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Bob era confuso e si chiese se il nuovo arrivato non fosse un altro ladro venuto a finire il lavoretto che il drogato era stato così violentemente costretto a interrompere.

Lo sconosciuto alzò lo sguardo. I suoi occhi erano di un blu chiaro, limpidi e schietti.

Bob fu sicuro di aver già visto quell’uomo, ma non ricordava né dove né quando.

Lo sconosciuto guardò Laura. «Tutto bene, tesoro?»

«Sì», rispose la bambina, stringendosi più forte al padre.

Lo sconosciuto attraversò la stanza evitando il corpo, che adesso puzzava di urina, e chiuse a chiave la porta d’ingresso. Accostò le tendine e guardò preoccupato le vetrine sulle quali scrosciava la pioggia. «Non ci sarà modo di coprirle, immagino. Dobbiamo solo sperare che nessuno passi e guardi dentro.»

«Che cosa volete fare di noi?» chiese Bob.

«Io? Nulla. Non sono un delinquente. Non voglio nulla da voi. Ho chiuso la porta solo per decidere cosa racconterà alla polizia. Ma dobbiamo sbrigarci, prima che qualcuno entri e lo veda.»

«Ma… ma perché ho bisogno di una storia?»

Lo sconosciuto si chinò sul corpo e dalle tasche della giacca a vento macchiata di sangue tirò fuori le chiavi dell’automobile e il denaro. Alzandosi disse: «Ecco. Dovrà dirgli che erano in due. Questo voleva Laura, ma l’altro era così disgustato dall’idea di violentare una bambina che voleva semplicemente andarsene. Ne è seguita una discussione e l’altro ha sparato al complice e ha tagliato la corda con i soldi. Riuscirà a raccontarla in modo che sia credibile?»

Bob era confuso. Con un braccio teneva stretta a sé la figlia. «Io… io non capisco. Lei non era con lui. Non è nei guai per averlo ucciso. Lui ci stava ammazzando. Perché non dobbiamo raccontare che cosa è veramente successo?»

Avvicinandosi alla cassa per restituirgli il denaro, lo sconosciuto chiese: «E qual è la verità?»

«Be’… è capitato qui e ha visto che cosa stava succedendo.»

«Ma io non sono capitato qui, Bob. Io sto vegliando su di voi.»

Infilando la pistola nella fondina, l’uomo abbassò lo sguardo su Laura.

Lei lo fissava con gli occhi spalancati. Lui le sorrise e le sussurrò: «L’angelo custode».

Non credendo agli angeli custodi, Bob disse: «Vegliando su di noi? Ma da dove? Da quanto? E perché?»

Con una voce che tradiva una certa urgenza e un vago, indefinibile accento, che solo allora Bob notò, lo sconosciuto rispose: «Questo non posso dirglielo». Guardò le vetrine bagnate di pioggia e riprese: «Non posso affrontare un colloquio con la polizia. Perciò deve imparare questa storia, e alla svelta».

«Ma dove l’ho conosciuta?»

«Non mi conosce.»

«Sono sicuro di averla già vista.»

«Si sbaglia. E comunque non ha bisogno di saperlo. Ma ora, per l’amor del cielo, nasconda quel denaro e lasci la cassa vuota. Sarebbe alquanto strano che il rapinatore se ne fosse andato senza il denaro. Prenderò la Buick e l’abbandonerò a qualche isolato da qui, così potrà descriverla ai poliziotti. Dia pure anche la mia descrizione, tanto non cambia nulla…»

Fuori si sentiva ancora tuonare, ma il temporale si era ormai allontanato.

L’aria umida si fece pesante quando l’odore rancido del sangue, più lento a sprigionarsi cominciò a mischiarsi al fetore dell’urina.

Nauseato, appoggiato al bancone, ma tenendo sempre Laura stretta a sé, Bob domandò: «Ma perché non posso raccontare come ha sventato la rapina, ucciso l’uomo e poi è sparito nel nulla visto che non vuole farsi pubblicità?»

Spazientito, lo sconosciuto alzò la voce. «Un uomo armato che capita proprio da queste parti mentre è in corso una rapina e decide di fare l’eroe? Ma non crederanno mai a una storia come questa!»

«Ma è la verità.»

«Ma non la berranno mai. Senta, cominceranno a pensare che sia stato lei a uccidere il delinquente. E dal momento che non possiede un’arma, almeno ufficialmente, cominceranno a pensare che si trattasse di un’arma illegale, che ha fatto sparire subito dopo averlo ammazzato, architettando poi questa storia assurda su uno strano Cavaliere Solitario che le ha salvato la pelle.»

«Ma io sono un rispettabile uomo d’affari e godo di un’ottima reputazione!»

Gli occhi dello sconosciuto si velarono di una strana tristezza. «Bob, lei è un brav’uomo, ma a volte è un po’… ingenuo.»

«Ma che cosa sta…?»

Lo sconosciuto levò una mano per zittirlo. «Quando un uomo viene a trovarsi in una situazione difficile, la sua reputazione non vale mai tanto quanto dovrebbe. La maggior parte delle persone ha buon cuore e concede sempre il beneficio del dubbio, ma quei pochi che hanno l’animo perfido non desiderano che vedere il loro prossimo in ginocchio, rovinato.» La voce si era fatta un sussurro. «È l’invidia, Bob. Li mangia vivi. Se fosse ricco, invidierebbero il suo denaro. Ma dal momento che non lo è, la invidiano perché ha una bella figlia, buona e dolce. La invidiano perché è un uomo felice, perché non prova invidia nei loro confronti. Una delle più grandi miserie dell’umanità è che tanti non sanno gioire del semplice fatto di esistere, di essere vivi, ma trovano la felicità solo nella miseria degli altri.»

Bob non poteva negare di essere ingenuo e sapeva che lo sconosciuto diceva il vero. Rabbrividì.

Dopo un momento di silenzio l’uomo riprese: «E quando i poliziotti arriveranno alla conclusione che la storia sul Cavaliere Solitario è tutta una menzogna, allora cominceranno a pensare che forse quel drogato non voleva affatto derubarla, che lei lo conosceva e aveva avuto una discussione con lui per una ragione o per l’altra. O addirittura che ha premeditato la sua morte, simulando poi il furto. Queste sono le conclusioni che trarrebbero. E anche se non potranno dimostrare la sua colpevolezza, cercheranno in tutti i modi di renderle la vita impossibile. Vuole davvero che Laura subisca tutto ciò?»

«No.»

«E allora faccia come le ho detto.»

Bob annuì. «Va bene. Ma chi diavolo è lei?»

«Non ha importanza. E adesso non c’è tempo.»

Andò dietro il bancone e si chinò su Laura. «Hai capito quello che ho detto a tuo padre? Se la polizia ti chiede che cosa è accaduto…»

«Lei era con quell’uomo», rispose prontamente indicando il cadavere.

«Giusto.»

«Lei era suo amico», continuò Laura, «ma poi avete cominciato a litigare per colpa mia. Anche se non so bene perché, visto che non ho fatto niente.»

«Non ha importanza il perché, cara», disse lo sconosciuto.

Laura annuì. «E poi gli ha sparato ed è corso via con tutti i soldi e io ho avuto molta paura.»

L’uomo alzò lo sguardo verso Bob. «Otto anni, eh?»

«È una bambina intelligente.»

«Sarebbe comunque meglio che i poliziotti non le rivolgessero troppe domande.»

«Non glielo permetterò.»

«Se lo fanno», li interruppe Laura, «comincerò a piangere e a strillare finché non smettono.»

Lo sconosciuto sorrise. Lo sguardo che rivolse a Laura era così amorevole che Bob si sentì a disagio. Le diede un buffetto sulle guance e inaspettatamente gli si inumidirono gli occhi. Rialzandosi aggiunse: «Bob, nasconda quel denaro. Si ricordi che l’ho portato via io».

Bob obbedì. Infilò alla rinfusa le banconote nella tasca dei pantaloni, nascondendo il rigonfiamento sotto il largo grembiule.

Lo sconosciuto aprì la porta, scostò la tendina e, prima di andarsene, aggiunse: «Si prenda cura di lei, Bob. È speciale». Quindi uscì nella pioggia, lasciò la porta aperta dietro di sé e salì sulla Buick. Uno stridio di gomme segnalò la sua partenza.