Con prudenza fece qualche passo avanti, spostandosi dalla luce che filtrava dall’apertura. Qualunque fosse l’intenzione di Sai e degù altri abitanti dei Centri dei Morti verso di lui, non aveva certo migliorato la situazione minacciando Sai con gli uncini da viaggio. Quell’atteggiamento avrebbe fatto imbestialire anche la persona più gentile, soprattutto quando si trattava della ricompensa per i vari favori che gli aveva reso. Doveva stare in guardia.
A parte quella preoccupazione, non era poi così male trovarsi dentro l’edificio. C’era perfino un’illuminazione: file parallele di una debole luce bluastra sul soffitto; non le aveva viste dall’esterno. Forse ce la farò. Ci rifletté mentre camminava. Forse doveva solo continuare a mettere un piede dopo l’altro, continuare a camminare, senza smettere; forse avrebbe trovato del cibo dei Centri dei Morti, una grande pila di quelle pagnotte rotonde, forse Sai o qualcun altro avrebbe riallacciato i rapporti con lui, lasciandogli qualche piccolo dono mentre lui dormiva… Il pensiero continuava a frullargli in testa, mentre l’apertura del tunnel si faceva sempre più piccola alle sue spalle.
Avvertì uno strano odore provenire da un cunicolo secondario. Assomigliava a quello della benzina, era acre, pungente. Aveva invaso l’aria con un’ondata di calore. Poteva venire da una specie di macchina. Ebbe solo un attimo per fare ipotesi sull’origine di quell’odore, quando qualcosa uscì improvvisamente dal buio e lo colpì violentemente al petto. Axxter cadde all’indietro, volando per un breve tratto, per poi cadere battendo la testa e le spalle contro il pavimento. Stordito, scrollò il capo, cercando di rimettere a fuoco ciò che aveva davanti a sé. Il megassassino.
Non sapeva che potesse sorridere.
Era tutto nero, oscurità nell’oscurità, una grande macchina puzzolente d’olio e metallo surriscaldato e allo stesso tempo di odori umani, quali merda e sudore. Ad Axxter, che si trovava ancora a terra, quella massa impediva di vedere qualsiasi altra cosa, come se le sue enormi spalle arrivassero al soffitto del cunicolo.
L’essere lo guardò con i piccoli punti rossi che aveva al posto degli occhi e sorrise quando il suo petto si aprì mostrandogli immagini che stavano per prendere vita. Al centro, si trovava l’icona di morte.
Almeno non è la mia. È il lavoro di qualcun altro, un caos di vermi neri con i teschi che digrignavano i denti affilati, mentre si contorcevano intorno a un cuore pieno di spine. Sarebbe stato troppo essere uccisi da qualcosa che portava la sua stessa firma.
Eppure — il cervello di Axxter fu invaso da una strana lucidità, calma e serena — avrebbe potuto essere piacevole. Avere il suo lavoro inciso sull’ultima cosa che avrebbe visto in vita sua.
Guardò verso l’alto, il ghigno del megassassino. Gli aggeggi orbitanti che aveva all’estremità delle braccia si stavano dirigendo verso di lui.
Poi ci fu l’esplosione e tutto ciò che Axxter vide furono il fumo e le fiamme.
— Che cazzo… — Il pavimento del cunicolo era stato attraversato da una scossa tanto forte da far cadere il megassassino. Axxter venne scagliato contro il muro in cui si era aperta una profonda crepa.
Una mano emerse dal fumo e lo afferrò per un braccio. — Forza… — Una voce che aveva già sentito. — Da questa parte…
Si lasciò trascinare attraverso quell’apertura nel muro. La forte presa di Fellonia lo costringeva a correre. Dietro a sé, udì l’urlo terribile del megassassino riecheggiare per tutto l’edificio.
13
— Credo che saremo al sicuro qui. Per un po’.
Fellonia l’aveva condotto per tunnel sempre più stretti che partivano dal cunicolo principale. C’era un mondo dietro a quelle pareti levigate; alla fine si trovarono in uno spazio cubico delineato da tubi e un labirinto di cavi. Entrambi dovettero piegarsi sotto il basso soffitto.
Quella fuga a quattro zampe lasciò Axxter senza fiato. Chinò il capo e notò che le sue mani erano coperte d’olio e cenere. La sua giacca puzzava di bruciato. — Che… che cos’è stato? Quell’esplosione? — Forse ogni cosa intorno a lui avrebbe potuto prendere fuoco e andare in cenere allo stesso modo.
Fellonia si sedette con la schiena appoggiata al muro e si abbracciò le ginocchia. Fece spallucce. — Niente di eccezionale. Ci sono dei cavi ad alta tensione che attraversano questo posto e l’isolamento li ha resi vecchi e poco sicuri. Tutto quello che si deve fare è collegarli tra loro e in questo modo si ottiene un bel casino… un mare di fumo e altra roba. L’ho fatto appunto per far saltare in aria quell’enorme massa e creare un buco abbastanza grande per trascinarti via.
Axxter grugnì i propri ringraziamenti. L’eco dell’esplosione gli rimbombava ancora nelle orecchie. Vivo… quello lo sorprendeva molto. Non aveva mai sentito di nessuno che avesse visto l’icona di morte di un megassassino e potesse ancora andare in giro a raccontarlo; perlomeno, mai quando l’icona era espressamente dedicata a lui.
— Credevo… che te ne fossi andata. A occuparti dei tuoi affari.
Fellonia si tolse un ciuffo di capelli dagli occhi. — Già, stavo per andarmene; conosco dei posti tranquilli qui in giro dove di solito lascio questo corpo, lo sai, in modo che non possa accadergli niente mentre sono altrove. E ho visto quella cosa muoversi di soppiatto qui intorno; di soppiatto, be’… per quanto di soppiatto possa muoversi un affare così grande. Ho pensato che stesse aspettando di capitarti addosso e distruggerti. Non c’era tempo per uscire di nuovo e avvertirti; e poi… ehi, insomma, non volevo che quel figlio di puttana mi vedesse e decidesse di farmi fuori.
— Credo di doverti ringraziare — Axxter si fregò la mano sui pantaloni, cercando di pulirsela. — Non sapevo che tu fossi così preoccupata per me.
— Non lo sono. Solo che non mi piace che uno stronzo grande e grosso come quello si aggiri nel mio territorio. Mi fa incazzare.
— Comunque, continuo a non capire — Axxter guardò verso la direzione da cui erano venuti. — Non avrebbe dovuto trovarsi qui. Non così presto, almeno; le mie informazioni dicevano che aveva attraversato la frontiera uno o due giorni fa. Quegli esseri non viaggiano così velocemente.
Un’altra scrollata di spalle. — Forse si sono sbagliati circa il momento in cui è arrivato sulla zona della sera.
Axxter scosse il capo. — Non può essere… ho avuto l’informazione direttamente dalla Chiedi Ricevi. Ho anche pagato un sacco di dollari per averla con cento per cento di affidabilità. Non possono sbagliarsi in cose simili. È il loro mestiere.
— Allora? Forse ti hanno mentito.
— Mentito? — Lui la fissò stupito. — Intendi dire che non mi hanno detto la verità?
— Già, in linea di massima questa è l’idea generale, quello che la parola significa.
Significava molto di più. Axxter si appoggiò al muro. Mi hanno mentito?… cioè si sono limitati a non dirmi la verità; l’agenzia informativa ha messo insieme qualcosa, un’informazione qualunque sul megassassino e la sua posizione, una bugia, e me l’ha comunicata al posto della verità?
— Se le cose stanno davvero così… — Aveva incominciato a parlare ad alta voce, perché quel pensiero era troppo atroce. — Se sono capaci di fare una cosa simile… questo potrebbe significare… qualsiasi cosa.
Fellonia lo guardò con disprezzo. — Perché diavolo ti agiti tanto? Ti hanno raccontato una balla… cosa c’è di tanto grave?
— Ma non capisci? — Si spostò in avanti appoggiando le mani a terra. — Significa che non ci si può fidare della Chiedi Ricevi! — Quest’idea lo sconvolgeva quanto l’aveva sconvolto il primo tramonto che aveva visto in vita sua. — Dovrebbero essere una fonte imparziale di informazioni; è questa la natura della loro esistenza. Devi poter credere a quello che ti dicono.