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Nondimeno si rendeva conto che quello non era il modo in cui un uomo conseguiva il potere in uno stato sano e forte. La sua carriera assomigliava piuttosto al compimento di un’oscura profezia, alla marcia furtiva e fatale di un assassino.

E adesso che era arrivato all’apice, adesso che in cima alla piramide aveva creato un nuovo vertice tutto per sé, il suo impulso di salire ancora più in alto non lo abbandonava ancora. Ma la scala non aveva più gradini: davanti a lui c’era solo il vuoto. E se si voltava a guardare dietro di sé vedeva un identico vuoto, perché nessuno si stava arrampicando per raggiungerlo, nessun ambizioso successore con cui misurarsi. Perfino la Stregoneria ormai era vinta.

Inevitabilmente, nei recessi della sua mente, che via via si dilatavano fino a occupare tutto lo spazio dei suoi pensieri, Goniface fu costretto a ripiegarsi su se stesso, a ritornare alle proprie origini, quasi per completare un misterioso cerchio. I suoi ricordi lo trascinarono indietro nel tempo, ai giorni della sua giovinezza che con tanta sollecitudine si era premurato di cancellare. Ripensò alla creatura maligna, irresponsabile e infinitamente sognatrice che era stata sua madre. Al suo fratellastro scemo… Ma soprattutto a sua sorella Geryl. Lei era la sola che gli assomigliasse un po’, per la sua determinazione e una certa vena malinconica del temperamento. E forse era ancora viva; la somiglianza che aveva notato nell’immagine solidografica della strega Sharlson Naurya non lasciava pressoché dubbi. Il pensiero che fosse riuscita a scampare miracolosamente alla trappola mortale che lui le aveva teso e che da quel giorno avesse consacrato ogni minuto della sua vita a tramare contro di lui, gli procurava un’oscura soddisfazione… lo stesso tipo di soddisfazione che provava pensando alla gelosia e all’invidia di Jarles.

Knowles Satrick. Knowles Satrick. Quel nome continuava a riecheggiargli nella mente come una voce proveniente dal profondo del tempo. Torna indietro, Knowles Satrick. Sei arrivato fin dove potevi. Ritorna. Chiudi il cerchio.

C’era qualcosa di stranamente reale in quella voce. E una suggestione ipnotica in quel nome ripetuto all’infinito, come un punto di luce lampeggiante nell’oscurità. Sembrava iscriversi nella sua mente in antiche lettere nere, indelebili. Riscuotendosi con un sussulto, come un uomo che stia per assopirsi, Goniface si rese conto che il suo primo segretario gli stava parlando.

— Il Centro di Controllo del nostro Santuario desidera comunicare con voi. Ci sono due distinti messaggi. Immagino vogliate occuparvene personalmente. Li faccio apparire sul suo teleschermo?

Il Sommo Gerarca annuì. Il volto familiare del Direttore del Centro di Controllo apparve sul video. Era incupito, sembrava sconvolto.

— Abbiamo rintracciato Cugino Deth. Il suo corpo è stato rinvenuto nella prigione sussidiaria. Aveva il viso completamente ustionato, ma l’identificazione è certa. Anche alcune guardie sono morte, colpite dal raggio dell’ira. Le altre erano paralizzate. Le celle sono vuote e non c’è traccia dei prigionieri.

Per un attimo Goniface provò soltanto una specie di stanchezza, come se quelle notizie gli fossero già note da tempo. Deth se ne è andato, Knowles Satrick, sembrò dire la voce. Il piccolo diacono non riderà più dei tuoi nemici. Ma non importa; ha adempiuto il suo compito. Tu non hai più bisogno di lui adesso. Sei arrivato dove volevi e non puoi andare oltre. La sola cosa che ti resta da fare è tornare indietro. Torna indietro Knowles Satrick.

Quella voce produceva su di lui un effetto stranissimo, come se lo stesse tirando per la veste, come se lo stesse trascinando in una direzione imprecisata… forse indietro nel tempo. Con un grande sforzo ricacciò quel pensiero e cercò di concentrarsi su quello che il sacerdote stava dicendo. E così i prigionieri erano fuggiti dal Santuario? Quello spiegava perché in quell’ultima ora il piano d’attacco della Stregoneria era sembrato meglio organizzato; aveva ritrovato una parte dei propri capi. Ma che cosa importava? A Neodolos la Gerarchia stava vincendo. Stava battendo la Stregoneria, nonostante adesso quest’ultima disponesse di comandanti più abili.

Sentì la propria voce rivolgere una domanda al Direttore del Centro di Controllo del Santuario. — Nessuna notizia di Fratello Jarles, il sacerdote del Quarto Circolo?

Il volto sullo schermo si incupì vieppiù. — Sì, reverenza, e si tratta di notizie davvero sorprendenti. Dopo essere ritornata in sé, una delle guardie e ha raccontato che è stato proprio Jarles a organizzare la fuga! Appena possibile vi comunicherò le versioni date dalle altre guardie.

La conversazione era finita e il video si spense. Goniface non provava alcun rancore verso Jarles per il suo tradimento, né alcuna rabbia verso se stesso per aver confidato troppo nell’operato di Fratello Dhomas; solo una leggera delusione.

Anche Jarles se ne è andato, riprese la voce. Ma che cosa importa? Se ne sono andati tutti, oppure non hanno più importanza. Niente ha più importanza. Ritorna indietro, Knowles Satrick. Chiudi il cerchio.

Quel mare di strani pensieri aveva inghiottito tutta la sua mente, benché una parte del suo cervello fosse ancora impegnata ad ascoltare i rapporti, a studiare la carta geografica, a trasmettere ordini, a dare o rifiutare consigli. Le questioni della Gerarchia gli sembravano molto lontane, futili, come se tutto stesse accadendo in un flusso temporale secondario. Solo il mistero del suo personale destino aveva importanza. Knowles Satrick… Knowles Satrick. Avrebbe seguito molto volentieri quella voce se solo fosse riuscito a capire in quale direzione lo stava chiamando… e se era una direzione in cui un uomo poteva seguirla…

Il viso di un sacerdote dei circoli inferiori apparve sullo schermo. In quel momento Goniface si ricordò vagamente che il suo segretario gli aveva parlato di una seconda comunicazione dal Centro di Controllo del Santuario. Appena vide il Sommo Gerarca, il prete trasalì e fece un balzo indietro. Poi, temendo che quel comportamento potesse venire interpretato come un affronto, si profuse in scuse.

— Chiedo perdono suprema eminenza. Ma nonostante quanto mi avevano riferito, ero certo che l’eminenza vostra non potesse trovarsi al Centro di Telecomunicazione. Io sono addetto alle comunicazioni provenienti dal settore del Santuario in cui si trovano i vostri appartamenti e da alcuni minuti dal vostro studio mi stanno pervenendo alcuni messaggi. In precedenza avevo già avuto l’onore di sentire vostra eminenza parlare, ed ero certo di averne riconosciuta la voce, anche se la trasmissione era un po’ disturbata…

— Che genere di messaggi? — domandò Goniface.

— È proprio questo il fatto strano, eminenza. È solo un nome. Ripetuto in continuazione. Il nome di un cittadino comune. Knowles Satrick.

Nello stato allucinatorio, quasi di trance in cui si trovava, a Goniface quella spaventosa coincidenza non parve tale. Era una cosa che, adesso se ne rendeva conto, aveva sempre saputo che prima o poi sarebbe accaduta. E così la voce lo stava chiamando semplicemente nel suo appartamento? Si era aspettato un viaggio molto più lungo-Ma ciò che lo stupì un po’ fu il tono indifferente con cui si rivolse al sacerdote e gli chiese: — Hai detto di aver sentito la mia voce parlare dalle mie stanze? Non hai visto il mio viso sul tuo schermo?