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«La mancanza di una guida materna e paterna l’ha segnata duramente, purtroppo. Non si è adattata tanto bene a essere orfana.»

«Devi scusare mia sorella», continuò Thelma. «Lei invece ha deciso di saltare completamente la pubertà e di passare direttamente dall’infanzia alla senilità.»

«E che cosa mi dite di Willy Sheener?» chiese Laura.

Le gemelle Ackerson si lanciarono uno sguardo d’intesa e iniziarono a parlare con una tale sincronia che fra una risposta e l’altra non passò lo spazio di una frazione di secondo. «Oh, un uomo disturbato», dichiarò Ruth. Thelma s’intromise: «Feccia». Ruth riprese: «Ha bisogno di un dottore». Thelma aggiunse: «No, no, quello lì ha bisogno di prendersi delle belle legnate sulla testa con una mazza da baseball, almeno una mezza dozzina di volte, anzi di più, e poi dovrebbe essere rinchiuso per il resto dei suoi giorni».

Laura raccontò alle gemelle quanto era accaduto nel pomeriggio.

«Non ha detto nulla?» si informò Ruth. «Molto strano, solitamente dice: ‘Ma che bella bambina’, oppure…»

«…‘Ti offro delle caramelle’», finì per lei Thelma con una smorfia di disgusto. «Te lo immagini? Caramelle? Che banalità! È come se avesse imparato a fare il vecchio libidinoso leggendo quei libretti che la polizia distribuisce per mettere all’erta i bambini sui pervertiti.»

«Nessuna caramella», disse Laura, tremando al ricordo degli occhi e del respiro ansimante di Sheener.

Thelma si chinò in avanti, abbassando la voce fino a farla diventare un sussurro. «Si direbbe che l’Anguilla Bianca avesse la lingua attorcigliata, troppo eccitato persino per ricordarsi i soliti ritornelli. Forse sente un’attrazione speciale per te, Laura.»

«Anguilla Bianca?»

«Sì, è Sheener», svelò Ruth. «O semplicemente Anguilla per farla breve.»

«Pallido e viscido com’è», proseguì Thelma, «il nome gli sta a pennello. Scommetto che l’Anguilla ha un debole per te. Intendo dire, bimba, che sei uno schianto.»

«No, non è vero», si difese Laura.

«Ma vuoi scherzare?» disse Ruth. «Con quei capelli neri e quegli occhi così grandi.»

Laura arrossì e cominciò a protestare, ma Thelma tagliò corto: «Senti, Shane, il Fantastico Duo Ackerson, ovvero Ruth e moi, non sopporta la falsa modestia così come non tollera la superbia. Siamo dei tipi schietti. Ci piace arrivare subito al dunque. Sappiamo perfettamente quali sono le nostre possibilità e ne siamo orgogliose. Una cosa è certa: nessuna di noi due vincerà il titolo di Miss America, ma siamo intelligenti, molto intelligenti e non abbiamo alcun problema ad ammetterlo. E tu, ragazza mia, sei bellissima, quindi smettila di fare tante scene».

«Mia sorella a volte ha un modo di fare un po’ troppo brutale e colorito», si scusò Ruth.

«Mia sorella, invece», replicò Thelma, «sta recitando la parte di Melania in Via col vento.» Ostentando un forte accento sudista, cominciò a recitare: «Oh, Rossella non vuole fare del male a nessuno. È tanto deliziosa. Anche Rhett è così adorabile, in fondo. E persino gli yankee sono brava gente, anche se hanno bruciato i nostri raccolti e si sono fatti gli stivali con la pelle dei nostri bambini».

Laura cominciò a ridere nel bel mezzo della scenetta.

«Smettila, dunque, di recitare la parte della fanciulla modesta! Tu sei bellissima.»

«Okay, okay. Sono… carina.»

«Ma vuoi scherzare! Quando l’Anguilla Bianca ti ha visto gli si è fuso il cervello.»

«Proprio così», convenne Ruth in tono di approvazione. «L’hai mandato in visibilio. Ecco perché non riusciva neanche a pensare di infilare una mano nella tasca per tirar fuori le caramelle che porta sempre con sé.»

«Caramelle!» esclamò Thelma. «Dei piccoli sacchettini di zuccherini dell’amore!»

«Laura, devi stare attenta», l’avvertì Ruth. «È un uomo malato…»

«È un porco!» incalzò Thelma. «Un topo di fogna!»

Da un angolino della stanza, Tammy sussurrò: «Non è poi cattivo come dite».

La biondina era così tranquilla, così esile e anonima che Laura aveva finito per dimenticarsi di lei. Ora vide che Tammy aveva messo da parte il libro e stava seduta sul letto; aveva raccolto le ginocchia ossute contro il petto, cingendole con le braccia. Aveva dieci anni, due in meno delle sue compagne, ed era piccola per la sua età. Con quella camicia da notte e i calzettoni bianchi, Tammy sembrava più un’apparizione che una persona reale.

«Non farebbe del male a nessuno», protestò con un filo di voce, come se esprimere la sua opinione su Sheener o su qualsiasi altra cosa o persona, fosse come camminare su una fune senza rete sotto.

«No, farebbe proprio del male a chiunque, se fosse sicuro di farla franca», obiettò Ruth.

«È solo…» Tammy si morse un labbro. «È semplicemente… solo.»

«No, dolcezza», la contraddisse Thelma. «Non è solo. È così pieno di sé che non sarà mai solo.»

Tammy distolse lo sguardo, si alzò, infilò i piedi nelle sue pantofoline e borbottò: «È ora di andare a letto». Prese la sua bustina dal comodino e ciabattò fuori dalla stanza, chiuse la porta e si diresse verso uno dei bagni alla fine del corridoio.

«Lei prende le caramelle», spiegò Ruth.

Laura fu scossa da un fremito di repulsione. «Oh no!»

«Sì», confermò Thelma. «Ma non perché vuole le caramelle. È un po’… confusa. Ha bisogno di quel genere di approvazione che ottiene dall’Anguilla.»

«Ma perché?» chiese Laura.

Ruth e Thelma si scambiarono un’altra occhiata e senza aprir bocca sembrarono discutere e raggiungere una decisione nel giro di un paio di secondi. Sospirando, Ruth concluse: «Be’, vedi, Tammy ha bisogno di quel genere di approvazione perché… suo padre le ha insegnato ad averne bisogno».

Laura era sconvolta. «Suo padre?»

«Non tutti i bambini che sono qui sono orfani», le spiegò Thelma.

«Alcuni sono qui perché i loro genitori hanno commesso dei crimini e sono stati mandati in prigione. E altri perché hanno maltrattato i loro figli o… abusato sessualmente di loro.»

L’aria fresca che entrava dalle finestre era probabilmente solo un poco più fresca di quando si erano sedute in cerchio sul pavimento, ma a Laura sembrò un gelido vento di tardo autunno, infiltratosi in quella notte d’agosto.

«Ma a Tammy non piace sul serio, vero?» insistette Laura.

«No, non credo», disse Ruth. «Solo che lei…»

«… ci è costretta», disse Thelma. «Non può farne a meno.»

Si zittirono, pensando all’impensabile, poi, rompendo il silenzio, Laura disse: «Strano e… così triste. Non possiamo fare qualcosa per far cessare tutto questo? Non possiamo raccontare alla signora Bowmaine o a qualche altro assistente che cosa fa Sheener?»

«Non servirebbe a nulla», brontolò Thelma.

«L’Anguilla negherebbe tutto e anche Tammy negherebbe e noi non abbiamo una prova.»

«Ma se lei non è la sola bambina di cui abusa, una delle altre…»

Ruth scosse la testa. «Molti di loro sono stati dati in affidamento, oppure sono stati adottati o sono ritornati nelle loro famiglie. Quei due o tre che sono ancora qui… be’, sono come Tammy, oppure hanno semplicemente una paura folle dell’Anguilla, sono troppo spaventati per tradirlo.»

«E inoltre», intervenne Thelma, «i grandi non vogliono sapere, non vogliono avere niente a che fare con queste cose. Cattiva pubblicità per l’istituto. E ci fanno anche la figura degli scemi per non essersi accorti che gliela stavano facendo sotto il naso. E poi, chi crederebbe a dei bambini?» Thelma imitò così bene la signora Bowmaine e quel suo caratteristico tono di falsità che Laura la riconobbe all’istante. «Oh, caro, sono delle creaturine orribili, bugiarde. Bestioline noiose e turbolente, capaci di distruggere la reputazione di un uomo come il signor Sheener solo per il gusto di farlo. Bisognerebbe appenderle a un gancio e alimentarle con le flebo. Pensi, mio caro, come sarebbe più efficiente questo sistema e che giovamento per loro, soprattutto.»