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Nell’udire quelle parole, un sommesso bisbiglio si levò dalla folla.

— Chi prende le vostre figlie più dolci per farle diventare monache, Cittadini di Megateopoli?

“Chi vi spedisce a lavorare nei campi, sulle strade, in miniera, dove vi rompete la schiena e consumate i vostri anni?

“Chi cerca di attenuare il vostro dolore con false emozioni?”

Adesso, il bisbiglio si era trasformato in un mormorio rabbioso. Un rancore sordo, con qualche rara eccezione, e pericoloso. Agli angoli della Piazza cominciarono a baluginare le aureole violette e le ombre scure come il vento lievitarono impercettibilmente. Jarles se ne accorse all’istante.

— Guardate come cercano rifugio nella loro inviolabilità! Si gonfiano come palloni per salvarsi la pelle. Hanno paura di voi, Cittadini di Megateopoli. Una paura mortale.

“Con le loro invenzioni sacre i sacerdoti potrebbero coltivare tutte le terre del pianeta, coprire il mondo di una rete perfetta di strade, scavare miniere in ogni suo recesso. E tutto questo senza che un solo uomo sia costretto a lavorare di pala o di piccone.

“C’è un’altra storia che vi raccontano sempre. Vi dicono che il giorno in cui la Gerarchia sarà finalmente riuscita a purificare l’umanità, il Grande Dio darà inizio a una nuova Età dell’Oro, la Nuova Età dell’Oro, l’Età dell’Oro senza Feccia.

“Ma io vi chiedo, e mi rivolgo soprattutto a quelli più anziani fra di voi: non è forse vero che ogni anno che passa l’avvento della Nuova Età dell’Oro si allontana sempre di più? Non è forse vero che i sacerdoti continuano a rimandarlo nel futuro? Fino a ora è stato soltanto un sogno vago, una favola da raccontare ai vostri bambini quando piangono, con le ossa rotte alla fine del loro primo giorno di lavoro.

“Forse, gli scienziati dell’Età dell’Oro avevano davvero intenzione di risollevare l’umanità, una volta scongiurata la minaccia della barbarie. Sì, credo di sì.

“Ma adesso la preoccupazione della Gerarchia è soltanto una: quella di mantenere il potere fino a quando gli uomini popoleranno la terra, fino al giorno in cui il sole si oscurerà e il nostro pianeta diventerà freddo come il ghiaccio!” A quel punto Jarles si accorse che il brusio era svanito e che gli occhi dei cittadini non erano più rivolti verso di lui, ma fissavano qualcosa al di sopra della sua testa. Una luce blu, plumbea e spettrale, si stava lentamente diffondendo sui loro volti, trasformandoli in un mare di visi di annegati. Questa volta fu lui a seguire la direzione del loro sguardo.

Il Grande Dio si era sporto in avanti, oscurando con il suo gigantesco profilo la prima debole luce delle stelle, e li stava scrutando intensamente, circonfuso dal nimbo blu che sfavillava in tutta la sua gloria mortale.

— Guardate il loro più grande trucco! — urlò Jarles. — Il Dio Incarnato! L’Onnipotente Automa!

Ma loro non lo ascoltavano più e adesso che aveva smesso di parlare gli tremavano i denti per il freddo. Si strinse le braccia per scacciare i brividi, solo, in piedi sulla piccola panca che adesso sembrava tanto bassa.

— Ecco la nostra punizione — stavano pensando i cittadini. — Era solo un pretesto per metterci alla prova, avremmo dovuto immaginarlo. È ingiusto, anzi no, perché i sacerdoti non sono mai ingiusti, mai. Non avremmo dovuto ascoltare. Non avremmo dovuto abbandonarci ai nostri sentimenti. E adesso dobbiamo venire puniti perché abbiamo peccato, perché abbiamo commesso la più grande colpa di cui un uomo possa macchiarsi: pensare male della Gerarchia.

La mano del Grande Dio si abbassò imperiosa, come un gigantesco campanile fermato a metà nella sua caduta. L’indice teso, grande come un tronco d’albero, indicò la veste rigonfia di cui Jarles si era disfatto e che adesso giaceva immobile, sospesa a mezzo metro da terra.

Con un forte crepitio, una fiammeggiante luce blu serpeggiò dal nimbo alla spalla montagnosa, quindi al braccio e alla punta del dito, dove brillò come un fulmine. La veste vuota avvampò, sfrigolò, si gonfiò ancora un po’ e alla fine si squarciò con uno scoppio sordo, come una fisalia gettata in mezzo al fuoco.

Quel rumore e la pioggia di frammenti incandescenti sciolsero il panico glaciale che paralizzava la folla, che si sgretolò e ognuno prese a correre disperatamente verso la bocca scura e stretta delle strade, di qualsiasi strada, andavano bene tutte purché conducessero lontano dalla Piazza.

Il raggio crepitante si spostò lentamente verso la panca sulla quale era rimasto Jarles, fondendo le pietre dell’acciottolato e lasciando dietro di sé un solco ardente: segno indelebile per i tempi futuri dell’ira divina del Grande Dio.

Lui l’attese.

D’un tratto, nel cielo si formò una nube scura e si udì il battito di gigantesche ali invisibili. Poi, intorno al sacerdote rinnegato si chiuse una sfera irregolare, screziata di nero, come se fosse macchiata d’inchiostro, in modo tale che parte della superficie restava trasparente e il corpo nudo dell’uomo vagamente visibile.

La sfera aveva la forma di due mani artigliate e racchiuse a coppa.

A quel punto, il raggio blu che saettava dal dito del Grande Dio si mosse più rapidamente, colpì la sfera e crepitò, per poi disperdersi in uno zampillio di scintille azzurre.

La sfera assorbì il raggio senza perdere neppure un briciolo della propria tenebra.

Allora, il raggio si dilatò fino ad assumere le dimensioni di una colonna di luce blu che illuminò la Piazza a giorno e risucchiò l’aria in ondate di calore. Ma il suo potere non parve accresciuto, perché per la seconda volta rimbalzò senza successo contro la sfera irregolare delle mani racchiuse, oltre le quali, attraverso le chiazze nere, era ancora possibile distinguere il profilo del prete rinnegato, simile a un insetto miracolosamente vivo nel cuore di una fiamma.

Poi, una voce possente, piena di gaudente perfidia, squarciò con un solo fiato l’aria bollente che saliva dalla Piazza, bloccando la fuga convulsa dei cittadini e costringendoli a voltarsi e a fissare, paralizzati dal terrore, quella visione di tenebra e di lingue fiammeggianti.

— Il Dio del Male sfida il Grande Dio!

— Il Dio del Male prende quest’uomo con sé!

Con uno strattone le due mani schizzarono verso l’alto e scomparvero.

Poi, sopra la Piazza, riecheggiò uno scroscio di risa sataniche, che parve far tremare le poderose mura del Santuario stesso.

2

— Fratello Jarles ha cominciato ad arringare la folla nella Grande Piazza, vostra luminosa arcipretura.

— Bene! Fammi pervenire un rapporto dettagliato al Sommo Concilio non appena avrà finito.

Fratello Goniface, sacerdote del Settimo Circolo, arciprete e principale esponente dei Realisti all’interno del Sommo Concilio, sorrise, ma il suo sorriso non alterò la maschera pallida e leonesca del suo viso. Aveva fatto scoppiare una bomba che avrebbe profondamente scosso l’abituale, compiaciuta tranquillità dei membri del Concilio, portando scompiglio sia nelle fila dei Moderati, con i loro deboli compromessi, sia in quelle degli stessi Realisti che lui rappresentava, con il loro ostinato conservatorismo.

Adesso il suo piccolo e pericoloso esperimento era in corso e nessuno avrebbe potuto fermarlo. Che Fratello Frejeris e il resto dei Moderati strepitassero pure quanto volessero, dopo.

Perché dopo sarebbe stato tutto abilmente sistemato. Fratello Jarles sarebbe morto, incenerito dall’ira del Grande Dio, esempio istruttivo per tutti i comuni cittadini e per qualsiasi altro giovane prete insoddisfatto. E lui, Goniface, avrebbe potuto illustrare con bell’agio al Sommo Concilio le preziosissime informazioni che aveva ricavato dallo studio di quella crisi artificiale, che lui stesso aveva fomentato.