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Tuttavia le lanciava qualche occhiata furtiva, ma, colto sul fatto, si voltava rapidamente, evitando il suo sguardo. Quegli occhi verdi non tradivano più desiderio animalesco, ma collera. Accusava lei dell’accaduto.

Venerdì, 27 ottobre, Laura apprese che il giorno seguente sarebbe stata trasferita in un’altra famiglia. Era una coppia di Newport Beach, il signore e la signora Dockweiler, ansiosi di averla con loro.

«Sono sicura che questa sarà una sistemazione più compatibile con la tua personalità», si augurò la signora Bowmaine, in piedi accanto alla scrivania. «Farai bene a comportarti meglio di quanto tu non abbia fatto in casa Teagel.»

Quella notte, nella loro stanza, Laura e le gemelle cercarono di farsi coraggio e di affrontare l’imminente separazione con lo stesso spirito sereno con cui avevano affrontato il primo distacco. Ma il loro legame nel frattempo si era fatto ancora più saldo, tanto che Ruth e Thelma avevano cominciato a parlare di Laura come se fosse una sorella. Una volta Thelma aveva detto: «Le sorprendenti sorelle Ackerson, Ruth, Laura e moi». E Laura si era sentita desiderata, amata e viva.

«Vi voglio un mondo di bene», ammise Laura e Ruth singhiozzò: «Oh, Laura!» e scoppiò in lacrime.

Thelma corrugò la fronte. «Sarai indietro in men che non si dica. Questi Dockweiler devono essere persone orrende. Ti faranno dormire nel box!»

«Lo spero», ribattè Laura.

«Ti picchieranno con dei tubi di gomma…»

«Tanto di guadagnato.»

Questa volta il lampo che era venuto a colpire la sua vita era positivo, o perlomeno così parve all’inizio.

I Dockweiler vivevano in un’enorme casa in un ricco quartiere di Newport Beach. Laura aveva la sua stanza, che guardava sull’oceano. Il colore dominante era il beige.

Nel mostrarle la stanza, Carl Dockweiler spiegò: «Non sapevamo quali fossero i tuoi colori preferiti, perciò l’abbiamo lasciata così. Ma possiamo ridipingerla tutta come preferisci tu». Era un uomo sulla quarantina, grosso come un orso, con spalle enormi e una grande faccia paffuta, che le ricordava John Wayne, se John Wayne avesse avuto un aspetto divertente! «Forse una ragazzina della tua età preferisce una stanza tutta rosa.»

«Oh, no, mi piace com’è!» si affrettò a rispondere Laura. Ancora stupita per l’ambiente e la ricchezza che la circondava, si mosse verso la finestra e ammirò lo splendido panorama del porto di Newport, dove gli yacht dondolavano dolcemente sull’acqua che scintillava sotto i raggi del sole.

Nina Dockweiler raggiunse Laura e le posò una mano sulla spalla. Era una donna adorabile, con capelli scuri e occhi viola, una donna che ricordava le bambole di porcellana. «Laura, ci hanno detto che ami i libri, ma non sapevamo quale genere preferissi, perciò adesso facciamo un salto in libreria, così potrai scegliere quello che desideri.»

Alla libreria Walden Laura scelse cinque libri. I Dockweiler la invitarono a comprarne di più, ma lei si sentiva in colpa per avergli fatto spendere tanti soldi. Carl e Nina allora cominciarono a cercare fra gli scaffali, tirarono fuori altri volumi, ne lesserò i titoli e se lei mostrava anche solo il minimo interesse li aggiungevano a quelli che aveva già scelto. A un certo punto Carl si mise in ginocchio davanti alla sezione di libri per ragazzi, scandendo ad alta voce i titoli. «Ehi, qui c’è un altro libro sui cani. Ti piacciono le storie sugli animali? E qui c’è una storia di spie!» Era così comico che Laura non riuscì a trattenere una risata. Quando lasciarono la libreria, avevano acquistato circa un centinaio di libri, una quantità enorme di libri.

Cenarono per la prima volta insieme in una pizzeria, dove Nina mostrò un talento sorprendente per i giochi di magia. Da dietro l’orecchio di Laura tirò fuori un pezzo di peperone e lo fece sparire.

«Ma questo è sorprendente», esclamò Laura. «Dove l’hai imparato?»

«Dirigevo uno studio di progettazione d’interni, ma dovetti abbandonarlo otto anni fa, per motivi di salute. Era troppo stressante. Così, dato che non ero abituata a starmene a casa senza far nulla, decisi di fare tutte le cose che avevo sognato quando ero un’occupatissima donna d’affari. Per esempio imparare i giochi di prestigio.»

«Motivi di salute?» chiese Laura.

Ecco che di nuovo veniva a mancarle quella sicurezza di cui aveva tanto bisogno.

La paura trasparì dal suo volto, perché Carl Dockweiler disse: «Non ti devi preoccupare, Nina è nata con un cuore malato, un difetto congenito, ma vivrà quanto me e te se evita gli stress».

«Non si può operare?» s’informò Laura, posando il pezzo di pizza nel piatto.

«La chirurgia cardiovascolare sta facendo grandi progressi», le rispose Nina. «Forse fra un paio d’anni. Ma, non c’è niente di cui preoccuparsi. Mi riguarderò, soprattutto ora che ho una figlia da educare!»

«Noi desideravamo avere figli più di ogni altra cosa», spiegò Carl, «ma non potevamo. Quando finalmente ci decidemmo ad adottarne uno, Nina scoprì di essere malata di cuore, perciò a quel punto non eravamo più idonei per le adozioni.»

«Ma non abbiamo problemi a ottenere l’affidamento», proseguì Nina, «perciò, se ti piace vivere con noi, potrai stare qui per sempre, proprio come se tu fossi adottata.»

Quella notte, nella sua grande stanza, con la vista sul mare, una vasta macchia nera che ora incuteva quasi paura, Laura si disse che non doveva affezionarsi troppo ai Dockweiler, che le condizioni di salute di Nina precludevano qualsiasi possibilità di una sicurezza reale.

Il giorno seguente, domenica, l’accompagnarono a comprare dei vestiti e avrebbero speso una fortuna se lei non li avesse alla fine pregati di smetterla. Con la Mercedes ricolma di vestiti nuovi, andarono a vedere un film con Peter Sellers e, dopo il cinema, da McDonald’s a bere dei formidabili frappe.

Mentre cospargeva le patatine fritte con il ketchup, Laura disse: «Siete veramente fortunati che il centro di assistenza abbia mandato me piuttosto che un altro bambino».

Carl inarcò le sopracciglia ed esclamò: «Oh, davvero?»

«Be’, voi siete delle brave persone, troppo brave e molto più vulnerabili di quanto non pensiate. Qualsiasi bambino si accorgerebbe di quanto siete vulnerabili in realtà e comincerebbe ad approfittarsi di voi. Senza pietà. Ma con me potete star tranquilli: io non approfitterò mai di voi e non vi farò mai pentire di avermi scelta.»

La guardarono con profondo stupore.

Dopo alcuni minuti Carl guardò Nina e commentò sorridendo: «Ci hanno preso in giro. Non ha dodici anni. Ci hanno rifilato uno gnomo».

Quella notte, mentre aspettava di addormentarsi, Laura continuò a ripetere a se stessa: «Non li devi amare troppo, non li devi amare troppo…» Ma ormai li amava già.

I Dockweiler la mandarono in una scuola privata, dove gli insegnanti erano molto più esigenti di quelli delle scuole pubbliche che aveva frequentato fino ad allora, ma a Laura piacevano le sfide e i suoi risultati furono ottimi. A poco a poco si fece dei nuovi amici; Thelma e Ruth le mancavano tantissimo, ma provò un certo sollievo al pensiero che sarebbero state contente di sapere che aveva finalmente trovato la felicità.

Cominciò persino a pensare che poteva avere fiducia nel futuro, che poteva trovare il coraggio di essere felice. Dopotutto aveva il suo Custode personale. Forse persino un Angelo Custode. Sicuramente qualsiasi ragazza che avesse avuto la fortuna di avere un Angelo Custode era destinata ad avere amore, felicità e sicurezza.