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Dopo aver ricevuto dei consigli dalla casa editrice, Laura iniziò una revisione di Shadrach, consegnando la versione finale del manoscritto a metà dicembre del 1979. Simon and Schuster fissò la pubblicazione del libro per il settembre del 1980.

Fu un anno molto intenso per la coppia tanto che Laura fu solo marginalmente consapevole della crisi degli ostaggi iraniani e della campagna presidenziale e anche meno informata riguardo agli innumerevoli conflitti, disastri aerei, incidenti nucleari, omicidi di massa, alluvioni, terremoti e altre tragedie che riempivano le prime pagine dei giornali. Quello fu l’anno in cui Laura rimase incinta. Fu l’anno in cui lei e Danny acquistarono la loro prima casa (quattro stanze più doppi servizi in stile spagnolo a Orange Park Acres) e lasciarono l’appartemento di Tustin. Laura iniziò il suo terzo romanzo, The Golden Edge, e un giorno, quando Danny le chiese come stesse andando, Laura rispose: «Carta straccia». Al che Danny replicò: «Magnifico!» Il primo settembre, in seguito all’arrivo di un cospicuo assegno per i diritti cinematografici di Shadrach, che era stato venduto alla MGM, Danny lasciò il suo lavoro come agente di cambio e divenne il consulente finanziario di Laura a tempo pieno. Domenica 21 settembre, tre settimane dopo la prima distribuzione, Shadrach fece la sua comparsa nella lista dei best seller sul New York Times, al dodicesimo posto. Il 5 ottobre 1980, quando Laura diede alla luce Christopher Robert Packard, Shadrach era alla terza ristampa; si trovava all’ottavo posto nella classifica del Times e ricevette ciò che Spencer Keene definì una recensione «strepitosamente buona» a pagina cinque di quella stessa rubrica letteraria.

Il bambino venne alla luce nel pomeriggio, alle due e ventitré minuti, e durante il parto Laura perse molto sangue, più di quanto di solito avvenga. Indebolita dallo sforzo e dall’emorragia, ebbe bisogno di tre trasfusioni nel pomeriggio e nella serata. Tuttavia trascorse una notte migliore del previsto e al mattino, dolorante e stanca, era decisamente fuori pericolo.

Il giorno seguente, durante l’orario di visita, Thelma Ackerson venne a vedere il bambino e la neomamma. Sempre vestita da punk in anticipo sui tempi, capelli lunghi sul lato sinistro, con una ciocca bianca come la sposa di Frankenstein, e corti a destra ma senza mèches, entrò nella stanza privata di Laura, andò direttamente verso Danny, gli gettò le braccia al collo e abbracciandolo forte, esclamò: «Gesù, quanto sei grosso. Ma tu sei un mutante. Ammettilo, Packard, tua madre sarà anche stata umana, ma tuo padre era un orso bruno». Si avvicinò al letto e baciò Laura sulle guance. «Prima di venire qui sono andata nella nursery e ho dato un’occhiata a Christopher Robert attraverso il vetro: è adorabile. Ma credo che avrai bisogno di tutti i milioni che guadagni con i tuoi libri, ragazza mia, perché quel bambino seguirà le orme di suo padre e i conti della spesa ogni mese saliranno alle stelle. Se non ti sbrighi a educarlo ti farà a pezzi i mobili.»

Laura disse: «Sono felice che tu sia venuta, Thelma».

«Come potevo mancare? Certo che se fossi stata impegnata in uno spettacolo in un club mafioso nel New Jersey, e per venire qui avessi dovuto cancellare parte delle serate, allora, in quel caso non mi avresti proprio visto! Se rompi un contratto con quei tipi, ti tagliano i pollici e te li fanno usare come supposte. Ma quando ho ricevuto la notizia, l’altra notte, mi trovavo a ovest del Mississippi e solo una guerra nucleare o un appuntamento con Paul McCartney avrebbero potuto tenermi lontano.»

Da circa due anni Thelma era riuscita a guadagnarsi uno spazio sul palcoscenico all’Improv, e aveva un certo successo. Si era trovata un agente e aveva cominciato a ottenere delle scritture in locali di terza categoria, e qualche volta anche di seconda, in tutto il paese. Laura e Danny erano andati un paio di volte a Los Angeles a vedere il suo spettacolo e l’avevano trovata veramente spassosa; scriveva lei stessa i testi e riusciva sempre a scegliere il momento migliore per le battute più comiche, come faceva anche nell’infanzia. Ma con gli anni si era raffinata. Il suo spettacolo era alquanto insolito: avrebbe potuto fare di lei o un fenomeno nazionale oppure lasciarla per sempre nell’ombra. In tutte le sue battute serpeggiavano una vena malinconica, un senso della tragedia della vita e allo stesso tempo la meraviglia e la comicità della vita stessa. Era simile allo stile delle novelle di Laura, ma ciò che piaceva ai lettori del libro era meno probabile che piacesse al pubblico che aveva pagato per farsi solo delle risate.

Thelma si chinò su Laura e la guardò più attentamente. «Ehi, sei pallida. E che cosa sono quelle occhiaie…» esclamò.

«Thelma cara, mi dispiace distruggere le tue illusioni, ma i bambini non li porta la cicogna. È la madre che deve fare tutto. E non è certo come bere un bicchier d’acqua.»

Thelma la guardò con durezza poi diresse lo stesso sguardo a Danny che si era avvicinato all’altro fianco del letto e stringeva la mano di Laura. «Ehi, che cos’è che non va qui?»

Laura sospirò e trasalendo per il dolore cambiò leggermente posizione. A Danny disse: «Vedi? Te l’avevo detto che era un segugio».

«Non è stata una gravidanza facile, vero?» domandò Thelma.

«La gravidanza è andata abbastanza bene», rispose Laura. «È stato il parto che ha dato qualche problema.»

«Non è che… hai quasi rischiato di morire, o qualcosa del genere, Shane?»

«No, no, no», la rassicurò Laura mentre Danny le stringeva affettuosamente la mano. «Nulla di così drammatico. Sapevamo fin dall’inizio che ci sarebbero state delle difficoltà lungo il cammino, ma abbiamo trovato un medico eccezionale che mi ha sempre seguito attentamente. Solo che… non potrò più avere bambini. Christopher sarà l’ultimo.»

Thelma guardò Danny e Laura e sussurrò sommessamente: «Mi dispiace».

«Non importa», si consolò Laura costringendosi a sorridere. «Abbiamo il piccolo Chris ed è una meraviglia.»

Rimasero per qualche secondo in un silenzio imbarazzante, poi Danny commentò: «Non ho ancora pranzato e sto morendo di fame. Farò un salto al bar e starò via più o meno una mezz’oretta».

Uscito Danny, Thelma disse: «Non ha veramente fame, vero? Ma ha capito che volevamo fare quattro chiacchiere da sole».

Laura sorrise. «È un uomo adorabile.»

Thelma abbassò la sbarra sul fianco del letto e chiese: «Se mi siedo accanto a te, non è che ti combino qualche guaio? Non mi riempirai improvvisamente di sangue da capo a piedi, vero Shane?»

«Cercherò di non farlo.»

Thelma si arrampicò sul letto dell’ospedale e prese una mano di Laura fra le sue. «Ascolta, ho letto Shadrach ed è semplicemente fantastico. È esattamente quello che ogni scrittore cerca di fare, ma sono pochi quelli che ci riescono.»

«Sei molto cara, Thelma.»

«Io sono una donna dura, cinica e ribelle. Senti, parlo sul serio; il libro è veramente geniale. Ci sono tutti. Dalla Bowmaine a Tammy. E anche Boone, lo psicologo dell’assistenza sociale. Con nomi diversi, certo, ma li ho riconosciuti. Li hai colti perfettamente, Shane. Accidenti, ci sono stati momenti in cui mi hai fatto tornare indietro negli anni, momenti in cui ho avvertito i brividi nella schiena e ho dovuto mettere via il libro e andare a fare una passeggiata sotto il sole caldo. E altri momenti in cui ho riso come una matta.»