lo sopraffece, tanto da fargli venire le lacrime agli occhi. La linea diritta che divideva il Cilindro dal cielo vacillò per un momento.
Ansimando dei ringraziamenti, Axxter si sollevò verso la presa. I muscoli delle gambe e delle braccia gli tremavano a causa delle ore passate a muoversi come un ragno sulla superficie dell’edificio. Era già mezzogiorno, il mezzogiorno del Cilindro; non appena il sole raggiunse quella posizione, la semioscurità grigiastra di quel luogo si trasformò in una luce brillante. Non aveva mai visto niente di simile, ma era troppo stanco per girarsi e godersi quella strana alba. Si muoveva lentamente, attanagliato dai morsi della fame e del panico che lo esaurivano. Già a bordo della sua moto e del sidecar, il Cilindro gli era parso enorme. Ora doveva affrontarne tutta l’immensità a mani nude.
— Dolce cosuccia. Forza, vieni verso di me. — Lentamente, quanto permettessero le corde che aveva legate alla vita e alle caviglie, scivolò verso la presa.
— Arrivato! — Intorno alla presa c’era una serie di cerchi concentrici gialli. Axxter si sfregò le lacrime dagli occhi poi tastò il buco con un dito. Polvere e ragnatele: le grattò via con le unghie. Vi infilò nuovamente il dito, muovendolo avanti e indietro per attivare il contatto. — Forza, figlia di puttana…
Una paura snervante che non gli aveva permesso di pensare fino a quel momento gli seccò la bocca. Forse le linee del Sindacato delle Comunicazioni, le reti pre-Belliche che aveva ereditato, forse non arrivavano fino a quella parte dell’edificio. Chi poteva saperlo? Forse non era possibile stabilire alcun contatto, forse il suo dito si stava muovendo in un buco vuoto e non c’erano linee che potessero metterlo in comunicazione con il mondo in grado di aiutarlo in cambio di denaro… — Forza… — Il metallo brillante che ricopriva la punta del suo dito grattò la superficie del buco. Socchiuse gli occhi. — Per favore…
Davanti ai suoi occhi comparve una parola luminosa.
NUMERO?
Avrebbe potuto scoppiare in lacrime. — Ho bisogno di parlare con la mia banca. — Sbatté gli occhi sul suo schermo, mentre ne scorreva l’elenco dei numeri. — E subito.
NUMERO? Quella stupida parola continuava a illuminarsi ad intermittenza.
Si trattava di una vecchia linea. Ogni tanto se ne incontrava qualcuna nei settori meno frequentati. Dio solo sapeva quando quella presa fosse stata usata per l’ultima volta. Forse ancora prima della Guerra — Dannazione! — Axxter fissò quella parola stampata nel cielo. Che cosa diavolo volevano?
— Il mio numero?
NUMERO? Ancora quella parola a intermittenza.
Aveva il numero di registrazione della defunta Norton e la sua licenza professionale. Avrebbe potuto recuperarli da qualche parte, ma non riusciva a capire perché il circuito volesse conoscerli.
Ebbe un’intuizione. Il numero del conto corrente. Lo comunicò.
LO STIAMO TRASMETTENDO. Tirò un gran sospiro. ATTENDERE, PREGO.
Comparve il simbolo del Sindacato delle Comunicazioni e poi quello della banca. Grazie a Dio avevano prelevato solo la tariffa per una chiamata informativa. — Datemi il mio bilancio — Voleva conoscere il peggio.
Ci volle più tempo del solito; il fatto lo rese nervoso. Forse qualcuno si era già inserito sul suo conto e lo stava prosciugando. Cristo, a quanto diavolo ammontava la multa per aver tagliato quel cavo? Il sudore gli colò agli angoli della bocca.
Davanti agli occhi gli comparve un grande quadrato rosso. Non aveva mai visto nemmeno quello. E in quel momento non voleva sapere cosa fosse. Significava problemi.
CONTO CHIUSO. Rosso, nero, rosso; quelle parole non scomparivano.
— Cosa? — Si aspettava uno zero; quello non aveva senso.
CONTO CHIUSO. CLIENTE DECEDUTO.
Qualcosa di gelido, denti di ghiaccio freddi come diamanti, gli strinse il cuore. — Cosa… Cosa vuole dire? — Chiese senza neanche rendersene conto.
CLIENTE AXXTER (NY) DECEDUTO. Rosso, Nero. CONTO CHIUSO.
— Ma… ma sono io! Io sono Ny Axxter…
DECEDUTO. INCHIESTA TERMINATA.
E non vide più nulla.