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“Lo strumento che ho usato io è un po’ più complicato, naturalmente. È a doppio senso. Visore e proiettore. Così avevo un’immagine in miniatura della regione focale che mi guidava nell’azionare i fantasmi a dimensione naturale e i comandi a distanza della casa.

“Tutti i nostri trucchi sono così, Naurya. Perfezionamenti delle invenzioni scientifiche della Gerarchia. E appena i preti troveranno il bandolo della matassa, per loro sarà uno scherzo capire di che cosa si tratta. Comunque, sono già sulla buona strada. L’entropia-zero per mettere in stasi i muri non è stata una cattiva idea.

“È per questo che nell’animare la casa stregata sono andato leggero con il telesolidografo, che è uno dei nostri assi nella manica e che val la pena di conservare, e ho usato invece senza remore i comandi della casa, che non avevamo nessuna speranza di tenere segreti. Ho fatto ricorso al telesolidografo solo con il primo prete… e con Deth. — Il ricordo di quella scena lo fece sorridere. — Strano eh, che una cosuccia da nulla come quella sia riuscita a spaventare a morte il nostro caro diacono. Ma quando Asmodeo ti fa pervenire una biografia dettagliata di un membro della Gerarchia, in cui sono specificate tutte le cose di cui ha paura, be’ non è poi tanto difficile colpirlo nel suo punto debole. Perfino un gaglioffo perfido come il diacono. Che cosa c’è Naurya? È uno dei tuoi nemici prediletti?”

La ragazza scosse la testa, ma i suoi occhi rimasero duri e pieni di odio.

— L’uomo che c’è dietro di lui — disse a bassa voce.

— Goniface? E perché? So che il lavoro speciale che sta per esserti affidato riguarda lui. Qualcosa di personale? Stai meditando una vendetta?

Lei non rispose. Lui si alzò in piedi.

— Poco fa mi hai chiesto quale fosse il mio scopo nella vita. Io adesso ti rivolgo la stessa domanda. A che cosa aspiri, Sharlson Naurya? Perché sei una strega, Persefone?

Lei non rispose. Alcuni istanti e la sua espressione mutò.

— Mi chiedo che cosa starà succedendo ad Armon Jarles.

Lui si voltò di scatto a guardarla. — Rientra anche lui nei tuoi progetti? Il fatto che l’altra notte lui abbia rinunciato ti ha fatto soffrire. Sei innamorata di lui?

— Può darsi. Almeno, lui è mosso da qualcosa di più profondo del semplice desiderio di fare tiri mancini. C’è qualcosa di solido in lui, di incrollabile come una roccia!

L’Uomo Nero sogghignò. — Troppo solido. Anche se mi dispiace che l’abbiamo perso. Per Satanas, noi abbiamo bisogno di uomini! Uomini di ingegno. E sono proprio quelli che la Gerarchia prende per sé.

— Mi chiedo che cosa gli starà succedendo — insistette.

— Niente di piacevole, temo.

6

Armon Jarles si rannicchiò nel punto in cui l’ombra era più fitta e si sforzò di pensare a un piano. Ma la grave ustione, provocata dal raggio dell’ira che l’aveva colpito alla spalla, gli aveva già fatto salire la febbre e l’assordante musica da ballo e le risate stridule che provenivano dalla casa dietro di lui non facevano altro che suscitare visioni da incubo nella sua mente straziata dal dolore.

Quella era l’unica zona di Megateopoli in cui venissero tollerate violazioni al coprifuoco. Era il distretto consacrato all’assistenza alle Sorelle Perdute. Era un luogo di ombre furtive, fessure di luce, porte che si aprivano e si chiudevano rapidamente, fischi, sussurri, saluti gutturali e un’invisibile allegria, ma con un sottofondo di disperata tristezza. Una ragazza dalla bellezza eterea, che indugiava nel vano illuminato di una porta, l’aveva visto passare. I suoi modi e l’espressione del suo volto dovevano essere quelli di un uomo braccato, perché la ragazza aveva spalancato gli occhi in preda al terrore e si era messa a urlare, riportando di nuovo i suoi inseguitori sulle sue tracce.

Per il momento stavano perlustrando un’altra strada, seguendo una pista sbagliata. Ma sarebbero ritornati. Sì, sarebbero ritornati.

Doveva escogitare un piano.

La febbre gli aveva fatto passare la farne, ma aveva la gola arsa. I sandali malfatti gli tagliavano i piedi gonfi. Non si era reso conto di come i due anni di vita al Santuario l’avessero rammollito.

Ma tutti gli altri dolori non erano niente paragonati a quello provocato dallo sfregamento della stoffa ruvida della tunica che aveva rubato contro la ferita aperta della spalla.

Doveva assolutamente escogitare un piano.

Aveva pensato di lasciare Megateopoli. Ma i campi diligentemente coltivati non erano un granché come nascondiglio, e se poi i contadini si fossero dimostrati ostili nei suoi confronti come i cittadini di Megateopoli…

Doveva…

Ma un improvviso e disperato crescendo della musica evocò nella sua mente l’immagine del viso di sua madre, segnato dal lavoro. Anche in quel momento gli era difficile accettare il fatto che lei lo avesse tradito. Che suo padre e i suoi fratelli avessero fatto altrettanto. La sua casa. L’unico posto in cui era sicuro di poter trovare rifugio. Nemmeno la loro prima reazione, comprensibilmente fredda, ostile e spaventata, alla sua improvvisa comparsa l’aveva messo sull’avviso. Ma poi gli sguardi d’intesa e quella repentina decisione di mandare suo fratello a fare una commissione non meglio specificata lo avevano costretto a guardare in faccia la realtà. Appena in tempo. Era a mala pena riuscito a battere sul tempo i diaconi che suo fratello era andato a chiamare. Era stato allora che l’avevano colpito con il raggio dell’ira. Ed era stato sempre allora che aveva appreso che sulla sua testa pendeva una taglia, una taglia su cui ogni cittadino non vedeva l’ora di mettere le mani.

Aveva dovuto lottare con suo padre e scaraventarlo a terra, quando aveva cercato di trattenerlo.

A un tratto gli parve di vedere il volto di sua madre, indistinto, come se fosse stato velato da correnti di aria calda, che lo guardava furtivamente dall’oscurità. Jarles allungò una mano per cancellarlo.

Forse, si disse, mentre una vocina dentro di lui gli ripeteva che l’universo era impazzito e che il mondo stava girando alla rovescia, forse avrebbe dovuto rallegrarsi del comportamento dei suoi famigliari. Era una prova che nel loro intimo i cittadini comuni nutrivano un odio infinito nei confronti della Gerarchia. Un sacerdote sostenuto dalla Gerarchia era un persona da temere, da adulare, quasi da venerare. Ma un prete espulso dalla Gerarchia costituiva un’opportunità più che unica per dare libero sfogo al proprio astio! Infatti adesso erano i comuni cittadini a dargli la caccia. Erano guidati dai diaconi ma erano pur sempre cittadini.