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— Ehi, vaffanculo, amico — Fellonia sembrava davvero offesa. — Non attribuirmi questa roba… è tutta antichità, schifezze che si facevano prima della Guerra. Quei coglioni, i guastatori e altri gruppi che lavorano sulle comunicazioni, possono sbattere via il loro tempo con quella spazzatura se vogliono; inseguendosi l’un l’altro e introducendosi nei rispettivi archivi. Io ho cose molto più importanti di cui occuparmi. Io ho un territorio.

— Cosa diavolo vuol dire? — Doveva continuare a farla parlare.

— Adesso ti spiego. Significa che non ho bisogno di raccogliere intorno a me un branco di metodisti, solo per guardarmi il culo mentre lavoro. Fellonia è un lupo solitario nella rete di comunicazione, amico; non c’è nessun altro oltre a me. — Un largo sorriso accompagnò il tono orgoglioso della sua voce. — Ci sono dei circuiti in cui nessuno può introdursi, se non io. Ecco perché mi sono così incazzata quando ti ho beccato su quella linea, mentre facevi la tua chiamata. Non tollero molto bene le intrusioni; mi va subito il sangue alla testa, amico. Quelle linee sono mie.

Axxter pensò che si riferisse a qualche parte della rete telefonica che correva attraverso l’edificio. li fuori, nel bel mezzo di nessun posto. — E cosa le rende tue? Il solo fatto che nessun altro le usa?

Fellonia scosse il capo, ancora sorridendo. — No, no, è più di questo; molto più di questo. Io ho incrinato l’interfaccia. Sono nata in grado di fare una cosa simile, ho solo dovuto scoprire quanto fosse grande il mio potere. E ho imparato che posso fare qualunque cosa sulle linee… voglio dire, chiunque può intromettersi nelle linee, è proprio questo che significa avere un terminale nel cervello. Il trucco sta nell’essere in grado di insinuarsi nella testa di qualcun altro. Quando sei capace di fare questo, non c’è niente che ti possa fermare.

Era davvero una bambina, pensò Axxter. Era piuttosto facile farla abboccare usando l’esca del vanto e farsi raccontare ogni cosa. Ecco quello che si diventava a passare tutta la vita sulle linee, come diceva lei, incasinando quel labirinto di circuiti elettronici. Niente altro se non giochi, una specie di esistenza cristallizzata alla Peter Pan. Tutti, sia sul verticale che sull’orizzontale, conoscevano quel piccolo mondo che esisteva dall’altra parte dei telefoni.

Ci si poteva perdere facilmente un po’ di tempo — c’era sempre un invito ad “andare e giocare”, una mentalità davvero infantile — con il conseguente rischio di rimanerci intrappolati. E spendere il resto della vita là, dove il corpo diventa inutile, e ci si ritrova a giocare sui circuiti come bambini, cercando di divertirsi con gli elettroni.

— Allora è questo il trucco? — Suonava proprio una cazzata; doveva essere matta. — Come puoi fare una cosa simile? — Doveva farle dire tutto quello che poteva… per esempio, come riuscisse a penetrare sotto la superficie dell’edificio e altre informazioni utili… e poi ripartire.

Lei sembrava compiaciuta, molto soddisfatta di sé. — Lo faccio e basta. Il trucco è far sì che qualcuno si avvicini abbastanza a una presa di cui ho il controllo esclusivo, così lo posso catturare. Come questo corpo — E si premette il dito contro il petto. — Questo non è mio. Be’, adesso lo è, ma non è quello con cui ho cominciato. Ne ho avuti molti, circa una dozzina, tutti presi in varie parti dell’edificio. Mi tengono molto occupata, perché devo continuare a muovermi per prendermi cura di loro; devono essere nutriti e roba simile. Questo è l’unico che ho preso sulla zona sconosciuta. Mi ci è voluto parecchio tempo per acciuffarlo; ho utilizzato della vecchia musica pre-bellica che ho trovato in un archivio. L’ho suonata attraverso una presa che ho trovato qui intorno e che aveva un’uscita audio; doveva aver fatto parte di un sistema che serviva a comunicare con le masse. Sono rimasta lì per giorni, in agguato sulla linea, aspettando che passasse qualcuno, sentisse la musica e si avvicinasse a sufficienza alla presa. Stavo quasi per arrendermi quando è arrivata questa. Appena si è avvicinata l’ho agguantata ed è stata mia.

Era un bello schifo, sia che quella storia fosse vera o meno. Trasformarsi da un freddo segnale su una linea telefonica a un corpo caldo e vivo. Se davvero poteva farlo… Sarebbe stato molto meglio che fosse impossibile. Ma non voleva farle capire cosa pensava davvero. — E cos’è successo alla donna? A quella che abitava il corpo in precedenza?

Fellonia fece spallucce. — È morta, credo. Se ti impossessi del corpo di qualcun altro, non impieghi molto tempo a liberarti di lui e a possederlo del tutto. A un certo punto non c’è più e basta.

— Cavolo, ma una dozzina!? Perché ne hai avuto bisogno così tanti?

— Te l’ho detto… sono un lupo solitario. Non ho bisogno di altri viaggiatori su circuiti che proteggano le mie azioni. In questo modo, io ho il controllo fisico delle prese che uso, e inoltre posseggo anche ampie sezioni delle linee, intere reti minori. Posso tagliarle quando voglio, in modo che quei piccoli stupidi non vi penetrino mentre non le sto controllando. Se provassi a fare tutto questo con un unico corpo, dovrei spostare il mio culo in continuazione intorno a questo dannato edificio. Dodici corpi in dodici posti diversi mi permettono di spostarmi dall’uno all’altro a seconda delle necessità, starci fino a quando ne ho bisogno e poi passare in un altro. Il tempo di viaggio è ridotto al minimo in questo modo, così ho più tempo per fare quello che voglio.

Il suo sorriso si fece perfido.

— Ci scommetto! — Di colpo si rese conto di quanto fosse surreale quella situazione. Appeso al muro a milioni di miglia da casa, con tutte le pessime notizie che aveva avuto, stava chiacchierando con una pazza convinta di potersi insinuare in qualsiasi corpo, con la stessa facilità con cui ci si cambia d’abito. Il mondo era diventato surreale da quando era precipitato attraverso le nuvole. Forse non mi sono mai svegliato. Era la stessa idea consolatrice che lo afferrava tutte le volte che le cose diventavano troppo strane: Forse sto ancora cadendo e sognando in un letto di aria. Riaprì gli occhi e la donna era ancora lì.

— Suppongo… che tu abbia intenzione di prendere anche me adesso. Aggiungendo un altro corpo alla tua collezione. Esatto?

Lei lo guardò con disprezzo. — Perché mai dovrei volere proprio te? Non darti troppe arie. Ho già avuto il mio corpo, quello in cui mi trovo adesso, proprio qui, in questo posto. Un altro sarebbe solo un fastidio di cui dovrei occuparmi. Inoltre, ho i miei livelli standard. Se non sono giovani e di bell’aspetto — decisamente meglio del tuo — e donne, non sono molto interessata. Perché dovrei tornare ad avere qualche orribile corpo maschile? Ne avevo uno all’inizio e sono stata molto felice quando sono riuscita a liberarmene.

Altre cazzate. L’aveva sopportata abbastanza; era giunto il momento di chiederle informazioni pratiche.

— Senti, visto che sei qui da molto, non potresti dirmi…

Lei stava già arrampicandosi lungo la fune, con incredibile agilità. Guardò verso il basso. — Mi dispiace, amico, ma come ti ho detto sono una persona molto occupata. Forse tornerò ancora a trovarti per vedere come te la passi.

In pochi istanti si trovava già vicino alla piccola apertura nel muro e scomparve al suo interno. Axxter la fissò per qualche secondo, poi scosse il capo e riprese il suo lento cammino.

12

Lo vide arrivare. Anche nel buio della notte poteva scorgere in lontananza la figura che si stava muovendo verso di lui.

Quando si era fatto troppo buio per continuare a viaggiare e ormai i muscoli delle braccia e delle gambe gli dolevano, Axxter aveva fissato saldamente le corde, sistemandosi il più possibile vicino al muro. Per dormire; o, almeno, per sembrare addormentato.