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Laura si ricordò del racconto divertente di Thelma sugli stupidi e banali stratagemmi dell’Anguilla e improvvisamente non le sembrò più spaventoso come prima. Mentre le offriva le caramelle, guardandola con occhi lascivi, Sheener le parve una figura ridicola, una caricatura del demonio e gli avrebbe riso in faccia se non avesse saputo ciò che aveva fatto a Tammy e ad altre bambine. Nonostante non potesse ridere di lui, l’aspetto e i modi comici dell’Anguilla le diedero il coraggio di aggirarlo velocemente.

Quando realizzò che la bambina non avrebbe preso le caramelle né avrebbe risposto alla sua offerta di amicizia, l’afferrò per una spalla per fermarla.

Con un gesto rabbioso, Laura allontanò da sé la mano. «Non ci provare mai più, brutto porco!»

Si affrettò su per le scale, lottando contro il desiderio di correre. Se si fosse messa a correre, avrebbe capito che aveva ancora paura. Non doveva mostrare alcuna debolezza, perché ciò lo avrebbe incoraggiato a continuare a tormentarla.

Mentre era a soli due gradini dal pianerottolo successivo, pensò di aver vinto. Il suo atteggiamento deciso doveva averlo impressionato. Ma a quel punto sentì l’inconfondibile rumore di una cerniera lampo. Dietro di lei, quasi sospirando, Sheener le gridò: «Ehi, Laura, guarda qui. Guarda che cosa ho per te. Guarda, guarda che cosa ho in mano, Laura».

Lei non si voltò.

Raggiunse il pianerottolo e imboccò la rampa successiva pensando: non c’è ragione di correre; non provare a correre, non correre. Non devi correre!

Dalla rampa sottostante l’Anguilla la stuzzicò: «Guarda che bel bombolone grosso grosso ho in mano, Laura. È molto più grande di quello degli altri».

Arrivata al terzo piano, Laura si precipitò in bagno, dove si lavò vigorosamente le mani. Si sentiva sporca dopo aver toccato la mano di Sheener per togliersela dalla spalla.

Più tardi, quando con le gemelle Ackerson si riunì per la cerimonia notturna sul pavimento della stanza, Thelma non riuscì a trattenere le risate al pensiero che l’Anguilla volesse che Laura guardasse il suo «grosso bombolone». «È forte, vero? Ma da dove pensi che tiri fuori queste trovate? Doubleday pubblica per caso una collana dei classici sul Comportamento dei pervertiti o qualcosa del genere?»

«Il punto è», disse Ruth preoccupata, «che non è rimasto male quando Laura l’ha affrontato come ha fatto. Non penso che la lascerà perdere facilmente come con le altre bambine che gli resistono.»

Quella notte Laura fece fatica ad addormentarsi. Pensò al suo Custode e si chiese se sarebbe comparso miracolosamente come era già successo e se avrebbe avuto a che fare con Willy Sheener. Ma in qualche modo, sentì che questa volta non avrebbe potuto contare su di lui.

Negli ultimi dieci giorni di agosto l’Anguilla seguì Laura come un’ombra. Quando lei e le gemelle Ackerson andavano nella stanza dei giochi per fare una partita a carte o a Monopoli, Sheener appariva dopo circa dieci minuti e si metteva a lavare le finestre o lucidare i mobili, nonostante in realtà la sua attenzione fosse principalmente focalizzata su Laura. Se le bambine cercavano rifugio in un angolo del giardino dietro la casa, per parlare o per fare qualche gioco che a volte inventavano, Sheener faceva la sua apparizione qualche minuto dopo, avendo improvvisamente notato che gli arbusti avevano bisogno di essere potati o concimati. E sebbene il terzo piano fosse solo per le bambine, era aperto al personale maschile addetto alla manutenzione dalle dieci del mattino alle quattro del pomeriggio durante i giorni feriali. Quindi Laura non poteva neppure rifugiarsi nella sua stanza durante quelle ore, poiché non era sufficientemente sicura.

La cosa più preoccupante era il fatto che la sua torbida passione per Laura fosse ingigantita al punto di diventare un bisogno paranoico che si percepiva dall’intensità sempre crescente del suo sguardo e dall’odore di sudore che emanava quando si trovava nella stessa stanza con lei per più di qualche minuto.

Laura, Ruth e Thelma cercarono di convincersi che l’Anguilla rappresentasse, con il passare dei giorni, un pericolo sempre minore, visto che non si decideva ad agire. Il fatto che esitasse significava che aveva capito che Laura era una preda inaccessibile. Ma in cuor loro sapevano che la loro era solo una speranza. Si resero conto della gravita del pericolo, una domenica pomeriggio, sul finire di agosto, quando rientrando nella loro stanza trovarono Tammy che stava distruggendo la collezione di libri di Laura, in un accesso di folle gelosia.

Laura teneva sotto il letto i suoi libri favoriti, circa una cinquantina, che aveva portato da casa. Tammy li aveva trascinati nel mezzo della stanza e con una frenesia carica d’odio ne aveva distrutti più della metà.

Laura era troppo sconvolta per reagire e Ruth e Thelma trascinarono via Tammy cercando di calmarla.

Laura non riuscì a nascondere il proprio dolore, sia perché quelli erano i suoi libri preferiti ed essendole stati regalati da suo padre costituivano anche un legame e un ricordo, ma soprattutto perché possedeva così poco. I suoi averi erano miseri, di scarso valore, ma realizzò all’improvviso quanto rappresentassero una difesa contro le crudeltà della vita.

Tammy perse qualsiasi interesse per i libri, ora che il vero oggetto del suo odio stava di fronte a lei. «Ti odio, ti odio!» Il suo volto pallido e contratto, per la prima volta apparve a Laura vivo, arrossato e contorto dall’emozione. I cerchi scuri intorno agli occhi non erano spariti, ma non la facevano più sembrare debole e indifesa, al contrario, ora appariva feroce e crudele. «Ti odio, Laura, ti odio!»

«Tammy, dolcezza», si intromise Thelma, mentre cercava di tenere ferma la bambina, «Laura non ti ha mai fatto nulla.»

Con il respiro affannoso, ma senza più dimenarsi per liberarsi dalla stretta di Ruth e Thelma, Tammy urlò a Laura: «Tu sei l’unica cosa di cui lui parla! Io non gli interesso più, solo tu, non fa che parlare di te! Ti odio, perché sei venuta qui? Ti odio!»

Nessuno ebbe bisogno di chiederle a chi si stesse riferendo. L’Anguilla.

«Non mi vuole più. Nessuno mi vuole più, adesso. Mi vuole solo perché così posso aiutarlo a prendere te. Laura, Laura, Laura! Vuole che con uno stratagemma io ti porti in un posto dove possa essere solo con te, un posto che sia sicuro per lui, ma non lo farò, no, non lo farò! Perché una volta che lui ti avrà che cosa mi rimane? Nulla!» Il suo volto era rosso di rabbia, ma la cosa peggiore era la disperazione che si leggeva nei suoi occhi.

Laura corse fuori dalla stanza, percorse tutto il corridoio e si infilò nel bagno. Nauseata dal disgusto e dalla paura, cadde in ginocchio sulle gialle piastrelle crepate e vomitò. Una volta liberato lo stomaco, si avvicinò a uno dei lavandini, si sciacquò la bocca e si gettò dell’acqua fredda sulla faccia. Quando sollevò la testa e si guardò nello specchio, finalmente arrivarono le lacrime.

Non era per il senso di solitudine e di paura che piangeva. Piangeva per Tammy. Il mondo era un luogo di una crudeltà inimmaginabile se era possibile che la vita di una bambina di dieci anni potesse valere tanto poco al punto che le sole parole di assenso che avesse mai udito da un adulto erano quelle di un pazzo che abusava di lei, che l’unico avere di cui potesse andare orgogliosa era l’aspetto sessuale ancora immaturo del suo esile corpo infantile.

Laura si rese conto che la situazione di Tammy era infinitamente peggiore della sua. Benché privata dei sui libri, Laura aveva bellissimi ricordi di un padre amorevole, gentile, dolce, che Tammy non aveva mai avuto. Anche se quelle poche cose che possedeva le fossero state tolte, Laura avrebbe continuato a essere sana di mente, Tammy invece era psicologicamente labile e forse per lei non c’era alcuna speranza di recupero.