— Muoviti… — Lo chiamò Sai — Non hai tempo da perdere, amico.
Un’altra ora di viaggio; Axxter raggiunse il punto in cui Sai si era fissato comodamente al muro. Gli facevano male le braccia e le spalle; se le massaggiò, dopo avere agganciato tutte le corde di sicurezza.
— Ti abituerai in fretta — Sai indicò la mano di Axxter che stava massaggiandosi un bicipite. — Si tratta solo della novità del movimento, tutto qui. Sono gli uncini a fare lo sforzo maggiore. — Prese del pane e dell’acqua. — È ora della pausa.
Masticando, Sai indicò il cielo. — Ehi, ecco là il tuo piccolo amico.
Axxter girò la testa e vide la figura lontana dell’angelo. Lahft; quando questa si avvicinò un po’, la riconobbe immediatamente, con il suo sorriso felice.
Fluttuò nell’aria accanto a lui; era così vicina da poterla toccare. — Ciao! Ciao! Stai cadendo?
Axxter si spinse indietro e scosse il capo. — No. Almeno, non ancora.
Con piccoli movimenti, l’angelo si girò e si guardò la membrana sferica. — Fallo ancora. Fallo più bello.
I disegni che aveva programmato sul biofoglio che le aveva innestato erano ancora lì. Si è stancata di questo. Una delle peggiori caratteristiche del tempo: ogni cosa diventa vecchia alla fine. Non era sicuro di averle fatto davvero un favore, rivelandole il concetto di tempo e privandola di quell’ultima briciola di innocenza.
— Credo di potere… — Non aveva provato a trasmettere alcun segnale con la sua ricetrasmittente; visto che l’orbita della Piccola Luna non contemplava quella parte dell’edificio, gli era sembrato del tutto inutile. Ma ora aveva il destinatario proprio davanti a sé… — D’accordo. Cosa ne pensi di questo? — Dal suo archivio scelse una tigre che giocava con una farfalla, la codificò e la trasmise a meno di un metro di distanza. Appena l’immagine scomparve dal suo schermo, la vide apparire sulla membrana di Lahft.
— Carino! — L’angelo si girò per ammirarsi e poi lo guardò. — Sì, è carino. — Il sole che filtrava attraverso la membrana la rendeva radiosa, una delicata rosa incandescente. — È la miglior cosa che abbia mai avuto.
Accanto a lui, Sai annuiva. — È davvero un peccato che lavori così belli vengano sprecati per quel branco di animali.
Lahft non li stava ascoltando, lasciandosi trasportare dal vento. — Ehi! — Axxter la chiamò. — Torna a trovarci ogni tanto, tutte le volte che vuoi, e te ne farò un altro nuovo!
Lei considerò la proposta, mettendosi un dito sul mento. Poi tornò a sorridere. — Quando tu vuoi. Tu qui e io… — Allungò il braccio per indicare un punto distante nel cielo. — Tu fai tu… carino, ma su di me. Poi io vengo qui. Da te. — Si era già spostata di parecchi metri e aveva dovuto gridare le ultime parole. In un attimo se n’era andata, diventando un minuscolo puntino.
Sai sbadigliò, stiracchiandosi di fronte a lui. — Gli angeli sono in gamba. Sarebbe molto peggio se tu non avessi buoni rapporti con loro.
Si rese conto che Lahft non aveva mostrato la solita timidezza degli angeli nei confronti di Sai. Come se fosse abituata a lui o comunque non ne fosse affatto spaventata.
— Penso di sì. Però non vedo come possano aiutarmi.
Sai fece spallucce. — Vedi, è come quelle vecchie storie, le vecchie leggende, in cui i bambini salvano le formiche e gli uccelli. E poi vengono ricompensati, salvandosi la vita proprio all’ultima pagina grazie a quegli stessi animali. Non si sa mai.
Non era la prima volta in cui Axxter non aveva idea di cosa diavolo gli stessero parlando. — E cosa mi dici di quell’altra? Quella ragazza? — Egli suppose che Sai, avendolo spiato, avesse visto il loro incontro. — Credo che anche lei possa essere utile, allora.
— Quella viaggiatrice di circuiti? — Sai grugnì. — Faresti bene a stare alla larga da lei. Gente come quella può causarti un sacco di guai.
— Già, sembrava davvero demente. Parlava di muoversi, insinuandosi in corpi diversi. Come se ne avesse un guardaroba intero, o qualcosa del genere.
Sai scosse il capo. — Non volevo dir questo. Se fosse pazza davvero, non avrebbe un grande potenziale per procurare guai. Ma lei può realmente fare quello che ti ha detto… ecco perché porta sempre cattive notizie. — Strinse i cinturini dei suoi uncini. — Forza, dobbiamo muoverci.
— Eccoci. Eccolo — Sai indicò un punto davanti a loro.
Riprendendo fiato, Axxter guardò il muro. La superficie dell’edificio era tinta del rosso del tramonto. L’entrata del cunicolo sembrava un buco nero in mezzo alla luce riflessa di un fuoco.
Sai aveva spinto, in modo da raggiungere il posto prima del tramonto. L’abilità di Axxter nell’usare gli uncini era molto migliorata e questo aveva permesso loro di aumentare la velocità, ma il viaggio l’aveva stremato e gli aveva procurato dolori lungo le braccia.
— Te l’avevo detto che ti avrei portato qui — Sai gli diede una pacca sulle spalle. — Forza.
Lo guidò fino al bordo di quel buco. Axxter si morse le labbra e guardò all’interno. Niente, se non il buio.
— Dovrebbe esserci qualcuno dei miei amici intorno. Li avevo avvertiti di aspettarmi qui. — Sai infilò la testa nel buco ed emise un grido acuto, che riecheggiò all’interno dell’edificio per qualche secondo. Poi, un urlo in risposta. — Bene, entriamo. — Cominciò a slacciarsi le cinghie degli uncini.
Axxter si allontanò da lui. — Aspetta. I tuoi amici, gente come te, vive lì dentro? — E lanciò un’altra occhiata all’oscurità all’interno dell’edificio.
Sai si legò gli uncini alla cintura. — Be’, certo. Dove altrimenti?
Axxter si spostò ancora, scosso da un improvviso orrore. — Io pensavo… io pensavo che tu fossi un abitante della zona della sera. Io credevo che tu vivessi qui fuori. — E con un gesto indicò l’esterno dell’edificio.
— E allora? — Sai lo fissò. — Che differenza fa?
Axxter capì. — Tu vieni da lì dentro. — Si allontanò ancora dall’uomo, mentre le parole Centri dei Morti, impronunciabili, gli riempirono la bocca. Quell’uomo, quella figura sorridente che l’aveva accompagnato fino a lì, e tutti quelli come lui all’interno, che si chiamavano con ululati simili a quelli dei lupi…
Sai provò ad avvicinarsi. — Forza… non fare lo scemo…
Axxter cercò di colpirlo con gli uncini. Sai balzò all’indietro per evitare le punte affilate.
— Stammi lontano — Axxter continuava a strisciare via, usando le corde di sicurezza. Aveva gli uncini sollevati tra sé e Sai, usandoli come un’arma. — Non ti avvicinare. So chi sei. So cosa vuoi.
Sai lo guardò con disgusto. — Tu non sai un bel niente — Scosse il capo, si girò ed entrò nel buio del cunicolo.
— Questa è stata una delle tue mosse più stupide.
Sentì una voce alle sue spalle; Axxter, sussultando, girò la testa e vide Fellonia aggrappata al muro che lo guardava con aria di superiorità.
Lei annuì e guardò l’entrata del tunnel in cui Sai era scomparso. — Perché hai trattato male quel tipo? Ti stava facendo un favore. Ti ha accompagnato fino a qui e tutto il resto.
Axxter guardò prima il buco nero, poi la donna. — Non è … non è uno di loro?