Quando O'Brien riaprì la porta e uscì, lei non era più sul letto.
«Nessuna risposta?» chiese Billy mentre riprendeva la lavagna. Chissà se la sua voce sembrava strana a quell'uomo come sembrava strana a lui.
«Nessuna risposta,» disse O'Brien, aprendo la porta dell'anticamera. Il tempo in quel momento parve rallentare la sua corsa per Billy. Vide chiaramente la porta che si apriva, la linguetta lucida del palettino della serratura, la piastra di metallo sul muro con i fili che pendevano. Perché lo colpivano questi dettagli?
«E non mi date una mancia, signore?» chiese per prolungare l'attesa un attimo di più.
«Fila, prima che ti prenda a calci.»
Billy si ritrovò nel corridoio e il caldo lo colpì con raddoppiata violenza, dopo l'aria fredda dell'appartamento; premeva sulla sua pelle, unendosi e aggiungendosi al calore che aveva invaso la parte bassa del suo corpo. Provava la stessa sensazione che aveva provato la prima volta che si era avvicinato ad una ragazza. Appoggiò la testa contro il muro. Neanche nei film aveva mai veduto una donna come quella e le ragazze che aveva avuto, le aveva appena intraviste nella penombra, e talvolta neppure tanto. Gambe e braccia magre, pelli grigie, sporche come la sua, biancheria stracciata…
Naturalmente. Una sola serratura sulla porta interna, protetta da un segnale antiscasso sopra di essa. Ma l'antiscasso era staccato, aveva visto i fili che pendevano. Egli aveva sentito parlare di queste cose quando Sam-Sam era il Capo delle Tigri. Quella banda aveva fatto un paio di rapine nei negozi, prima che Sam-Sam venisse ucciso dalla polizia. Un piè di porco ben affilato poteva aprire quella porta in un attimo. Ma che cosa c'entrava, questo, con la ragazza? Gli aveva sorriso, no? Poteva darsi che stesse lì ad aspettare, quando il vecchio furfante usciva per andare al lavoro.
Tutte idee balorde, e Billy lo sapeva. La ragazza non lo avrebbe neanche guardato. Ma non gli aveva forse sorriso? L'appartamento era una cosa diversa, un lavoretto rapido da farsi prima che i fili dell'antifurto fossero ricollegati. Il piano del palazzo lo conosceva. Se soltanto vi fosse stato un mezzo per arrivare fin oltre quei due mastini di guardia all'ingresso frontale!
Questo non c'entrava con la ragazza. Ora si trattava di soldi. Scese lentamente le scale, e arrivato al pianterreno si guardò cautamente intorno prima di voltare l'angolo e correre verso lo scantinato.
Alla fortuna bisogna andare incontro. Non vide nessuno e nella seconda stanza in cui si introdusse scoprì una finestra con il filo dell'antiscasso staccato. Forse tutto il palazzo era così, forse rifacevano tutto l'impianto, oppure si era guastato e non avevano potuto farlo riparare. Non aveva importanza. La finestra era coperta di polvere. Alzò il braccio e disegnò un cuore sullo strato sottile di sporcizia, per poterla riconoscere dall'esterno.
«Ce ne hai messo del tempo, ragazzo,» gli disse il portiere quando gli fu davanti.
«Ho dovuto aspettare mentre copiava il telegramma e scriveva la risposta, non ci posso far niente.» Aveva pronunciato quella bugia con un accento di insospettabile sincerità. Era stato facile.
Il portiere non chiese di guardare la lavagna. Con un sibilo dei congegni pneumatici, la saracinesca si aprì e Billy, attraversato il ponte levatoio vuoto, si ritrovò nella strada buia, affollata, sporca e puzzolente.
CAPITOLO TERZO
Al di là del ronzio sommesso del condizionatore d'aria, così costante che l'orecchio abituato non lo udiva più, vi era il rimbombo a singhiozzo della città che batteva come un immenso polso, più sentito che udito. Questo piaceva a Shirl. Le piaceva sentirlo in lontananza, con l'impressione di sicurezza, di protezione, che la notte e lo spessore dei muri le infondevano. Era tardi, già le 03. 24, dicevano le cifre luminose dell'orologio, che mentre le guardava divennero silenziosamente le 03. 25. Cambiò posizione e accanto a lei, nel gran letto, Mike si agitò, brontolando qualcosa nel sonno. Lei rimase totalmente immobile, sperando non si svegliasse. Un momento dopo egli si quietò, si tirò le coperte sulle spalle, il suo respiro divenne nuovamente lento e regolare, e lei poté rilassarsi. L'aria mossa dai condizionatori asciugava il sudore sulla sua pelle, era una sensazione di freschezza su tutto il corpo nudo che le dava uno strano piacere. Aveva dormito alcune ore, prima che Mike venisse a letto e la svegliasse, ed erano bastate. Con gesti lenti si alzò e rimase in piedi davanti all'erogatore dell'aria, così che il flusso le scorresse sul corpo. Si passò le mani sulla pelle e sussultò nello sfiorare i seni indolenziti. Mike era sempre troppo brutale e su una pelle come la sua lasciava i segni: domani sarebbe stata piena di lividi e avrebbe dovuto ricorrere ad un trucco pesante per nasconderli. Mike si arrabbiava se notava la minima traccia di contusioni o di lividi, ma non badava minimamente a non farle male. Sopra il condizionatore d'aria applicato alla finestra, le tende non si toccavano e dalla spaccatura l'oscurità cittadina penetrava nella stanza, con le sue luci rade come occhi di animali nell'ombra. Shirley le chiuse subito con un colpetto affinché rimanessero unite.
Mike emise un sonoro gorgoglio, rumore sconcertante per chi non vi fosse abituato; ma Shirl lo aveva sentito molto spesso. Quando russava così, voleva dire che era profondamente addormentato. Chissà se lei poteva fare una doccia senza che lui se ne accorgesse? I suoi piedi nudi non facevano alcun rumore sul tappeto, e chiuse la porta del bagno così lentamente che non si sentì neppure lo scatto della chiusura. Benissimo! Accese le lampade fluorescenti e sorrise al rivestimento di plastica marmorea, alla rubinetteria dorata, all'abbondanza di illuminazione. Le pareti erano acusticamente isolate, ma se non fosse stato profondamente addormentato, Mike avrebbe certamente udito il martellare dell'acqua nelle tubazioni. A un tratto ebbe un timore, trattenne il respiro e in punta di piedi guardò l'indicatore di livello. Per fortuna, pensò con un sospiro di sollievo, Mike aveva lasciato aperto. Con quello che costava l'acqua, Mike chiudeva sempre a chiave, durante il giorno, perché la donna a ore ne aveva rubata troppa. Così, aveva proibito anche a Shirl di fare la doccia. Ma lui ne faceva in continuazione e se Shirl gliene sottraeva una di tanto in tanto, egli non se ne accorgeva, sull'indicatore.
La doccia era fresca, deliziosa; vi rimase più a lungo di quanto avesse inteso. Guardò con un senso di colpa l'indicatore. Dopo essersi asciugata, riprese la salvietta, asciugò ogni traccia d'acqua nella vasca, sulla parete del bagno e sul pavimento, poi affondò l'asciugamano in fondo al cestino della biancheria da lavare dov'egli non l'avrebbe mai potuto trovare. La sua pelle vibrava, si sentiva meravigliosamente bene. Sorrise a se stessa mentre si passava il talco sulla pelle. Hai ventitré anni, Shirl, e sei identica e altrettanto snella di quando ne avevi diciannove. Salvo il petto, forse; ora usava un reggiseno più grande; ma quello non era un difetto, agli uomini piaceva. Prese una vestaglia pulita nell'armadio e se la infilò.
Mike russava ancora quando lei attraversò la stanza da letto; in quei giorni pareva esausto: si stancava, probabilmente, perché doveva portare in giro, con un caldo simile, quel corpo enorme. Da un anno che Shirl conviveva con lui, era aumentato di almeno otto chili, tutti, a quanto pareva, intorno alla vita. Ma lui non vi badava e lei cercava di non notarlo. Accese la TV e andò in cucina a bere qualcosa. La roba costosa, la birra e l'unica bottiglia di whisky, erano solo per Mike, ma a lei non importava bere questa o quella cosa, purché il sapore fosse gradevole. Vi era anche una bottiglia di vodka. Mike poteva procurarsi tutto ciò che voleva, e la vodka, con un succo concentrato d'arancio, era una bibita piacevole. Aggiungendo un po' di zucchero.