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Laura pensò che aveva già letto quel libro e aveva già visto quel film. Perdiana, aveva preso il posto di Cenerentola!.

«Vedi, io diventerò una grande attrice, oppure una modella», le spiegò Hazel, «perciò il mio viso, le mie mani e il mio corpo sono il mio futuro e devo proteggerli.»

La visita della signora Ince, la magrissima assistente sociale che si occupava del caso, era stata fissata per sabato mattina, 16 settembre, e Laura aveva intenzione di chiedere di essere rimandata all’istituto McIlroy. La minaccia rappresentata da Willy Sheener le sembrava un problema secondario rispetto alla vita quotidiana con i Teagel.

Quando la signora Ince arrivò, trovò Flora che stava lavando per la prima volta in due settimane i piatti. Laura invece era seduta al tavolo, in cucina, con un libro di parole crociate che le era stato messo fra le mani solo quando il campanello aveva cominciato a squillare.

Durante la parte della visita dedicata a un colloquio privato con Laura nella sua stanza, la signora Ince si rifiutò di credere a ciò che Laura le stava raccontando riguardo a tutto il lavoro che le avevano assegnato. «Ma cara, il signore e la signora Teagel sono dei genitori esemplari e poi non mi sembri così provata dal lavoro, anzi, hai persino messo su qualche chilo.»

«Io non li sto accusando di farmi soffrire la fame», replicò Laura. «Ma non ho mai tempo per fare i compiti e poi ogni sera vado a letto esausta…»

«Inoltre», la interruppe la signora Ince, «da queste famiglie non ci si aspetta semplicemente che ospitino i bambini, ma che li educhino, e ciò significa insegnare loro come comportarsi, instillare i buoni valori e l’amore per il lavoro.»

La signora Ince non offriva alcuna speranza.

Laura si risolse ad adottare il piano delle Ackerson per disfarsi di una famiglia che non voleva. Cominciò a mettere poca cura nei lavori domestici. Quando era lei a occuparsi dei piatti, erano macchiati e rigati. E quando stirava faceva delle gran pieghe sui vestiti di Hazel.

Dato che la distruzione della maggior parte della sua collezione di libri le aveva insegnato ad avere un profondo rispetto per la proprietà, Laura non voleva rompere i piatti o qualsiasi altra cosa appartenesse ai Teagel, perciò sostituì quella parte del piano Ackerson con il disprezzo e lo scherno. Un giorno Flora chiese una parola di sei lettere che significasse «una specie di bue» e Laura rispose: «Teagel». Una sera Mike cominciò a raccontare una storia di dischi volanti, che aveva letto sull’Enquirer, e lei lo interruppe per narrargli a sua volta un racconto assurdo su degli uomini mutati in talpe che vivevano nascosti nel supermercato della zona. Ad Hazel, invece, suggerì che per sfondare nel mondo dello spettacolo avrebbe dovuto fare domanda per diventare la controfigura di Ernest Borgnine. «Sei il suo ritratto perfetto, Hazel. Devono per forza prenderti!»

La logica conseguenza di tanta insolenza fu una sculacciata. Con le sue grandi mani callose Mike non aveva certo bisogno di un battipanni. Ma Laura si morse un labbro e non gli diede la soddisfazione di vederla piangere. Dalla soglia della cucina, Flora gridò: «Basta, Mike. Non lasciarle dei segni». Ma lui smise di battere Laura solo quando la moglie entrò nella stanza e gli fermò la mano.

Quella notte Laura si addormentò con fatica. Per la prima volta aveva impiegato il suo amore per le parole, il potere del linguaggio, per raggiungere l’effetto desiderato e le reazioni dei Teagel erano la prova che poteva usare le parole nel modo giusto. Ma ancora più eccitante era il pensiero, ancora troppo embrionale per essere compreso appieno, che forse aveva la capacità non solo di difendersi, ma di farsi strada nel mondo grazie alle parole, magari persino come autrice di quel genere di libri che le piacevano tanto. Con suo padre aveva parlato dei suoi sogni di diventare medico, ballerina, veterinario, ma erano stati discorsi così, tanto per dire. Nessuno di quei sogni l’aveva riempita di eccitazione come la prospettiva di diventare una scrittrice.

Il mattino seguente, quando scese in cucina, trovò i Teagel riuniti per la colazione. «Ehi, Mike», lo canzonò Laura, «ho appena scoperto che nello sciacquone in bagno vive un calamaro intelligente che viene da Marte».

«Ma che cosa stai dicendo?» le chiese Mike.

Laura sorrise. «Notizie esotiche.»

Due giorni più tardi Laura veniva rimandata all’istituto McIlroy.

6

Il salotto e lo studio di Willy Sheener erano ammobiliati come se ci vivesse un uomo normale. Del resto Stefan non era neppure sicuro di quello che si era aspettato di trovare. Forse le prove della demenza di quell’uomo, ma non certo una casa linda e ordinata.

Una delle camere da letto era vuota, mentre l’altra era decisamente strana. Il letto era costituito da un nudo e stretto materasso posato sul pavimento. Le federe dei cuscini e le lenzuola erano quelle usate per i bambini, con dei conigli tutti colorati. Il comodino e il cassettone erano a misura di bambino, di un azzurro pallido, con figure di animali stampate sui lati e sui cassetti: giraffe, conigli, scoiattoli. Sheener possedeva anche una collezione di Little Golden Books e altri libri illustrati, animali di stoffa e giocattoli adatti a bambini di sei, sette anni.

All’inizio Stefan pensò che quella stanza avesse lo scopo di attirare i bambini del vicinato e Sheener fosse così maniaco da cercare le sue prede persino vicino a casa, dove il rischio era maggiore. Ma nell’alloggio non c’erano altri letti e l’armadio e i cassetti non contenevano che abiti da uomo. Alle pareti erano appese fotografie incorniciate dello stesso ragazzo dai capelli rossi; alcune lo ritraevano da bambino, altre quando aveva circa sette o otto anni, e il volto era chiaramente quello di Sheener. Stefan cominciò a realizzare che l’unico frequentatore di quella casa era Willy Sheener. Quella creatura viscida dormiva proprio lì. Evidentemente, di notte si ritirava in un fantasioso mondo infantile, e in quella sua misteriosa regressione notturna trovava senza dubbio la pace che così disperatamente andava cercando.

Fermo al centro di quella strana stanza, Stefan si sentì allo stesso tempo rattristato e disgustato. Sembrava che Sheener non molestasse i bambini solo e principalmente a scopo sessuale, ma per assorbire la loro giovinezza, per ritornare a essere bambino come loro; attraverso la perversione sembrava che cercasse di discendere non tanto nello squallore morale, quanto in una perduta innocenza. Era patetico e allo stesso tempo spregevole, impreparato alle prove che si presentano nella vita di un adulto e, proprio a causa di ciò, pericoloso. Stefan rabbrividì.

7

Il suo letto nella stanza delle gemelle Ackerson ora era occupato da un’altra bambina. A Laura fu assegnata una stanzetta a due letti all’estremità nord del terzo piano, vicino alle scale. La sua compagna, Eloise Fischer, aveva nove anni, le lentiggini e portava le treccine. Inoltre aveva un atteggiamento troppo serio per una bambina. «Da grande farò la ragioniera», informò Laura. «Mi piacciono molto i numeri. Si può sommare una colonna di numeri e ottenere sempre la stessa risposta tutte le volte, non ci sono sorprese con i numeri, non sono come le persone.» I genitori di Eloise erano stati condannati per detenzione di stupefacenti e mentre il tribunale decideva quale parente dovesse prendersi cura di lei, era stata mandata all’istituto McIlroy.

Appena Laura ebbe sistemato le sue poche cose, corse nella stanza delle Ackerson. Entrò gridando: «Sono libera! Libera!»

Mentre Tammy e l’altra ragazza quasi la ignorarono, Ruth e Thelma le corsero incontro e l’abbracciarono. Era proprio come tornare a casa.