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Il nuovo arrivato camminava in modo tutt’altro che solenne, come si addiceva a un prete del suo rango, anzi stava quasi correndo.

Goniface attese in silenzio, senza tradire la minima emozione.

Con il respiro affannato per lo sforzo inconsueto, il sacerdote si avvicinò a Frejeris e gli consegnò un foglio che questi lesse rapidamente.

Frejeris si alzò in piedi e si rivolse a Goniface in modo che tutta l’assemblea lo udisse.

— Sono appena stato informato che nella Grande Piazza un sacerdote del Primo Circolo sta bestemmiando contro la Gerarchia davanti a una grande folla. Il tuo servo, Cugino Deth, ha assunto i pieni poteri e non vuole interferenze. Ti chiedo di spiegare immediatamente al Concilio che cosa significa questa follia!

— Chi sta alimentando l’isteria di massa, adesso, Fratello? — ribatté pronto Goniface. — Le tue informazioni sono incomplete. Devo forse parlare di una questione tanto delicata di fronte a persone che non potrebbero capirla? — Così dicendo indicò i preti di campagna. — O non è forse meglio che prima definisca una volta per tutte il problema che questi confratelli hanno sollevato davanti al Concilio?

Ma prima che gli arcipreti si fossero riavuti dallo stupore, lui aveva ripreso a parlare.

— Sacerdoti dei santuari rurali: voi avete detto che i vostri racconti sarebbero apparsi irreali qui a Megateopoli. Ebbene questo non è vero. Perché l’irrealtà non esiste, né a Megateopoli, né in nessun’altra parte del cosmo.

“Il soprannaturale è irreale e perciò non esiste. Avete forse dimenticato la verità fondamentale che vi è stata insegnata quando eravate preti del primo circolo? Che esistono solo il cosmo e le entità elettroniche che lo costituiscono, e che il cosmo è privo di anima e di fine, se non quello che possono imporgli le menti neuronali?

“No, le vostre storie riguardano entità reali, reali se non altro per l’immaginazione della vostra mente.

“Sono molte le entità reali che il Dito dell’Ira non può incenerire. Cito per esempio solo i solidografi, e vi ricordo che per vostra stessa ammissione i lupi e le altre creature che affermate di temere non sono che ombre impalpabili. Per quanto riguarda le creazioni della vostra immaginazione, non potete certo ucciderle, se non rivolgendo il Dito dell’Ira contro il vostro stesso cranio.

“Uno di voi ha parlato di stregoneria. Ha forse dimenticato che la Stregoneria l’abbiamo inventata noi?

“Non dovrei essere io a dirvi queste cose. Dovreste essere voi a spiegarle ai vostri novizi!

“Vi ha mai tradito, vi ha mai abbandonato la Gerarchia? No. Eppure adesso pretendete che accantoni qualsiasi altra faccenda e che si occupi soltanto di voi, perché siete spaventati… Non perché vi sia accaduto qualcosa, no, soltanto perché siete spaventati!

“Come fate a sapere che questa non è una prova, una prova a cui abbiamo deciso di sottoporvi per misurare il vostro coraggio e il vostro ingegno? Be’, se fosse una prova, pensate a quale misero spettacolo avete dato di voi stessi finora!

“Potrebbe essere una prova.

“Ma potrebbe anche trattarsi dell’attacco sferrato contro la Gerarchia da parte di un’entità aliena, che forse agisce sotto le mentite spoglie della Stregoneria. E che noi ancora non reagiamo, per costringere il nemico a uscire allo scoperto prima di colpirlo a nostra volta. Perché la Gerarchia non colpisce mai due volte.

“In questa eventualità, le più elementari norme di strategia bellica ci impedirebbero di mettervi al corrente di quanto sta accadendo, per paura di spaventare il nemico e di metterlo in fuga.

“Vi dirò soltanto questo: la Gerarchia era a conoscenza dei disordini presenti nelle vostre regioni prima ancora che voi ve ne accorgeste. E si è presa a cuore la cosa.

“Questo è tutto quello che avete bisogno di sapere. E avreste dovuto saperlo senza che ve lo dicessi io!”

Con freddo compiacimento, Goniface notò che anche le ultime tracce di panico erano ormai svanite. Finalmente, i preti di campagna si erano ricomposti e adesso sembravano più uomini. Erano ancora intimoriti, ma solo dalla presenza dei loro superiori. Come era giusto che fosse.

— Sacerdoti dei santuari rurali, con il vostro deplorevole comportamento avete disatteso le aspettative della Gerarchia. Dai rapporti che abbiamo ricevuto, sappiamo che fin dall’inizio dei disordini, o della prova, voi non avete fatto nient’altro che invocare l’aiuto della Gerarchia. Qualcuno ritiene che meritiate di venire frustati. Io sarei incline a convenirne, se non fossi convinto che possediate sufficiente nerbo per non cadere di nuovo negli stessi errori.

“La Gerarchia è come una grande mano che stringe l’intero globo terrestre. Volete forse incorrere nell’eterna disgrazia di venir ricordati come coloro che hanno cercato di allentare, anche se in proporzioni infinitesimali, la presa di una sua falange? Ho volutamente detto ‘cercato’, perché noi vi osserviamo molto più attentamente di quanto crediate e siamo sempre pronti a intervenire nel caso in cui anche il più piccolo di voi venisse meno al proprio dovere.

“Non venir meno al vostro dovere, è questo di cui dovete preoccuparvi!

“Adesso ritornate ai vostri santuari.

“Fate quello che avreste dovuto fare molto tempo fa.

“Fate appello al vostro coraggio e al vostro ingegno.

“La paura è un’arma, ma un’arma di cui voi dovete servirvi e non permettere che venga usata contro di voi!

“Vi è stato insegnato quale uso farne.

“Dunque usatela!

“E per quanto riguarda Satanas, l’equivalente nero del nostro Grande Dio che, come la stregoneria, è una nostra invenzione, sfruttatelo a vostro vantaggio! — A questo punto Goniface lanciò un’occhiata ironica a Sercival per vedere come reagisse il vecchio Fanatico a quelle parole. — Cacciatelo pubblicamente dalle vostre città se questo vi sembra un espediente utile. Ma non abbassatevi mai più, mai più a credere nella sua esistenza, come dei miserabili cittadini comuni!”

Fu allora, proprio mentre Goniface osservava i loro volti infiammarsi e il loro sguardo ardere per il desiderio di redimersi, che nella sala riecheggiò una poderosa risata. I muri della Camera del Concilio erano spessi e impenetrabili ai normali rumori, eppure avevano lasciato filtrare quello scroscio di risa portentoso e traboccante di un’allegria malvagia.

Risa che sembravano schernire la Gerarchia e chiunque avesse la presunzione di decretare ciò che esisteva e ciò che non esisteva.

I preti di campagna impallidirono e si strinsero gli uni agli altri. I volti sprezzanti degli arcipreti riuscirono a mascherare, più o meno bene, lo stupore, l’apprensione e la domanda rabbiosa che si agitava nelle loro menti sulla natura di quel suono e sul suo significato. Frejeris guardò immediatamente Goniface. Il vecchio Sercival cominciò a tremare come se fosse in preda a una strana paura e a un’ancor più strana soddisfazione.

Ma fu alle orecchie di Goniface che quella risata suonò più terribile e sconcertante. I pensieri più disparati si rincorsero come fulmini nella sua mente.

Ma lui rimase imperturbabile e si sforzò di sostenere lo sguardo dei preti di campagna, per contrastare l’influsso di quella snervante risata. E ci riuscì, anche se gli occhi di tutti si dilatarono per il dubbio e lo sgomento.

L’eco delle risa si spense lentamente, e sulla sua scia un brivido di terrore percorse la sala.

— L’udienza concessavi dal Sommo Concilio termina qui — dichiarò severamente Goniface. — Lasciate la Camera!

I sacerdoti di campagna si affrettarono verso l’uscita. Era solo il fruscio delle loro vesti, ma sembrava che stessero già mormorando.

Il vecchio Sercival si alzò in piedi e, come un vecchio profeta, protese una mano tremante verso Goniface. — Quella era la risata di Satanas! Era il giudizio del Grande Dio su di te e sull’intera Gerarchia per tutti questi secoli di menzogna e di finzione! Il Grande Dio ha sciolto contro il mondo il suo cane nero Satanas!