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Laura non prestava alcuna attenzione al temporale, non la spaventavano le cose di cui la maggior parte dei bambini ha paura. Era così sicura e padrona di sé che a volte sembrava una vecchia signora travestita da bambina. «Ma perché la regina lascia che un rospo si occupi dei suoi affari?»

«I rospi sono eccellenti uomini d’affari», rispose Bob, aprendo un pacchetto di Slim Jims e prendendone una manciata. Da quando Janet era morta e si erano trasferiti in California per ricominciare tutto da capo, aveva messo su un bel po’ di chili. Non era mai stato un bell’uomo e ora che aveva trentotto anni ed era diventato grassottello, aveva poche possibilità di far girare la testa a una donna. E non era neppure un uomo di successo. Nessuno sarebbe diventato ricco con una botteguccia come la sua. Ma lui non ci faceva caso; aveva Laura ed era un buon padre e lei lo amava con tutto il cuore; quindi ciò che il resto del mondo poteva pensare di lui non aveva assolutamente importanza. «Sì, i rospi sono veramente degli eccellenti uomini d’affari. La famiglia di questo rospo ha servito la corona per centinaia di anni, gli hanno addirittura dato il titolo, Sir Thomas Rospo.»

I lampi si erano fatti più luminosi e i tuoni fecero tremare le pareti.

Laura aveva terminato di sistemare i barattoli sugli scaffali, si alzò e si pulì le mani sul grembiule bianco che indossava sopra la maglietta e i jeans. Era proprio graziosa; con quei bei capelli castani e i grandi occhi scuri, ricordava sua madre in modo sorprendente. «E quanto paga d’affitto Sir Thomas Rospo?»

«Sei pence la settimana.»

«Sta nella stanza accanto alla mia?»

«Sì, la stanza dove c’è la barchetta nello stanzino.»

Rise di nuovo. «Be’, farà meglio a non russare.»

«Lui ha detto la stessa cosa di te.»

Una vecchia Buick malconcia si arrestò davanti al negozio e mentre il guidatore apriva la porta, un terzo fulmine squarciò il cielo che andava oscurandosi. I lampi incendiarono la strada illuminando sinistramente la Buick parcheggiata e le auto di passaggio. Il tuono che seguì scosse l’edificio fino alle fondamenta.

«Wow!» esclamò Laura, andando con passo sicuro verso le vetrine.

La pioggia non aveva ancora cominciato a cadere, ma il vento soffiò improvviso da ovest, trascinando con sé foglie e cartacce.

L’uomo che uscì dalla decrepita Buick blu fissava il cielo attonito. Fulmini e saette cominciarono a squarciare le scure nubi, rispecchiandosi come lame taglienti sulle finestre e sulle auto e a ogni lampo seguiva un tuono che colpiva con tale violenza che sembrava provenire direttamente dalla mano di Dio.

I lampi terrorizzavano Bob. Quando chiamò Laura lei si precipitò dietro il bancone e si lasciò appoggiare una mano sulla spalla, probabilmente più per dare conforto a suo padre che non a se stessa.

L’uomo della Buick si affrettò a entrare nel negozio. Guardando il cielo sconvolto dai fulmini disse: «Visto che roba? Accidenti!»

L’eco del tuono si spense e il silenzio ritornò.

Cominciò a piovere. Prima grosse gocce che colpirono le vetrine debolmente, poi la pioggia divenne torrenziale, una vera cortina al di là della quale non si vedeva nulla.

Il cliente si voltò e sorrise. «Che spettacolo, eh?»

Bob stava per rispondere ma si zittì quando osservò con più attenzione l’uomo. Presagì il pericolo con la stessa sensibilità con cui un cervo può sentire un lupo in agguato. L’individuo indossava un paio di logori stivali di gomma, dei jeans sporchi e sopra una lurida maglietta bianca portava una giacca a vento macchiata, semiallacciata. Aveva la barba incolta e i capelli arruffati dal vento erano unti. Gli occhi febbricitanti erano iniettati di sangue: era un drogato. Avvicinandosi al bancone, da sotto la giacca a vento estrasse una rivoltella e l’apparizione di quell’arma non fu una sorpresa per Bob.

«Dammi quello che hai in cassa, stronzo.»

«Subito.»

«Svelto!»

«Sì, sì, ma stia calmo.»

Il drogato si inumidì le labbra screpolate. «Ehi stronzo, non fare il duro con me.»

«Okay, okay. Ecco», disse Bob cercando di proteggere Laura dietro di sé con una mano.

«Lasciala. Voglio vederla. Voglio vederla bene! Fammi vedere quella fottutissima bambina!»

«Va bene, ma non si agiti.»

L’uomo era fuori di sé, teso come una corda di violino, e tutto il corpo tremava visibilmente. «Lì, lì dove posso vederla. E tu non toccare nient’altro che la cassa. Non ti muovere, non cercare pistole o ti faccio saltare le cervella.»

«Non ho una pistola», lo rassicurò Bob. Lanciò un’occhiata in direzione della vetrina, nella speranza che non sopraggiungessero altri clienti proprio in quel momento. Il drogato sembrava così eccitato che avrebbe potuto colpire chiunque fosse entrato nel negozio.

Laura cercò di spostarsi lentamente da dietro suo padre, ma l’uomo sbraitò: «Ehi, non ti muovere!»

«Ma ha solo otto anni…»

«È una puttana. Grandi o piccole sono tutte delle fottutissime puttane!»

Aveva la voce strozzata. Sembrava ancora più spaventato di Bob e questo non fece che terrorizzare ulteriormente il pover’uomo.

Nonostante la sua attenzione fosse tutta concentrata sul rapinatore e la sua rivoltella, Bob sentì le note di The End of the World, un pezzo di Skeeter Davis, provenire dalla radio. Gli parvero di cattivo auspicio. E sull’onda della superstizione — perdonabile in un uomo che viene tenuto sotto il tiro di una pistola — Bob pregò che quella canzone finisse.

«Ecco, i soldi. Tutto quello che ho. Li prenda!»

L’uomo ripulì la cassa, infilò il bottino nella lurida giacca a vento, e chiese: «Nel retro c’è un magazzino, vero?»

«Perché?»

Con un gesto stizzito, il drogato spazzò dal banco tutta la mercé esposta, facendola cadere a terra. Brandendo la pistola in direzione del proprietario, sbraitò: «Brutto stronzo, so che c’è un magazzino! E adesso andiamo. Nel magazzino!»

Bob spalancò la bocca. «Senta, prenda il denaro e se ne vada. Ha avuto ciò che voleva e adesso per favore vada via.»

Sogghignando, più sicuro di sé con i soldi in tasca e incoraggiato dal terrore che leggeva negli occhi di Bob l’uomo rispose: «Non ti preoccupare, non voglio uccidere nessuno. Ehi, non sono un assassino, che cosa credi? Mi piacciono solo le femmine, ecco tutto. Voglio solo divertirmi con quella puttanella, poi me ne vado di qui.»

Bob si maledisse per non aver avuto una pistola. Laura era immobile, aveva fiducia in lui, e lui non poteva fare niente per salvarla. Quando sarebbero andati nel magazzino, avrebbe aggredito il drogato cercando di disarmarlo. Ma era grasso e lento, incapace di movimenti agili e fulminei. Sarebbe finito a terra mentre quel lurido bastardo portava Laura nel retro e la violentava.

«Muoviti!» gridò spazientito. «Ora!»

Si udì un colpo. Laura lanciò un urlo e Bob la strinse a sé per proteggerla. Il drogato, colpito alla tempia, piombò sui pacchetti di patatine e di chewing-gum. Era morto così in fretta che non aveva avuto neppure il tempo di premere il grilletto.

Sbigottito, Bob si voltò e vide alla sua destra un uomo alto e biondo che impugnava una pistola. Doveva essere entrato dal retro e si era infilato silenziosamente nel magazzino. Appena varcata la soglia del negozio aveva sparato al drogato senza alcun avvertimento. Fissava il corpo senza vita con aria impassibile, come se fosse abituato a quel tipo di azioni.

«Grazie al cielo», disse Bob, «la polizia.»

«Non sono un poliziotto.» L’uomo indossava un paio di ampi pantaloni grigi, una camicia bianca e una giacca scura sotto la quale s’intravedeva una fondina.