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Si aspettava che il misterioso benefattore, la persona che gli aveva lasciato il pane, si sarebbe fatta viva quando ormai il sole fosse calato dietro alla barriera delle nuvole. Durante tutto il viaggio aveva avuto l’impressione che qualcuno lo stesse seguendo. Non si trattava di quella folle ragazza — immaginò che, pazza o meno che fosse, avesse davvero parecchie cose da fare. Nemmeno del megassassino; se fosse stato abbastanza vicino da individuarlo, avrebbe già messo a fuoco e fiamme la distanza che li separava, piombando su di lui e riducendolo a carne trita. A meno che non ci fosse qualcun altro su quel settore, doveva trattarsi di chi gli aveva procurato il cibo. Sperò che fosse così: un intero giorno di cammino l’aveva stremato e gli sembrava di morire di fame.

Eccolo di nuovo. La fame e il mistero in cui era avvolto avevano affinato i suoi sensi. Poteva sentirlo, qualcosa che si avvicinava, un rumore di metallo contro il metallo che strisciava lungo il muro. Chiuse gli occhi e attese.

Il suo respiro era tranquillo e regolare. Axxter avvertì una certa eccitazione nell’aria. Fino a quando non gli fu vicino…

Si girò e lo afferrò. Per un attimo il suo braccio strinse la vita di quell’essere, attirandolo a sé. Questi emise un forte grugnito, in parte per la sorpresa, in parte per il dolore, perché, afferrandolo, Axxter l’aveva colpito allo stomaco con la testa.

— Figlio di puttana… — Un pugno colpì Axxter alla testa e lo stordì. Questi abbandonò la presa e fu spinto indietro, verso le corde.

Si accese una torcia e Axxter se la trovò puntata in faccia. Si coprì gli occhi; abbassando un poco la mano, vide davanti a sé un uomo scarsamente illuminato dal fascio di luce che si rifletteva sul muro.

L’uomo si raddrizzò e respirò profondamente. — Cristo… — un altro respiro. — Fai un favore a qualcuno ed ecco cosa ci guadagni.

Axxter vide un viso lungo, stretto, un po’ spigoloso e delle mani simili a ragni che tenevano la torcia come fosse una clava, pronta a scattare in caso succedesse qualcos’altro.

— Bel modo di comportarsi. — L’uomo si toccò la cassa toracica. — Avresti potuto uccidermi.

Non erano proprio le sue mani, notò Axxter. Alle estremità delle dita indossava delle specie di uncini a ventaglio, legati agli avambracci. Non erano fatti di metallo, ma di un materiale nero che si piegò come fosse gomma quando l’uomo li appoggiò alla giacca.

— Mi dispiace — Axxter scosse il capo, cercando di liberarsi di un ronzio che aveva nelle orecchie. — Ma tu eri qui intorno in agguato.

— Naturalmente. Mi aspettavo una reazione simile. Voi abitanti della zona del giorno siete tutti uguali… siete sempre pronti a combattere in ogni momento.

Voi abitanti della zona del giorno… era facile capire cosa significava. — Tu appartieni alla zona della sera?

— Ci sono nato e cresciuto. Il mio nome è Sai. Tieni, pensavo che potesse servirti. — Infilò una mano nello zaino che aveva sulle spalle e prese qualcosa.

Altro pane piatto. Axxter lo prese e ne staccò un pezzo, ma prima di metterselo in bocca, chiese: — Perché?

— Perché cosa? Il cibo? Sapevo che ne avevi bisogno, bloccato qui in questo modo. Non volevo vederti morire di fame, senza che tu avessi una possibilità di tornare a casa. — Prese dallo zaino una borraccia d’acqua e ne bevve una sorsata prima di porgergliela. — Mi sembrava molto crudele. Essere conciati in questo modo. Voglio dire, se davvero vuoi attraversare l’edificio per tornare a casa, mi sembra giusto che tu abbia una reale possibilità di farcela.

Axxter masticò e ingoiò. — Cosa sai di questa storia?

Una scrollata di spalle. — So molte cose. Conosco molte più cose su di te, di quanto tu non ne conosca di me e di come funzioni la vita quaggiù. Ma vedi, questo è da far risalire alla profonda divisione psichica che hai in testa; e l’edificio può essere visto come una rappresentazione esteriore, un’enorme immagine riflessa di questa scissione. La zona del giorno è tutta luce, superficie e azione; mentre da queste parti la vita si svolge al di là delle apparenze, nel pensiero e nella conoscenza. Molto filosofico.

Un altro pazzo. Questo tempo sembra pullulare di folli. Il pane era buono, però.

— Ehi, non guardarmi in quel modo. — Sai gli aveva letto nel pensiero. — Il fatto che tu non capisca quello che dico è un’ulteriore dimostrazione della tua radicata appartenenza alla zòna del giorno.

— Forse è così — Axxter aveva già finito una delle due pagnotte piatte. — Non ho molto tempo per discutere. Ho un sacco di problemi in questo momento.

— Questo è vero. Spero che non ti dispiaccia, ma ho ascoltato la chiamata del tuo agente. Mi sono introdotto sulla linea. Quell’affare del megassassino sarà un bel casino. Quei tipi sono costruiti per muoversi velocemente — Sai si grattò con uno degli uncini di gomma. — Ti sarà sotto il culo prima ancora che tu te ne accorga.

Questo pazzo sembra più utile del precedente. O almeno mi sembra più preoccupato. — Bene, sto cercando di procedere il più velocemente possibile… ma è davvero difficile.

— Questo avviene perché vi siete resi schiavi di quelle moto. Pensate che solo facendo rumore sia possibile muoversi — Sai sollevò una mano, illuminando la contrazione degli uncini. — Più le cose sono semplici e meglio è. Con questi si può essere davvero veloci. — Prese un altro paio di quegli aggeggi dallo zaino, che restò del tutto vuoto. Cinturini di cuoio e fibbie penzolavano dagli uncini. — Non potrò mostrarti bene come funzionano finché non ci sarà più luce. Possono essere un po’ complicati finché non ti abitui a usarli bene.

Axxter esaminò gli uncini; avevano dei piccoli sensori sulle punte, simili a quelli delle sue corde.

— Dormiamo un po’ — Sai estrasse delle corde dalla sua cintura, se le passò sul petto e le fissò al muro. — Ci metteremo in moto non appena ci sarà luce. — Incrociò le braccia e chiuse gli occhi.

— Non capisco — Axxter si legò gli uncini alla cintura. — Perché stai facendo tutto questo? Cosa ci guadagni?

L’uomo aprì un occhio e lo guardò. — Sei la cosa più interessante che sia capitata qui intorno da molto tempo. Non lo sai, ma tu sei qualcosa di… storico. — Richiuse l’occhio e abbassò il mento sul petto. — Vedrai.

Axxter infilò una mano nella tasca della giacca e staccò un pezzo di pane. Per un po’ continuò a masticare e a osservare la figura che dormiva accanto a lui.

— Forza, devi lasciarti trasportare da loro. Ondeggia un po’ mentre ti muovi — Sai, molti metri sopra di lui si era girato a guardarlo, aspettando che lo raggiungesse.

Gli uncini da viaggio — come li chiamava Sai — lo avevano spaventato inizialmente. Axxter si era aggrappato al muro, con le mani piatte sul metallo freddo, cercando di riprendere fiato. A metà mattinata, quando Sai gli aveva applicato per la prima volta quegli affari sulle braccia, aveva dovuto compiere un vero e proprio atto di fede nei suoi confronti, rinunciando a usare le corde della cintura e degli stivali. Le sue ancore di salvezza; gli tornarono la vecchia nausea e la paura che aveva provato appena arrivato sul verticale. Gli girava la testa e l’immobile edificio sembrava rullare e tremare tutte le volte che si guardava alle sue spalle, verso la barriera di nuvole. Poi quella sensazione era scomparsa, ma gli ci erano voluti ancora molti minuti prima che trovasse il coraggio di usare gli uncini come gli aveva mostrato Sai, ancorandosi con uno degli aggeggi mentre dondolava come una scimmia e si attorcigliava per riuscire a raggiungere un appiglio dopo l’altro.

Malgrado l’esitazione di Axxter, erano comunque veloci; quando il sole raggiunse la vetta dell’edificio, Axxter calcolò che lui e Sai avevano già percorso il doppio della distanza che egli aveva coperto nel suo spostamento precedente. Una volta che fossero riusciti a prendere il ritmo, con la particolare torsione degli uncini che si ancoravano e poi giravano intorno a se stessi… Le poche volte in cui Axxter aveva mancato la presa, gli era venuto un crampo allo stomaco al pensiero di cadere di nuovo a capofitto. Poi Sai ebbe pietà di lui e gli spiegò come funzionavano i congegni del sistema interdipendente: il primo uncino di ancoraggio si sganciava solo un microsecondo dopo che l’altro aveva trovato una nuova presa.