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Nell’oscurità, Cugino Deth piegò le labbra in un sorriso maligno.

3

Per un attimo Fratello Chulian ebbe l’impressione di vedere un’ombra precipitarsi verso di lui dai solchi profondi dell’acciottolato. Si ritrasse con un balzo. La sua aureola luminosa vacillò nella strada buia e il suo campo di inviolabilità andò a urtare contro quello del suo compagno.

— Sono scivolato — ansimò in tono poco convincente. — Qualche cittadino maleducato deve aver rovesciato della brodaglia unta sulla strada.

L’altro sacerdote non rispose. Chulian si augurò di tutto cuore che non avrebbe avuto nulla in contrario a svoltare a destra all’incrocio successivo. Avrebbero allungato un po’ il tragitto piegando da quella parte, ma almeno non sarebbero passati davanti alla casa stregata.

Con suo grande sollievo, il suo compagno girò a destra di sua spontanea volontà.

Naturalmente, la casa non era stregata per davvero, fece prontamente mente locale Chulian. Era un’idea assurda, inconcepibile. Ma era una rovina così vecchia e brutta dell’Età dell’Oro e in confessione i cittadini comuni raccontavano storie così sgradevoli e strane in proposito…

Perché i cittadini comuni dovevano vivere in strade così strette e tortuose? E perché doveva vigere un coprifuoco così rigoroso?, si lagnò il sacerdote fra sé e sé, come se la colpa fosse dei cittadini. Sembrava una città di morti. Non un’anima per strada, non una luce accesa, non un suono. Per la verità, ricordò con riluttanza, era una legge della Gerarchia a imporre il coprifuoco. Ciò non toglieva che avrebbero dovuto essere previste norme speciali per i casi come quello, come un’ordinanza che obbligasse tutti i cittadini a prestare l’orecchio all’eventuale passaggio dei sacerdoti durante la notte in modo da essere pronti a illuminarne il cammino con torce accese. La luce dell’aureola bastava a malapena a evitare di inciampare nei ciottoli!

Come due fuochi fatui gemelli, i due cerchi di luce violetta avanzavanp balzelloni nel folle intrico di quelle fosse buie che erano le strade di Megateopoli.

Alle loro spalle si stagliava il profilo sfavillante del Santuario. A Chulian sembrava un grande cuore caldo, dal quale erano stati ingiustamente cacciati. Perché dovevano sempre affidare a lui quei compiti ingrati? Lui era un chierico innocente che non dava fastidio a nessuno.

Le sole cose che desiderava dalla vita erano tranquillità e benessere: una buona razione giornaliera dei suoi cibi preferiti, la possibilità di dormire in un letto (in quel momento gli sembrava quasi di sentire la soffice imbottitura del materasso), di guardare i suoi libri solidografici prediletti auto-leggersi, e, di tanto in tanto, qualche piccola distrazione con una Sorella Perduta.

Chi al mondo poteva essere così crudele da volergli negare questo?

Era tutta colpa della sorte meschina che gli aveva affiancato Jarles come compagno, disse a se stesso. Quell’essere scorbutico! Se non fosse finito in coppia con lui, non si sarebbe trovato invischiato in quell’assurda macchinazione, che non capiva e che sembrava essere stata ordita soltanto per portare nel mondo confusione e pericolo. Un mondo in cui le cose sarebbero andate così bene se solo gli uomini fossero stati un po’ più simili a Fratello Chulian!

Comunque, in quel momento non si sarebbe trovato lì al buio e al gelo, se non fosse stato così stupido da riferire a Goniface di quei segni in più sulla spalla della ragazza. Però, se avesse taciuto, prima o poi con ogni probabilità l’avrebbero scoperto da soli, e allora l’avrebbero punito.

I segni della stregoneria! Chulian rabbrividì. Gli sembrava quasi di vederli bruciare sulla pelle candida di quella malvagia creatura.

Perché alcune ragazze del popolo dovevano essere così impudenti e scontrose? Perché non potevano essere tutte gentili e docili?

I segni della stregoneria! Come avrebbe voluto riuscire a non pensarci. Prima di accedere al sacerdozio aveva letto un libro sul Medio Evo della Civiltà dell’Alba e sulla sua primitiva stregoneria. A quanto ricordava, i segni della stregoneria comparivano nel punto in cui una strega nutriva il demone al suo servizio, demone inviatole come aiutante da Satana-Satanas.

Ma naturalmente anche quella era una fola, adesso come nel Medio Evo.

Ma allora perché dopo aver ascoltato il suo rapporto, Goniface aveva chiamato la ragazza strega e gli aveva ordinato di andare ad arrestarla?

In tutta sincerità, Chulian preferiva non conoscere la risposta. Non voleva diventare sacerdote del Terzo Circolo. Voleva soltanto vivere in pace. Se solo fosse riuscito a farlo capire a tutti quanti!

Il suo compagno attirò la sua attenzione indicandogli un rettangolo più scuro nella superficie irregolare del muro, fatto di pietrisco e malta. Erano arrivati.

Chulian bussò con forza alla porta di legno grezzo. Indossando i Guanti dell’inviolabilità era pressoché impossibile farsi male.

— Apri in nome del Grande Dio e della sua Gerarchia! — ordinò, la voce stridula amplificata dal silenzio.

— La porta non è sprangata. Apritela da soli — rispose una voce pacata e un po’ lontana, facendogli gentilmente il verso.

Chulian si stizzì. Che insolenza! Ma loro erano lì per arrestare la ragazza, non per insegnarle l’educazione. Strappò la catena dell’uscio e spinse la porta.

La stanza era illuminata in modo vago e disuguale dalla fiamma di un misero fuoco. Deboli volute di fumo, che sfuggivano dal camino, si contorcevano pigramente nella semi-oscurità e, dopo un po’, alcune trovavano la via della minuscola presa d’aria quadrata che si apriva nel basso soffitto. Il compagno di Chulian tossì.

Davanti al camino, una spola saettava alacremente fra i fili di un grande telaio, dando vita a un tessuto di colore scuro.

Osservandone il movimento rapido e continuo, simile a quello della testa di una serpe, Chulian avvertì un inspiegabile disagio. Esitò e lanciò una rapida occhiata al sacerdote che lo accompagnava. Si strinsero l’uno all’altro e avanzarono affiancati nella stanza male illuminata, finché riconobbero dalla parte opposta del telaio il profilo di Sharlson Naurya.

Indossava un abito aderente, di colore grigio, che aveva confezionato lei stessa. Più che fissare il lavoro, i suoi occhi attenti sembravano guardare oltre l’intreccio dei fili, anche se le sue dita agili e rapide non tradivano la benché minima incertezza. Era semplice stoffa quella che stava tessendo, si chiese Chulian, o era qualcos’altro… qualcosa di più grande?

Poi, trasalendo come se fosse stato sorpreso a commettere un grave peccato, si rese conto che la ragazza gli ricordava qualcuno. Era semplice suggestione, era chiaro. Eppure, nei tratti decisi del suo viso gli sembrava di riconoscere la stessa forza oscura, la medesima determinazione, segreta ma sconfinata, che aveva letto poco prima sul volto dell’arciprete Goniface, e davanti alla quale si era fatto piccolo piccolo per la paura.

Un attimo dopo, la ragazza voltò la testa e li fissò. Ma la sua espressione non era mutata, come se loro due fossero parte di quella stoffa misteriosa, più grande e invisibile. Senza fretta, infilò la spola nell’ordito e si alzò in piedi guardandoli in faccia, le mani congiunte sul grembo.

— Sharlson Naurya — intonò solennemente Chulian, nonostante un lieve tentennamento della voce — siamo venuti qui come inviolabili emissari della Gerarchia per eseguire l’ordine del Grande Dio.

A quelle parole, gli occhi verdi della ragazza sorrisero, se mai gli occhi possono sorridere. Ma Chulian si chiese piuttosto che cosa vedessero quando guardavano oltre le sue spalle. Che ragazza sfrontata! Chi le dava il permesso di prenderla con tanta calma!

Si mise sull’attenti.

— Sharlson Naurya, in nome del Grande Dio e della Gerarchia, io ti dichiaro in arresto!