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Poi, d’un tratto, l’idea e le parole gli sgorgarono istintivamente, senza fatica.

— Potrò anche non valere molto come grafico — non in questo momento, perlomeno — ma abbiamo qualcos’altro da vendere. Io mi trovo dall’altra parte. Non capisci? In un luogo dove nessuno è mai stato prima, almeno nessuno che abbia potuto parlarne. Avremo un sacco di informazioni da qui, valanghe di dati freschi che potremo vendere alla Chiedi Ricevi a qualunque prezzo stabiliremo. Inoltre… c’è anche il fatto che tutto avviene in diretta: Brevis, la nostra avventura viene vissuta dal vivo. Non si tratta di una passeggiatina in qualche strano e lontano settore della zona conosciuta, cosa che è già stata vista milioni di volte. Io sto attraversando un paesaggio ignoto, senza alcun mezzo di trasporto, dove potrei imbattermi in sa Dio che cosa — potrebbe davvero esserci qualunque cosa qui in giro, amico — e poi potrei attraversare qualunque Fiera Equatoriale posta sul mio cammino — e tutto questo, soltanto per riuscire a tornare a casa. Cosa potresti volere di più? Questa è una dannata Odissea, per Dio!

— Uhm… — Brevis ci stava pensando e non riusciva a nascondere il proprio interesse. — Già, ma… devi percorrere tutta quella strada all’indietro. E come hai detto anche tu, non sappiamo che diavolo potresti incontrare. O cosa potrebbe imbattersi in te.

— E allora? Ancora meglio. Questo è esattamente quello che terrà la gente legata mani e piedi alla storia, seguendo i miei movimenti… il fattore suspense. La metà della gente spererà che io non ce la faccia. Ma se io muoio di fame o se mi succede qualcosa di ancora peggiore, sarà una tragedia per tutti gli altri, un vero dolore. In ogni caso tu ti beccheresti il dieci per cento.

— Il venti. Questo è un affare del tutto insolito ed è incluso in una clausola speciale del tuo contratto con l’agenzia.

— Dieci, venti, cosa importa? — Axxter sapeva di averlo in pugno. — Ci saranno mucchi di soldi per entrambi.

— Uhm… potrebbe darsi. Devo sottoporre l’idea ad alcune persone e vedere cosa ne pensano. Ma… non è male, Ny; niente affatto male. Ci sono buone possibilità. — La voce di Brevis divenne più alta. — Già, penso che potremmo ottenere una buona offerta per questa roba.

Tombola. — Però dobbiamo anticipare dei soldi in questo affare; e sarà un anticipo sostanzioso. Dovremo sborsare dei soldi per acquistare materiale e informazioni. Devo far localizzare la mia posizione, avere tutte le mappe e ciò che esiste riguardo a questa zona, non mi interessa in che forma. Avrò bisogno di tutto l’aiuto che potrò avere se devo portare a termine questa impresa.

— D’accordo, d’accordo, lascia che ci lavori su. — Brevis fece schioccare la lingua più volte: lo faceva sempre quando era eccitato. — Ci impiegherò un po’ di tempo. Ascolta, resta lì seduto e non ti muovere, d’accordo?

— Dove cazzo credi che potrei andare?

— Stai lì. Penso che sia davvero una bomba. Farò subito localizzare la chiamata e appena avrò un’offerta ti richiamerò. Però dammi un po’ di tempo.

Axxter aveva lo stomaco attorcigliato. — Quanto?

— Devi darmi almeno ventiquattr’ore.

Fece un respiro profondo. — D’accordo. Ma datti da fare. Ho davvero bisogno di una mano in questa storia.

— Ehi! Fidati di me.

Dopo la chiamata, Axxter si sollevò per sciogliere un crampo che quella posizione a ragno gli aveva procurato mentre aveva il dito infilato nella presa. Le corde di protezione si allungarono e lo abbracciarono, proteggendolo dal vento.

In ogni direzione, quel settore sconosciuto di muro era nudo e deserto, proprio come quando l’aveva lentamente percorso muovendosi a quattro zampe.

Ancora qualche ora di luce: quello era il vero giorno. Poteva andare in giro a dare un’occhiata… a cosa? Un grazioso nascondiglio di cibo essiccato, lasciato da qualche altro povero bastardo? La sua bocca salivò abbastanza da fargli pizzicare la zona sotto la lingua. Non riusciva a frenare la fantasia: qualche povero bastardo che era stato abbastanza sfortunato da atterrare lì in qualche modo… no, che l’aveva deciso, un viaggiatore come Opt Cooder, ecco perché aveva delle riserve di cibo con sé. Poi gli era accaduto qualcosa…

La piega che stava prendendo quella storia non gli piacque. Qualunque cosa fosse accaduta al viaggiatore, avrebbe potuto succedere anche a lui. Era meglio pensare solo al cibo, all’acqua e a ogni altra cosa positiva che offriva la vita. Al mattino aveva trovato dell’acqua piovana raccolta in una cavità poco profonda sulla superficie dell’edificio; l’acqua sapeva di metallo, ma era sempre meglio di niente. Gli aveva permesso di salivare, facendogli venire ancora in mente le parti migliori delle sue fantasticherie.

Proprio quando fu pronto ad assumere una posizione più comoda e vicina al muro, notò due cose. Scoprì che la solita fastidiosa nausea che provava ogni volta che si muoveva perpendicolarmente al muro, era scomparsa. Quella sensazione era diminuita con il passare del tempo, ma non era mai svanita del tutto. Fino a quel momento. Dimostra quanto mi trovo lontano dal mio mondo. Quando ci si trova in queste situazioni, anche al corpo non fotte più di niente. Afferrò le corde con le mani e fece la seconda scoperta.

C’era qualcosa, una sagoma che si muoveva in lontananza.

Axxter sentì il suo stomaco vuoto contorcersi. Non aveva incontrato un segno di essere vivente da quando aveva cominciato a muoversi sul muro in cerca della presa, ma quello non significava nulla. Tutti i settori della zona conosciuta apparivano altrettanto disabitati; si poteva attraversare qualche tetro territorio e trovarsi di fronte improvvisamente a qualcosa di tremendo… si ricordava ancora con terrore l’acciaio divelto e bruciato e la comunità orizzontale che abitava al di sotto. L’odore della carne carbonizzata e quello del sudore provocato dalla propria paura lo assalì. C’era sempre qualcosa che poteva nascondersi sotto la superficie, pronta a saltar fuori e ad afferrarti, come avevano fatto quei poveri bastardi. Usciti dal buio, i Centri dei Morti. Forse non li si vedeva mai proprio perché passavano il loro tempo su quella parte del Cilindro, gironzolando e affilandosi i denti.

Si sforzò di mettere a fuoco ciò che aveva visto muoversi, ma, qualunque cosa fosse stata, era già scomparsa. Non c’era più nulla che si muovesse sulla superficie verticale. E questo non lo fece affatto sentire meglio.

Avrebbe potuto trattarsi di qualunque cosa. Si avvicinò nuovamente al muro. Oppure di niente. Forse la corda che aveva intrecciato Lahft con materiali di fortuna. … qualche pezzo di tela era stato catturato dal vento, sollevato e fatto svolazzare in giro. Ma pensò di essersi allontanato parecchio durante la ricerca della presa perché quell’ipotesi fosse reale; il luogo in cui si era svegliato doveva trovarsi dietro la curva dell’edificio. Eppure doveva per forza trattarsi di qualcosa di simile, solo degli stracci o qualche altra cianfrusaglia. Niente di cui preoccuparsi.

Davvero niente. Continuò a ripeterselo per tutto il resto del giorno, fino al tramonto — che ancora riuscì a stupirlo, anche se in misura minore — quando fu abbastanza scuro per poter dormire un po’. Il dolore sordo delle sue abrasioni l’aveva alla fine reso esausto.

Non riusciva nemmeno a chiudere gli occhi. Continuò a fissare nell’oscurità, verso quel punto distante sul muro.

La luce grigia che filtrava lo svegliò di colpo; gli faceva male la schiena e la fronte gli pulsava contro una delle corde.

Si tolse una crosta dall’angolo di un occhio. Gli ci volle un po’ per salivare e ingoiare il sapore amaro che aveva in bocca. Il sonno, per quanto breve fosse stato — non ricordava quando si fosse addormentato — non sembrava avergli giovato un granché. Anche le braccia gli dolevano, come se avesse preso a pugni il muro per tutta la notte.