Tutte quelle allusioni lo innervosivano. — Sì, ne sono certo. Il satellite della Piccola Luna non passa da questa parte dell’edificio; staziona solo sulla zona del giorno. Altrimenti avrei potuto trasmettere dei segnali e farli rimbalzare, raggiungendo la Folla in questo modo. Ma siccome la Piccola Luna non orbita da questa parte, non si può fare.
— Cosa ne dici di usare qualcos’altro invece della Piccola Luna per far rimbalzare i segnali?
Axxter sospirò. — Mi stai tirando pazzo… non c’è niente altro.
— Forza, ragazzo… devi pensare alle formiche.
Forse non era lui quello che stava diventando pazzo. — Formiche? Di che cavolo stai parlando?
— Come nelle storie… se tu aiuti le formiche, loro poi ricambiano il favore. Forza, pensa; a chi, una volta che sei riuscito a superare l’egoistico interesse solo per te stesso, hai mai fatto un favore? Eh?
Gli ci volle un attimo per ricordare. — Vuoi dire… l’angelo di gas? È a lei che ti riferisci? A che diavolo potrebbe servirmi?
— Potresti usarla per inviare un messaggio.
— Ah, già, certo; funzionerebbe benissimo. Facciamo fare il postino a un angelo; devi essere fuori di testa. Quanto credi che ci impiegherebbe per muoversi contro le correnti di vento da qui fino all’accampamento della Folla? Non ho tutto quel tempo: il megassassino è sulle mie tracce in questo momento. E poi me la immagino a entrare in quell’accampamento — se mai riuscissi a trovare un modo per farle capire dove si trova — con una mia lettera in mano; sono certo che non riceverebbe una grande accoglienza da quei ragazzi — Axxter scosse il capo disgustato. — Se questa è la tua idea per aiutarmi, puoi scordartela subito.
— Eccoci di nuovo: non stai pensando; non è affatto quello che intendevo. Dimostra un po’ d’immaginazione. Potresti usare l’angelo nello stesso modo in cui useresti la Piccola Luna: come un satellite, qualcosa su cui far riflettere i tuoi segnali per inviarli dove vuoi. Riflettici: la Piccola Luna non è altro che una superficie di metallo riflettente, sospesa nell’atmosfera. L’angelo è la stessa cosa, adesso che le hai innestato il biofoglio; certo, lei non ha tutte le attrezzature per la decodificazione che possiede la Picola Luna, ma il principio è identico. Tutto quello che devi fare è chiederle di stare ferma al posto giusto e sarai in grado di superare la curva dell’edificio e lanciare segnali che la Folla Devastante potrà ricevere. È semplice.
— Sì, è semplice! È roba da ingenui. Ti stai dimenticando di un piccolo particolare. I segnali che vengono trasmessi dalla Piccola Luna sono cifrati, in modo che raggiungano la persona con cui tu vuoi parlare. Non ci si può limitare a lanciare un segnale nell’aria e sperare che il tuo destinatario lo riceva.
Sai parlò lentamente, con pazienza. — Ma tu non devi fare questo. C’è un altro modo per comunicare con la Folla Devastante. Ricordi il lavoro che hai fatto per loro… tu ne controlli il segnale d’animazione, almeno fino a quando qualcuno come l’Atroce Amalgama non vi si sovrapporrà. E questa non è certo una delle loro preoccupazioni in questo momento. Tutto quello che devi fare è modificare il segnale d’animazione per incorporare, trasmettere e far riflettere sull’angelo il tuo messaggio che s’imprimerà sulle incisioni che hai fatto all’accampamento della Folla. Saranno in grado di leggerlo sul biofoglio; diavolo, potresti addirittura includere qualcuno dei filmati che hai trovato. Chiunque stia indossando il biofoglio su cui hai lavorato, verrà trasformato in uno schermo ricevente.
Axxter restò senza parole per un attimo. — È il piano più assurdo che abbia mai sentito in tutta la mia vita. Ci sono circa una dozzina di ragioni per cui potrebbe non funzionare. Devo dipendere da un angelo che dovrà restare immobile nella giusta posizione, sospeso nell’aria; la Folla potrebbe aver già sostituito il lavoro che ho fatto per loro — non ne erano rimasti propriamente entusiasti, ricordi? — quindi, anche nel caso in cui io riuscissi a trasmettere il messaggio, potrebbe non esserci nulla di adatto a riceverlo.
— Certo… — Sai non sembrava affatto turbato dalle sue obiezioni. — Non vuoi tentare, d’accordo. Non ti stavo offrendo un piano infallibile. Quello che ti sto dicendo è che si tratta dell’unica opportunità che hai. Certo, diversa dal restare rannicchiato e aspettare che il megassassino ti trovi.
— Sai, sono davvero stufo di gente che mi dice che non ho altra scelta. Mi sembra di averlo già sentito abbastanza.
— Hai un’idea più brillante? Sentiamola, allora.
Non ne aveva. La sua rabbia era che non ne aveva mai una migliore.
Sai aspettò che Axxter parlasse, mentre i secondi passavano lentamente, poi annuì. — D’accordo, ascolta… se davvero vuoi provare, devi muoverti in fretta: il megassassino ha delle grosse difficoltà a individuarti finché stiamo qui dentro, ma sulla superficie ti sarà addosso in un baleno. I suoi sensori sono programmati per questo. Quando usciremo, il messaggio dovrà già essere preparato e pronto a partire, così lo invierai non appena l’angelo sarà nella posizione giusta. Quindi siediti e comincia a elaborarlo immediatamente… sarà il tuo trampolino per la vita. Dev’essere sintetico, ma completo, e includere tutte le prove che hai trovato su quei nastri. Tu occupati di questo e io andrò a controllare il territorio tra qui e la superficie, in modo che non ci sia alcun contrattempo. — Accese la torcia e si allontanò. — Ci vediamo tra un po’.
Axxter osservò il fascio di luce diventare sempre più debole, poi si ritrovò solo nel buio.
— Sei sicuro che quell’essere non sia qui in giro?
— Smettila di preoccuparti — Sai si riparò gli occhi con una mano, guardando attraverso il cielo. — Hai un buon margine. Il megassassino si trova a molti livelli più sotto rispetto alla superficie; anche se ti localizzasse in questo momento, gli ci vorrebbe comunque un po’ di tempo per arrivare fino a qui.
Axxter si morse un labbro. — Sembra che anche noi ci impiegheremo un bel po’.
— Come ti ho già detto, non preoccuparti: arriverà. Ha una cotta per te.
Un puntino apparve nel cielo; s’ingrandì finché non si videro gambe, braccia e la membrana sulle sue spalle. Poi, alla fine, un sorriso radioso rivolto ad Axxter.
— Ciao, ciao — Lahft fluttuava nell’aria a pochi metri dal punto in cui Axxter era assicurato al muro tramite le corde di sicurezza. L’angelo si girò, mostrandogli l’immagine incisa sul biofoglio.
— È un piacere vederti.
Lei rise e la sua risata sembrava il trillo di un campanellino. Axxter guardò la nuova immagine che si stava formando sul biofoglio e che stava trasmettendo: il suo viso. Il sole splendeva oltre la curva metallica della superficie, oscurando i puntini neri composti in modo da formare occhi, naso, mento. Era il primo autoritratto che si fosse mai fatto; dovette resistere alla tentazione di migliorarlo, girandolo su un profilo di tre quarti in modo che non avesse un’espressione così stupida. Come se non corressi il rischio di essere ucciso. Questo sì che significa essere maniaci della precisione.
— Forza! — Sai lo pungolò. — Dille cosa deve fare. Non hai tutto questo tempo.
Axxter non poteva dire se riuscisse a farsi capire dall’angelo, che si limitava ad ascoltare con gli occhi spalancati.
— Hai capito?
Lei piegò la testa, guardando oltre Axxter. Egli pregò che qualcosa si mettesse in moto nella testa dell’angelo. — Qui… ora — Lei annuì, poi indicò il cielo. — Là, dopo ora.
— Già, esatto. Proprio oltre la Fiera Equatoriale; voglio dire, la grande linea. Vai il più lontano possibile. E rimani là. Hai capito?
Lei gli sorrise.
— Oh, Gesù Cristo. — Si rivolse a Sai. — Non c’è speranza. Non funzionerà mai.