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Una parete della stanza era costituita da una vetrata, attraverso la quale i familiari potevano vedere i neonati. Cinque persone erano radunate al di là di quel vetro. Quattro erano sorridenti, indicavano con il dito un punto nella stanza e facevano strane e buffe smorfie per intrattenere i neonati.

La quinta persona era un uomo biondo, indossava un giaccone da marinaio e stava in piedi, con le mani in tasca. Non sorrideva né faceva gesti né tanto meno smorfie. Teneva semplicemente lo sguardo fisso su Laura.

Dopo alcuni minuti, visto che lo sconosciuto non accennava a staccare gli occhi dalla bambina, Bob cominciò a preoccuparsi. Era un bel ragazzo dai lineamenti marcati, ma la durezza del suo volto e un qualcosa che non poteva essere espresso a parole indussero Bob a pensare che si trattasse di un uomo che aveva visto e fatto cose terribili.

Cominciarono a venirgli in mente storie incredibili lette sui giornali a proposito di rapimenti, di bambini venduti al mercato nero. Si diede del paranoico. Immaginava pericoli inesistenti, solo per il fatto che, avendo perso Janet, ora temeva di perdere anche la sua unica figlia. E più l’uomo fissava Laura, più aumentava l’inquietudine di Bob.

Come se avesse percepito quel turbamento, lo sconosciuto alzò lo sguardo e incrociò quello di Bob. Gli occhi blu dello straniero erano insolitamente luminosi, intensi. Bob ebbe paura. Strinse ancor più a sé la figlia, come se lo sconosciuto potesse irrompere nella stanza attraverso il vetro e portarsela via. Pensò allora di chiamare una delle infermiere affinchè andasse a parlare con quell’uomo e gli facesse delle domande. Ma in quell’istante lo sconosciuto sorrise. Un sorriso caldo e genuino che trasformò il suo volto. In una frazione di secondo la sua espressione da sinistra si era fatta amichevole. Rivolse a Bob un cenno d’intesa e con il solo movimento delle labbra mormorò un’unica parola attraverso lo spesso vetro: «Bellissima».

Bob si rilassò e sorrise, ma si rese conto che il suo sorriso era nascosto dalla mascherina, quindi annuì in segno di ringraziamento. Lo sconosciuto guardò ancora una volta Laura, poi ammiccò nuovamente a Bob e si allontanò dalla vetrata.

Più tardi, dopo che Bob Shane era tornato a casa, un uomo alto, vestito di scuro si avvicinò alla vetrata. Il suo nome era Kokoschka. Osservò un attimo i neonati, poi il suo sguardo si spostò e si accorse della sua immagine incolore riflessa sul vetro lucido. Aveva una faccia larga e piatta con lineamenti taglienti e labbra così sottili e dure che sembravano fatte d’acciaio. La guancia sinistra era segnata da una profonda cicatrice. I suoi scuri occhi erano privi di profondità, come se fossero state sfere di ceramica dipinte, molto più simili ai freddi occhi di uno squalo che vaga nelle oscure profondità dell’oceano.

Si compiacque nel rendersi conto di quanto la crudeltà del suo volto contrastasse con i visetti innocenti dei neonati al di là della vetrata; sorrise, fatto raro per lui, ma quel sorriso non addolcì il suo viso, anzi, lo fece apparire ancora più minaccioso.

Guardò ancora una volta al di là del vetro e non ebbe difficoltà a trovare Laura Shane, poiché il cognome di ciascuno era scritto su un cartellino applicato dietro la culla.

Perché tanto interesse intorno a te, Laura? si chiese. Perché la tua vita è così importante? Perché tutte queste energie spese per assicurarsi che tu venissi al mondo sana e salva? Devo ucciderti ora e mettere quindi fine al progetto del traditore?

Avrebbe potuto ucciderla senza alcun problema. Aveva già ucciso dei bambini in passato, sebbene nessuno piccolo quanto Laura. Nessun crimine era troppo efferato se serviva la causa alla quale egli aveva votato la sua vita.

La bimba stava dormendo. Ogni tanto la sua bocca si muoveva e il suo faccino si corrugava per un attimo; forse sognava la sicurezza del grembo materno, con rimpianto e desiderio.

Alla fine decise di non ucciderla. Non ancora.

«Posso sempre eliminarti più tardi, piccolina», mormorò. «Quando capirò che parte hai nei piani del traditore, allora e solo allora potrò ucciderti.»

Kokoschka si allontanò dalla vetrata. Sapeva che non avrebbe più rivisto quella bambina per almeno otto anni.

2

Nella California del sud la pioggia cade raramente in primavera, estate e autunno. La vera stagione delle piogge inizia solitamente in dicembre e termina a marzo. Ma il 2 aprile del 1963, un martedì, il cielo era carico di nubi e l’umidità era alta. Dalla porta aperta della piccola drogheria di quartiere a Santa Ana, Bob Shane scrutò il cielo e decise che era imminente un acquazzone di fine stagione.

Gli alberi di fico nel prato della casa di fronte e le palme all’angolo della strada erano immobili nell’aria morta e sembravano curvarsi come sotto il peso della tempesta imminente.

Accanto al registratore di cassa la radio era tenuta bassa. I Beach Boys stavano cantando il loro nuovo successo Surfin’ USA. Considerato il tempo, la loro melodia era fuori luogo; come se qualcuno in luglio si fosse messo a cantare Bianco Natale.

Bob guardò l’orologio: le tre e un quarto.

Entro un quarto d’ora, sarebbe cominciato a piovere a dirotto.

Gli affari erano andati bene la mattina, mentre nel pomeriggio non c’era stato movimento. In quel momento non c’erano clienti nel negozio.

La bottega a conduzione familiare doveva far fronte alla nuova e spietata concorrenza di una catena di negozi di generi alimentari come la 7-Eleven. Bob stava progettando di trasformare la piccola drogheria in un negozio di specialità gastronomiche, ma prendeva tempo perché quel tipo di servizio richiedeva un impegno decisamente maggiore.

Se il temporale era violento avrebbe avuto ben pochi clienti per il resto della giornata. Forse avrebbe chiuso prima e avrebbe portato Laura a vedere un film.

Allontanandosi dalla porta, disse: «Meglio prendere la barca, bambina mia».

Laura era inginocchiata accanto alla prima fila di scaffali, di fronte al registratore di cassa, assorta nel suo lavoro. Dal magazzino Bob aveva portato quattro cartoni di zuppa in scatola e ora Laura se ne stava occupando. Aveva soltanto otto anni, ma era una bambina di cui ci si poteva fidare e le piaceva aiutare in negozio. Dopo aver marcato ogni scatola con il prezzo, le sistemò sugli scaffali e, ricordandosi di ruotare la mercé, mise quelle vecchie davanti a quelle nuove.

Riluttante, alzò lo sguardo. «Barca? Quale barca?»

«Su di sopra, in casa. La barca nello stanzino. A giudicare dal cielo, più tardi avremo sicuramente bisogno di una barca per andare in giro.»

«Ma va’», esclamò lei. «Non abbiamo una barca nello stanzino.»

Bob girò dietro la cassa. «Una bella barchetta blu.»

«Ah sì? In uno stanzino? Quale stanzino?»

Bob cominciò a sistemare i pacchetti di Slim Jims sull’apposito espositore di metallo accanto alle confezioni di salatini. «Ma lo stanzino della biblioteca, naturalmente!»

«Ma noi non abbiamo una biblioteca.»

«No? Be’, adesso che me l’hai detto, la barca non è nella biblioteca. E nello stanzino che si trova nella stanza di Sir Rospo.»

Laura ridacchiò. «Ma quale rospo?»

«Come, vuoi farmi credere di non sapere nulla di Sir Rospo?»

Sorridendo la bimba scosse la testa.

«Oggi come oggi affittiamo una stanza a un onesto e raffinato rospo inglese. Un rospo gentiluomo che è qui per trattare affari per conto della regina.»

Il cielo fu scosso dai primi lampi e tuoni. La radio trasmetteva, insieme con le scariche, Rhythm of the Rain.