L’uomo replicò: «Oh, ne ha ricevuti altri?»
«Questo è il quarto. Non l’avete portato per me, non è vero? In effetti non c’era qualche minuto fa. Chi l’ha messo sul tavolo?»
L’uomo fece un cenno d’intesa alla moglie, che disse a Laura: «Ha un ammiratore segreto, cara».
«Chi?»
«Un giovanotto che era seduto a quel tavolo là in fondo», rispose l’uomo, indicando la sezione in cui serviva una cameriera di nome Amy Heppleman. Il tavolo ora era vuoto; l’inserviente aveva appena finito di portare via i piatti sporchi. «Appena si è allontanata per andare a prendere le nostre birre, il giovanotto si è avvicinato e ci ha chiesto se poteva lasciare questo per lei.»
Era un rospo, vestito come Babbo Natale, ma senza barba, e sulle spalle portava un sacco pieno di giocattoli.
La donna chiese: «Veramente non sa chi è?»
«No. Che aspetto ha?»
«Alto», rispose l’uomo. «Abbastanza alto e robusto. Capelli castani.»
«Anche gli occhi sono castani», aggiunse sua moglie.
«E ha una voce dolce.»
Rigirando il rospo fra le mani, Laura disse: «C’è qualcosa in tutta questa faccenda… qualcosa che mi rende inquieta».
«Inquieta?» ripetè la donna. «Ma è solo un giovanotto che è innamorato di lei, cara.»
«Davvero?» chiese Laura in tono pensoso.
Trovò Amy Heppleman dietro il bancone dove si preparavano le insalate e riuscì a ottenere una descrizione più dettagliata dello sconosciuto.
«Ha ordinato una frittata ai funghi, pane tostato integrale e una Coca-Cola», spiegò Amy, mentre riempiva due piatti di insalata servendosi di un paio di pinze. «Non l’hai visto quando si è seduto lì?»
«No, non l’ho notato.»
«Un ragazzone. Jeans, camicia azzurra a scacchi. I capelli tagliati forse un po’ troppo corti. Un tipo attraente comunque, se piace il genere orso. Di poche parole. Mi è sembrato abbastanza timido.»
«Ha pagato con una carta di credito?»
«No. In contanti.»
«Dannazione», esclamò Laura.
Si portò il rospo a casa e lo mise accanto agli altri.
Il mattino seguente, lunedì, mentre lasciava l’appartamento trovò un’altra scatola bianca davanti alla porta. L’aprì con riluttanza. Conteneva un rospo in vetro.
Quando Laura tornò dall’università, quello stesso pomeriggio, trovò Julie Ishimina seduta in tinello a leggere il giornale sorseggiando una tazza di tè. «Ne hai ricevuto un altro», disse, indicando una scatola sul bancone della cucina. «Arrivato con la posta.»
Laura aprì il pacchetto lacerandone l’elaborata confezione. Il sesto rospo in realtà erano due: una saliera e una pepiera.
Mise i nuovi arrivati accanto agli altri, sul suo comodino, e per un po’ rimase seduta sul bordo del letto a guardare con aria accigliata la strana collezione.
Alle cinque del pomeriggio chiamò Thelma Ackerson a Los Angeles e le raccontò dei rospi.
Thelma, al contrario di Laura, non poteva permettersi l’università ma, come lei stessa affermava, non era una tragedia perché in fondo non le interessava proseguire gli studi. Terminate le scuole superiori era andata direttamente a Los Angeles, con la ferma intenzione di sfondare nel mondo dello spettacolo come attrice comica.
Quasi tutte le sere, dalle sei alle due di notte, girava per cabaret come l’Improv e il Comedy Store nella speranza di guadagnarsi uno spazio di qualche minuto in scena o di prendere almeno contatto con qualche impresario. Una lotta all’ultimo sangue con un’orda di giovani comici tutti alla ricerca dell’agognata scrittura.
Di giorno lavorava per pagarsi l’affitto, saltabeccando da un posto all’altro. Una volta aveva lavorato in una strana pizzeria dove cantava e serviva ai tavoli vestita da gallinella; un’altra volta ancora aveva sostituito in un picchetto alcuni membri del Writers Guild West che invece di partecipare alla manifestazione, come gli era stato chiesto dal sindacato, avevano preferito pagare qualcuno che reggesse i cartelli e firmasse i registri.
Anche se le separava solo un’ora e mezzo di viaggio, Laura e Thelma si vedevano due o tre volte l’anno e, di solito, solo per qualche ora a pranzo o a cena perché entrambe erano molto impegnate.
Ma quando si ritrovavano si sentivano immediatamente a proprio agio e subito si confidavano i pensieri e le esperienze più intime. «Il legame McIlroy-Caswell», disse una volta Thelma, «è più forte del legame che unisce fratelli di sangue, più forte di un patto della mafia e persino più forte del legame tra Fred Flintstone e Barney Rubble. Quei due sono veramente uniti.»
Dopo che ebbe ascoltato la storia di Laura, Thelma disse: «Be’, qual è il tuo problema, Shane? Mi sembra che si tratti semplicemente di qualche bel fusto, un po’ timido, che si è preso una bella cotta. Un sacco di donne andrebbero in estasi per una cosa così».
«Si tratta semplicemente di questo? Di una cotta innocente?»
«Che cos’altro, altrimenti?»
«Non so, ma… mi rende inquieta.»
«Inquieta? Ma questi rospi sono tutti oggettini graziosi, no? Fra di loro ce n’è forse dall’aria minacciosa? Oppure uno che brandisce un piccolo coltello da macellaio insanguinato? O una piccolissima motosega in ceramica?»
«Ma no!»
«Ti ha forse mandato un rospo decapitato?»
«No, ma…»
«Laura, gli ultimi anni sono stati tranquilli, anche se hai avuto una vita piuttosto movimentata. È comprensibile che ti aspetti che questo tipo sia il fratello di Charles Manson, ma puoi scommettere che è proprio ciò che sembra, un ragazzo che ti ammira da lontano, forse un po’ timido e con una vena romantica. Com’è la tua vita sessuale?»
«Non ho nessuna vita sessuale.»
«Perché no? Non sei vergine! C’era quel ragazzo l’anno scorso…»
«Ma lo sai che non ha funzionato.»
«E da allora non c’è stato più nessuno?»
«No. Ma che cosa pensi?… che vada con tutti?»
«Esagerata! Due amanti in ventidue anni non fanno certo di te una che va con tutti. Rilassati. Smettila di fare la nevrotica. Lasciati andare e vedi dove ti porta. Perché no, potrebbe anche essere il principe azzurro.»
«Ma… forse lo farò. Credo che tu abbia ragione.»
«A proposito, Shane?»
«Sì?»
«Giusto per sicurezza, d’ora in poi forse ti conviene andare in giro con una Magnum .357.»
«Molto divertente.»
«Il divertimento è il mio mestiere.»
Nei tre giorni seguenti Laura ricevette altri due rospi, e il sabato mattina, 22 gennaio, si trovò nuovamente confusa, furente e impaurita. Nessun ammiratore segreto avrebbe tirato il gioco così per le lunghe. Ogni nuovo rospo sembrava burlarsi di lei più che renderle omaggio. C’era una vena ossessiva nel ritmo implacabile di quel misterioso donatore.
Trascorse gran parte della serata di venerdì seduta al buio vicino alla grande finestra del salotto. Da uno spiraglio fra le tende vedeva la veranda coperta e la zona adiacente alla sua porta. Se quella sera fosse venuto, Laura intendeva coglierlo sul fatto e affrontarlo. Attese invano fino alle tre e mezzo del mattino, poi si appisolò. Al mattino, quando si svegliò, davanti alla porta non trovò nessun pacchetto.
Fece una doccia, consumò una frugale colazione, poi uscì prendendo le scale esterne che portavano sul retro dell’edificio, dove teneva la macchina nel posto che le era stato assegnato. Aveva intenzione di recarsi in biblioteca per un lavoro di ricerca e sembrava proprio il giorno giusto per stare al chiuso. Il cielo invernale era grigio e cupo e le nubi gravide di tempesta le misero addosso un senso d’inquietudine, una sensazione che s’intensificò quando trovò un’altra scatola sul cruscotto dell’auto. Avrebbe voluto urlare tanta era la sua frustrazione.