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— Figurati. Dove sei, adesso? Stasera io ceno in centro; mi fai compagnia?

— Senz’altro. Può anche darsi che arrivi in tempo, però. Ti ho telefonato solo per essere più tranquillo. Sai cosa facciamo? Diamoci appuntamento dall’orefice. Tu ci andrai alle sei meno cinque per essere sicuro di trovare ancora aperto, e io cercherò di arrivare alla stessa ora, se ce la faccio. Altrimenti aspettami fuori: al massimo alle sei e un quarto sarò lì.

Charlie riappese il ricevitore, e vide che il sarto aveva terminato il lavoro. Pagò, poi uscì e cercò un tassì.

Gli ci vollero cinque minuti per trovarne uno, tuttavia ormai era certo di arrivare dal gioielliere in orario. Aveva fatto male, a disturbare Pete! Alle sei meno cinque sarebbe stato là.

Mancavano appunto pochi secondi a quell’ora, quando scese dal tassì, pagò la corsa e si diresse verso il negozio.

E proprio mentre alzava il piede per attraversare la soglia di “Scorwald Benning”, avvertì un odore singolare. Fece un passo e si accorse subito di cosa si trattava; ma ormai era troppo tardi!

Aveva inspirato profondamente per identificare l’odore, e questo era così forte e puro, che l’aveva riconosciuto in un secondo. Ma i polmoni erano ormai saturi.

Gli sembrò che il pavimento, lontanissimo, si alzasse per venirgli incontro, distorcendosi. Lentamente, ma ineluttabilmente. Gli sembrò di restare sospeso nell’aria per un certo tempo. Poi, prima di atterrare, tutto si fece buio e scomparve.

12

— Etere!

Charlie fissò sbalordito il medico in camice bianco. — Ma dove diavolo posso aver preso tutto quell’etere? — Il sanitario si strinse nelle spalle.

Anche Peter era lì e guardava sopra la spalla del dottore, con una faccia pallida e tirata. — Senti, Charlie, sta arrivando il dottor Palmer — disse. — Aspettiamo che arrivi lui.

Charlie aveva la nausea. Una nausea tremenda. Il medico che aveva detto “Etere!” non c’era più, e neanche il dottor Palmer, ma Peter ora discuteva animatamente con un signore alto e distinto dalla barbetta a punta e dagli occhi di falco.

— Lasciate in pace quel povero ragazzo — stava dicendo Pete. — Diamine, lo conosco da quando è nato! Non ha bisogno di uno psichiatra. Certo ha detto delle bestialità mentre era addormentato, ma non le dicono tutti sotto anestesia?

— Ma, ragazzo mio — la voce dell’uomo alto era untuosa — fraintendete le ragioni per cui i sanitari mi hanno pregato di esaminarlo. Non desidero altro che dimostrare la sua integrità mentale, se possibile. Potrebbe avere avuto un motivo legittimo per prendere quell’etere. E poi, c’è la faccenda della settimana scorsa, quando fu ricoverato la prima volta. Certo un uomo normale…

— Al diavolo! Non l’ha preso da sé, l’etere! Volete capirla? L’ho visto coi miei occhi scendere dal tassì e attraversare la soglia del negozio: camminava con la massima naturalezza, le mani lungo i fianchi. Poi all’improvviso è crollato.

— Avete il sospetto che sia stato qualcuno accanto a lui?

— Non c’era nessuno.

Charlie teneva gli occhi chiusi, ma dal tono di voce dello psichiatra capiva che quello sorrideva. — E allora, ragazzo mio, come sarebbe stato anestetizzato, secondo voi? — disse.

— Per la miseria, non lo so! Dico soltanto che lui non…

— Pete! — Charlie riconobbe il suono della propria voce e si accorse. di aver aperto gli occhi. — Lascia perdere! Digli di farmi pure internare, se vuole! Sono certamente pazzo. Raccontagli del verme e dell’anitra. Fammi portare in manicomio. Raccontagli…

— Ah! — Era di nuovo la voce dell’uomo dalla barba a punta. — Avete già avuto… ehm… allucinazioni?

— Charlie, sta’ zitto! Dottore, il mio amico è ancora sotto l’influsso dell’etere, non dategli ascolto! Non è leale psicanalizzare un tipo che non sa ciò che dice. Io…

— Non è leale? Amico mio, la psichiatria non è uno sport. Vi assicuro che ho a cuore quanto voi gli interessi di questo giovanotto. Forse la sua… ehm… anomalia mentale è curabile e io desidero…

Charlie balzò a sedere sul letto e urlò: — Levatevi dai piedi prima che io…

Tutto ripiombò nelle tenebre.

Nelle tenebre tortuose, dense, fumose e nauseanti… E gli sembrò di strisciare lungo uno stretto tunnel verso una piccola luce. Poi, all’improvviso, seppe di essere nuovamente cosciente. Ma siccome poteva esserci qualcuno, lì intorno, pronto a parlargli e a fargli un sacco di domande se avesse aperto gli occhi, li tenne ben chiusi.

Li tenne ben chiusi e si mise a riflettere.

Doveva esserci una risposta.

Non c’era nessuna risposta.

Un lombrico-angelo.

Ondata di calore.

Anitra in una bacheca di monete.

Ghirlanda di brutti fiori appassiti.

Etere sulla soglia.

Collega queste cose; deve esserci un nesso. Qualcosa che le unisce, che le salda in un insieme coerente. Qualcosa di comprensibile, qualcosa che si può forse modificare. Qualcosa contro cui si può lottare.

Verme. (Worm)

Calore. (Heat)

Anitra. (Duck)

Ghirlanda. (Wreath)

Etere. (Ether)

Verme. (Worm)

Calore. (Heat)

Anitra. (Duck)

Ghirlanda. (Wreath)

Etere. (Ether)

Verme, calore, anitra, ghirlanda, etere, verme, calore, anitra, ghirlanda… Worm, heat, duck, wreath, ether, worm, heat, duck, wreath, ether[1]

Gli battevano in testa come un tormentoso tam-tam; gridavano verso di lui dalle tenebre.

13

Doveva aver dormito, se quello poteva chiamarsi sonno.

Era di nuovo pieno giorno, e c’era soltanto un’infermiera nella stanza.

— Che giorno è? — domandò lui.

— Mercoledì pomeriggio, signor Wills. Posso fare niente per voi?

Mercoledì pomeriggio. Il giorno delle sue nozze.

Non c’era bisogno di trovare scuse per rimandarle, ora Jane sapeva. Tutti sapevano. Qualcosa le aveva rimandate, al posto suo. Lui era stato vigliacco a non averlo fatto da sé, prima…

— Ci sono due persone che desiderano vedervi, signor Wills. Vi sentite abbastanza in forze per riceverle?

— Io… Chi sono?

— Una certa signorina Pemberton e suo padre. C’è anche il signor Johnson. Li faccio passare?

Che diavolo doveva fare?

— Sentite — disse — che cosa ho esattamente? Voglio dire…

— Avete avuto un grave “choc”. Ma poi avete dormito tranquillamente per dodici ore. Fisicamente state bene. Potete anche alzarvi, se ne avete voglia. Però non dovete lasciare l’ospedale, naturalmente.

“Naturalmente” non doveva andarsene. Lo consideravano un candidato al manicomio. Un candidato eccellente. Un giovanotto di belle speranze.

Mercoledì, giorno delle sue nozze.

Jane.

Non poteva sopportare di vedere…

— Sentite — disse — fate passare soltanto il signor Pemberton. Preferirei…

— Certo. Posso fare nient’altro per voi?

Charlie scrollò la testa con tristezza. Provava una gran compassione per se stesso. C’era forse qualcuno che potesse fare qualcosa per lui?

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1

Per le ragioni che vedremo più tardi, diamo nell’originale inglese queste “parole chiave” del racconto. (N.d.T.)