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Qualcosa lo tratteneva. Tutto quello che doveva fare era arrampicarsi e dirigersi verso il cielo e sarebbe stato là, di nuovo nella zona conosciuta. C’era ancora odore di morte nell’aria di quel settore; rimaneva per molto tempo dòpo, lo sapeva. Tutti sarebbero stati in grado di avvertirlo, come se fosse penetrato nelle pareti metalliche.

Un movimento, vicino all’uscita; Axxter lo vide. Sarebbe stato difficile non notarlo, era così grande…

Scivolò dalla barriera. Il trauma di vedere un megassassino al di là di quel settore lo aveva colpito come un pugno nello stomaco. — Cristo… che diavolo ci fa qui? — Non poteva essere quello che lo aveva inseguito prima, nella zona della sera; l’aveva lasciato dietro a sé. E anche se fosse arrivato lì in qualche modo — se si fosse aggrappato al treno — non avrebbe potuto superare la barriera aggirando il settore bruciato; sarebbe rimbalzato davanti alla cabina di guida una volta che il treno si fosse fermato, l’avrebbe raggiunto, tirato fuori e gli avrebbe schiacciato la testa.

Con prudenza Axxter sbirciò dal bordo piegato. Quell’affare era ancora là. Non gli voltava più le spalle, e la sua massa oscurava quasi tutta la luce del sole. I due punti rossi degli occhi guardavano diritti nei suoi; l’aveva individuato.

Non si mosse. Axxter era paralizzato, aspettando che il megassassino si precipitasse verso di lui, con le braccia metalliche rotanti.

Un sorriso. Se un gatto potesse sorridere quando ha intrappolato un topo in un angolo…

Il torace del megassassino si aprì: i pannelli metallici scorsero lentamente. E sopra al cuore alimentato a benzina scorse l’icona di morte, la cui immagine si muoveva a spirale dalla gola all’inguine. La vide. Il suo lavoro. Quello che aveva fatto, la commissione del generale Cripplemaker. Nero nel nero, un’oscurità così profonda da potervi affondare. Il lavoro che lui stesso aveva creato si era trasformato in gloria affascinante.

È la mia. Non riusciva a distogliere gli occhi dall’immagine mentre i pensieri gli turbinavano in testa. Se quella era la sua creazione, allora quelli per cui aveva fatto il lavoro… È loro! È il megassassino della Folla Devastante… L’avevano mandato ad aspettarlo. Aspettare lui che sarebbe uscito di lì tranquillo e fischiettante, credendo che tutte le sue preoccupazioni fossero finite; quello era il loro benvenuto. Cripplemaker gli aveva detto che avevano organizzato qualcosa per lui.

Non aveva senso. Cripplemaker aveva detto di aver ricevuto il suo messaggio… avrebbero dovuto richiamare il loro megassassino, farlo tornare dove si trovava di solito. Invece di lasciarlo lì ad aspettare che arrivasse. E poi aveva aperto il torace, mostrando l’icona di morte… quello esplicitava chiaramente il suo compito, l’unico per cui fosse mai stato ideato. Appena non avesse più trovato divertente la sua faccia incredula, che non aveva alcun luogo in cui nascondersi, si sarebbe lanciato lungo il settore devastato, oltrepassando la barriera… e avrebbe portato a termine il suo lavoro.

La vista della sagoma del megassassino che si stagliava all’entrata del settore gli ricordò qualcosa. Un altro momento…

Si spostò dalla barriera. Nel buio dell’edificio richiamò due file che aveva registrato dai filmati di scarto. Fece avanzare velocemente il nastro fino a quando trovò quello che stava cercando. I due megassassini che avevano partecipato all’incursione del settore. L’icona che caratterizzava uno di loro era ben visibile e apparteneva all’Atroce Amalgama; esaminò tutte le angolazioni della telecamera, cercando di avere un’immagine frontale dell’altro.

Niente; era stato inquadrato solo di spalle, mentre uccideva con le grandi mani rotanti. Al di là si vedevano i volti terrorrizzati delle sue vittime, che si contorcevano di fronte all’icona di morte, l’ultima cosa che avrebbero mai visto…

Fermò il nastro e ingrandì l’immagine, zumando su un povero sfortunato, condannato a essere ridotto in polpette. Si concentrò sul viso dell’uomo; ingrandì ancora, inquadrando un occhio.

Eccolo. Un riflesso, curvato dalla superficie tonda dell’occhio, ma molto chiaro. L’icona di morte. Axxter la riconobbe; gli sembava di sapere in anticipo quello che avrebbe visto. La stessa che aveva già visto, là all’accampamento della Folla, quella che aveva sostituito con la propria creazione.

Il che significava — d’un tratto tutto gli fu chiaro — che quello era il megassassino della Folla Devastante. L’altro megassassino della registrazione, quello che aveva partecipato all’incursione nel settore. L’artefice non era stata solo l’Atroce Amalgama; anche la Folla Devastante vi era invischiata.

Figli di puttana. Axxter cancellò il file e restò immobile a fissare il buio davanti a sé. Erano d’accordo; lo erano sempre stati. Un’altra di quelle verità ritenute universali si era rivelata una farsa. L’Atroce Amalgama e la Folla Devastante non si contendevano il potere… erano alleate. Era logico, una volta che se ne seguiva l’evoluzione: perché limitarsi a ridurre la Chiedi Ricevi a una buffonata? Una Volta che la più affidabile fonte d’informazione era stata corrotta, non c’era modo di scoprire le frodi o le cospirazioni che potevano essere ideate. A meno che non arrivasse qualche povero scemo che casualmente inciampava in qualcosa che non avrebbe mai dovuto vedere… ma quelli erano facili da eliminare. Il suo intelligente messaggio a Cripplemaker era solo servito a confermare il fatto che aveva scoperto troppo. Così, ovviamente, il Generale gli aveva detto di tornare immediatamente indietro. Dove l’avrebbe atteso un piccolo comitato di ricevimento.

— ’Fanculo! — La sua voce risuonò nel buio. Non aveva più paura; la sua mascella tremava per la rabbia, che era più forte di qualsiasi altra emozione. — E adesso affrontiamo anche questa.

Tornò verso la barriera. Con le mani formò una specie di megafono intorno alla bocca e urlò: — Dammi solo dieci minuti, d’accordo? Pensi di potertelo permettere? Poi sarò da te. — Ebbe l’impressione di vedere il megassassino sorridere; comunque fosse, questo non si mosse dall’entrata del settore. Axxter annuì e si diresse verso il treno.

Gli ci vollero meno di dieci minuti; non c’era molto da fare. Aveva trovato un saldatore nel reparto di manutenzione del treno; quello e i cavi ingarbugliati di cui era coperta quella zona, facilitarono le cose.

Un punto della barriera distrutta era abbastanza basso perché la moto potesse oltrepassarlo. Il bordo metallico era fuso e levigato in modo che niente potesse tranciare lo spesso cavo d’acciaio che aveva saldato da un capo all’intelaiatura della moto. Fece passare il cavo sulla barriera e poi indietro, verso il punto in cui aveva saldato l’altro capo a una delle sporgenze del telaio del treno. Si guardò alle spalle: il megassassino stava ancora aspettando là, osservando divertito le sue stravaganze. Non aveva fretta.

Il rombo del motore riecheggiò per tutto il settore mentre Axxter, a cavalcioni sulla moto, attivò l’accensione. In lontananza, il megassassino chinò il capo mentre i punti rossi degli occhi non smettevano di guardarlo. Axxter inserì la marcia e diede gas. Si girò per controllare che il cavo metallico si svolgesse dietro alla ruota; poi si chinò il più possibile, sotto il livello del manubrio, per ripararsi dal vento che gli colpiva il viso. I suoi occhi erano fissi in quelli del megassassino quando spalancò le braccia, pronto ad affrontare l’impatto. In quegli ultimi secondi gli apparve tutto enorme, mentre le rovine del settore sfrecciavano al suo fianco come un’enorme muraglia, una muraglia con occhi e un’immagine nera a spirale, oscurità dentro all’oscurità. Poteva già vedersi schiacciato, ridotto in ossa e brandelli; ma gli andava bene, ogni cosa che fosse successa sarebbe andata bene, era stanco di gingillarsi, doveva far succedere qualcosa…