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Laura si sporse in fuori per abbatterlo, ma ora l’uomo si muoveva con estrema cautela; si infilò, stando molto basso, in un canale cieco. Quando gli spari gli indicarono la posizione di Laura, attraversò il canale e si nascose contro la stessa parete su cui si apriva il budello in cui Laura era nascosta, perciò per poterlo colpire era costretta a uscire allo scoperto.

Fu quello che fece, infatti, rischiando di essere colpita a sua volta, ma quando fece partire una raffica, durò meno di un secondo. L’Uzi scaricò gli ultimi dieci, venti colpi, poi tacque.

Klietmann sentì che il fucile mitragliatore della donna si era scaricato. Si sporse dalla fenditura in cui aveva trovato rifugio e vide che la donna stava gettando via l’arma. Poi scomparve nel budello dove era rimasta ad attenderlo.

Fece mente locale di ciò che aveva visto nella Buick, lassù nel deserto: una rivoltella calibro 38 abbandonata sul sedile dell’autista. Ne dedusse che la donna non aveva avuto il tempo di portarla via con sé, oppure, impegnata com’era a tirar fuori dal bagagliaio quello strano contenitore, si era dimenticata la pistola.

Con sé aveva due Uzi che ormai erano scarichi. Poteva forse avere due pistole e averne lasciata una nella macchina?

Concluse che non era possibile. Due mitragliatrici automatiche avevano senso perché erano utili a distanza e in diverse circostanze. Ma, a meno che non fosse un’esperta tiratrice, una pistola sarebbe stata di scarsa utilità, se non a distanza ravvicinata, dove le sarebbero stati necessari solo sei colpi prima di avere la meglio sul suo assalitore o di morire per mano sua. Una seconda rivoltella sarebbe stata superflua.

Questo voleva dire che per difendersi aveva… che cosa? Quella bombola? Non sembrava nulla di più di un estintore.

La seguì.

Il nuovo canale era molto più stretto di quello precedente. Profondo sette metri, alla foce l’apertura era di soli tre metri, e si faceva sempre meno profondo e più stretto mentre penetrava tortuosamente nel letto deserto. Dopo un centinaio di metri finiva a imbuto.

Arrivati in fondo, Laura si guardò intorno per vedere se c’era una via d’uscita. Ai lati le pareti erano troppo ripide, con un terreno friabile che non avrebbe consentito una rapida scalata. La parete dietro di lei, invece, risaliva più gradatamente ed era costellata di cespugli che offrivano degli appigli. Sapeva, tuttavia, che a metà della salita sarebbero stati individuati dal loro inseguitore; sospesi a quell’altezza, sarebbero stati un bersaglio anche troppo facile.

Era lì dove avrebbe dovuto opporre resistenza per l’ultima volta.

Messa alle strette sul fondo di quell’enorme canale naturale, alzò lo sguardo verso uno squarcio di cielo azzurro e pensò che avrebbero potuto trovarsi in fondo a un immenso sepolcro, in un cimitero dove venivano sepolti solo i giganti.

Il destino lotta per riaffermare il modello predestinato.

Spinse Chris dietro di sé nella cavità che chiudeva il canale. Davanti a sé vedeva i dodici metri che avevano appena percorso, in quello stretto budello, fino al punto in cui faceva una curva a sinistra. Lui sarebbe sbucato da quell’angolo fra un minuto o due.

Si inginocchiò vicino alla bombola di Vexxon, con l’intenzione di strappare l’anello di sicurezza. Purtroppo si rese conto che doveva essere tagliato e non aveva nulla per farlo.

Forse una pietra. Forse una pietra affilata sarebbe stata sufficiente.

«Cercami una pietra», ordinò a Chris. «Voglio una pietra affilata.»

Mentre Chris frugava nel soffice terreno alla ricerca di una pietra che potesse fare al caso loro, Laura esaminò il timer automatico sulla bombola, l’altra possibilità per liberare il gas. Era un dispositivo semplice: un disco girevole calibrato in minuti; se si voleva puntare il timer a venti minuti, si girava il disco finché il numero venti era allineato a una tacca rossa sul bordo del disco; dopodiché si premeva il pulsante al centro e iniziava il conto alla rovescia.

Il problema era che il disco non consentiva una programmazione inferiore ai cinque minuti. L’uomo li avrebbe raggiunti molto prima.

Nonostante ciò girò il disco sul 5 e premette il pulsante che dava l’avvio al timer, che cominciò a ticchettare.

«Ecco, mamma», disse Chris, porgendole un pezzo di ardesia che sarebbe sicuramente servito allo scopo.

Anche se il timer stava ormai ticchettando, Laura si mise al lavoro, sfregando freneticamente l’anello che bloccava il rilascio manuale. Sollevò spesso lo sguardo per vedere se l’assassino li avesse scoperti, ma lo stretto canale davanti a loro rimase deserto.

Stefan seguì le impronte lasciate sul soffice terreno che formava il letto del canale. Non aveva idea di quale fosse la distanza che lo separava da loro. Avevano un vantaggio di pochi minuti, ma probabilmente si muovevano più velocemente di lui, perché il dolore alla spalla, la fatica e il capogiro rallentavano la sua corsa.

Aveva svitato il silenziatore della pistola e l’aveva gettato via, infilando l’arma sotto la cintura. Brandiva l’Uzi con entrambe le mani, in posizione di tiro.

Klietmann aveva gettato via i suoi Ray-Ban perché in molti punti il canale era avvolto nella penombra, soprattutto in quei budelli secondari dove le pareti si richiudevano e la luce del sole filtrava solo da strette fessure.

Le scarpe gli si erano riempite di sabbia e non fornivano certo una grande stabilità. Alla fine si fermò, si tolse scarpe e calze e procedette a piedi nudi.

Non riusciva a inseguire la donna e il bambino con la velocità che avrebbe desiderato, in parte perché era senza scarpe, ma principalmente perché a ogni passo si guardava alle spalle. Aveva udito e visto i tuoni e i lampi. Sapeva che Krieger era tornato. Molto probabilmente, così come lui stava dando la caccia alla donna e al bambino, Krieger stava inseguendo lui. Non intendeva essere carne per i denti di quella bestia feroce.

Sul timer erano già scattati i due minuti.

Laura aveva segato gran parte dell’anello, dapprima con il pezzo di ardesia che Chris aveva trovato, poi con un secondo che le aveva portato quando il primo si era sbriciolato. Il governo non riusciva a stampare un francobollo che riuscisse a rimanere attaccato su una busta, non era in grado di costruire una nave cisterna che fosse in grado di attraversare un fiume, non riusciva a proteggere l’ambiente, ma sicuro come l’oro sapeva come procurarsi un cavo indistruttibile; doveva essere fatto di qualche materiale speciale che avevano creato appositamente per i viaggi delle navicelle spaziali e per il quale alla fine avevano trovato un utilizzo più terreno. Era il cavo che Dio avrebbe usato per fissare i pilastri inclinati che sorreggevano il mondo.

Si era escoriata le dita e il pezzo di ardesia con cui stava lavorando era tutto macchiato di sangue e scivoloso. Aveva segato solo per metà l’anello, quando sull’imboccatura dello stretto canale apparve l’uomo scalzo, con i suoi pantaloni neri e la camicia bianca, a dodici metri di distanza.

Klietmann avanzò con grande cautela, chiedendosi perché diavolo quella donna si stesse dando tanto da fare con quell’estintore. Credeva veramente che spruzzando la sostanza chimica sarebbe riuscita a disorientarlo e a proteggersi così dalla raffica di mitra?

Oppure non si trattava di un estintore? Da quando era arrivato a Palm Springs, meno di due ore prima, aveva notato numerose cose che non erano ciò che apparivano. Un segnale rosso, per esempio, che non significava «PARCHEGGIO DI EMERGENZA» come aveva pensato, ma «DIVIETO PERMANENTE DI PARCHEGGIO». Chi poteva saperlo? E chi poteva dire con sicurezza che cosa fosse quella bombola su cui si stava affannando tanto?