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— Come fai a saperlo? — Sai ricambiò il sorriso dell’angelo. — È molto più intelligente di quanto tu creda. È solo sintonizzata su una diversa lunghezza d’onda.

Lahft toccò Axxter sulla spalla. — Quando è adesso? Adesso è già adesso?

Ci volle un po’ perché lui decifrasse quel messaggio. — Esatto! Voglio che tu vada subito.

— Adesso, arrivederci — L’angelo si allontanò, ancora sorridendo. Axxter la guardò con un peso sul cuore.

— Potresti anche cominciare a trasmettere. Così verrà riflesso non appena lei raggiungerà la posizione giusta.

Axxter annuì. Richiamò il file che aveva preparato e lo trasmise, dando un comando: RIPETERE FINO A NUOVO ORDINE “INTERRUZIONE”. Al di là di quelle parole, la sagoma dell’angelo si muoveva lentamente nel cielo. — Quanto tempo staremo qui fuori?

Sai si sistemò contro la parete. — Quanto potremo.

Il sole stava tramontando e scomparendo dietro la barriera di nuvole. Axxter guardò l’intenso colore rosso. Le ore di inattività, legato al muro mentre la trasmissione proseguiva ininterrottamente, l’avevano esaurito e gli avevano indolenzito tutti i muscoli.

La mano di Sai sulla sua spalla lo scosse. — Senti?

— Sentire cosa? — Poi capì cosa: un basso rombo che vibrava attraverso il metallo dell’edificio fino dentro alle sue ossa.

— Stai qui. E continua a trasmettere — Sai si arrampicò verso l’entrata del cunicolo. In meno di un minuto fu di ritorno. — Bene, le trasmissioni sono finite. È ora di muoverci.

— È qui? Ci ha trovato?

— Quasi. Forza, andiamo.

Mentre scivolavano nel tunnel, poté sentirne di nuovo l’odore nauseante, quel puzzo d’olio e metallo bollente. Il megassassino era là, da qualche parte nel buio dell’edificio. E si avvicinava sempre più a lui. Dovette resistere all’impulso di fuggire e tornare sulla superficie.

Sai spostò un pannello del muro del tunnel, abbastanza largo perché potessero infilarvisi. Si mise un dito sulle labbra per fargli capire di stare zitto, poi spinse Axxter attraverso l’apertura. Egli si girò e diede un’occhiata dietro alle spalle di Sai, verso l’apertura del cunicolo vuoto.

Ma restò vuoto solo per un secondo: un’ombra nera, chinata sotto il soffitto, riempiva tutto lo spazio. Si fermò e i pistoni delle sue braccia si contrassero: continuava ad aprire e chiudere i pugni.

L’enorme testa si girò e due luci rosse, due piccole chiazze di sangue, si fissarono negli occhi di Axxter.

— Muoviti! — Urlò Sai, spingendolo avanti. — Corri! — Dietro di sé sentì il rumore del muro metallico che veniva squartato. Quando raggiunse lo spazio con il soffitto più alto, proseguì camminando a carponi. Per un attimo, tutto quello che riuscì a fare fu sollevare la testa tentando di riprendere fiato. Oltre al battito accelerato del suo cuore, vicino al suo orecchio poteva sentire il respiro di Sai, che cercava di farlo rialzare.

— Devi farcela, amico. Prendi il treno e vai.

— Come… come funziona?

— È già programmato… ha una sola velocità e può seguire un’unica strada. Devi solo premere il bottone verde e sarai fuori di qui… Dove stai andando?

Axxter si diresse sull’altro lato del treno. In uno spazio un po’ illuminato trovò la moto che aveva visto prima.

— Gh, Cristo! Non hai tempo per giocare con quella adesso…

— La voglio — Axxter tolse la moto dal cavalletto e la spinse verso il treno. — Devo avere qualcosa quando arriverò di là. — Era troppo pesante per spingerla da solo nella cabina di guida. — Forza, dammi una mano con quest’affare!

— Tu hai davvero perso il lume della ragione… — Malgrado le sue proteste, Sai si spostò dietro la moto e la spinse, mentre Axxter la issava dall’alto. Alla fine riuscirono a infilarla nello stretto spazio dietro al pannello dei comandi del treno.

Ansimando per lo sforzo, Sai rimase fuori dalla cabina, aggrappato alla porta del treno. — Sei contento adesso? Come ti ho detto, l’unica cosa che devi fare è…

Poi scomparve. Una mano di metallo, larga come una cassa toracica, lo spinse via, mandandolo a gambe all’aria. La figura del megassassino riempiva il vano della porta d’entrata.

— Merda… — Axxter fece qualche passo indietro. La moto si rovesciò e lo bloccò contro la parete della cabina. Mentre il megassassino ghignava al pensiero d’averlo raggiunto, la mano di Axxter riuscì ad arrivare al pannello dei comandi. Con le dita tastò qualcosa di rotondo e lo schiacciò.

Il treno fu scosso da una vibrazione. Sentì il motore mettersi in moto sotto di lui mentre il megassassino gli aveva già tolto la moto di dosso. Il serbatoio si sollevò dal suo torace, ma vi ricadde immediatamente, non appena il treno acquistò velocità, lasciandosi dietro il megassassino. Un urlo di frustrazione risuonò nel cunicolo, mentre le dita di metallo del megassassino graffiavano il treno.

La velocità del mezzo aumentò e il rombo del motore era musica per le orecchie di Axxter. La moto si spostò di nuovo e il suo peso gli fece battere violentemente la testa contro la parete. Per qualche secondo ancora, mentre la cabina cominciava a girare e a diventare scura, Axxter continuò a sentire in lontananza il grido di rabbia del megassassino.

Una piccola luce rossa si accendeva a intermittenza. La scorse con la coda dell’occhio, prima di vedere qualsiasi altra cosa, prima ancora di rendersi conto che poteva vedere. Quella pulsazione rossa s’ingoiava a poco a poco la grigia nebbia che lo avvolgeva.

Axxter sollevò la testa: anche quella pulsava. Il dolore eliminò tutta la nebbia, fino a quando non vide chiaramente l’intera cabina del treno. Afferrò la moto che lo bloccava in un angolo; lentamente riuscì a togliersi di dosso il peso del veicolo.

Dovette appoggiarsi al pannello dei comandi con entrambe le mani per non cadere. La luce rossa era un piccolo rettangolo al cui centro erano impresse alcune parole: FINE DELLA CORSA. Continuò a lampeggiare mentre Axxter si raddrizzava e si dirigeva barcollante verso la porta.

Il lato del treno era tutto sfregiato e dove il megassassino era riuscito ad afferrarlo, il metallo era divelto. Axxter si guardò intorno. Sembrava un posto malridotto e trascurato: c’erano grovigli di fili e altri detriti abbandonati in giro. Un odore di bruciato riempiva l’aria.

Dopo qualche ricerca, trovò quello che stava cercando, segnalata dagli anelli concentrici gialli. Infilò il dito nella presa e stabilì il contatto.

Chiamò l’accampamento della Folla Devastante; quando disse chi era, gli passarono immediatamente il Generale Cripplemaker.

— Axxter… sono felice di sentirti! — La voce del Generale sembrava sinceramente compiaciuta.

— Avete ricevuto il mio messaggio? — Si appoggiò al muro.

— Forte e chiaro! Davvero intelligente da parte tua… all’inizio non capivamo che diavolo stesse succedendo. Poi, quando abbiamo visto cosa stavi trasmettendo e quegli spezzoni di filmati… be’, posso assicurarti che il parere di molta gente qui intorno è molto cambiato nei tuoi confronti. Ti devo personalmente delle scuse, ragazzo mio.

— Già, già… è grandioso… meraviglioso… Quello che voglio sapere è se posso uscire. In superficie. Voglio dire, sono arrivato fino a qui, ma devo sapere se è sicuro per me là fuori.

Cripplemaker rise. — Non devi più preoccuparti… dopo quello che ci hai rivelato, sei diventato una specie di eroe da noi. Abbiamo organizzato una festa di benvenuto per te.

Axxter tirò un sospiro di sollievo, appoggiando la testa al muro. — Be’, non sono molto in forma per la vostra festa adesso; dovrete aspettare ancora un po’. Ma credo che ci vedremo molto presto.

Chiuse la comunicazione e tolse il dito dalla presa. Mentre tornava al treno, si rese conto che le sue gambe erano ancora deboli. Qualche metro oltre il muso del treno, trovò l’apertura che portava dall’interno dell’edificio al settore orizzontale. Si arrampicò su un mucchio di macerie e guardò dall’altra parte. Per un attimo pensò si trattasse una scena già vissuta, uscita per caso dal suo archivio: il settore bruciato, coperto di cenere e ossa. Visto da una nuova angolazione, però: una lunga inquadratura di distruzione, dove le parti più affilate del metallo erano state levigate dal tempo e la decadenza aveva ormai distrutto qualsiasi cosa i guerrieri si fossero lasciati alle spalle. E in lontananza un brandello di cielo blu.