Un volto d'uomo riempiva tutto lo schermo da cinquanta pollici, e formava parole senza suono, guardando proprio nella sua direzione. Shirl strinse sul petto la vestaglia semiaperta e l'abbottonò. Le venne da ridere, come ogni volta, perché pur sapendo che quell'uomo non la poteva vedere, il suo sguardo la metteva sempre a disagio. I telecomandi dell'apparecchio erano sul bracciolo del divano, ella vi si rannicchiò vicino, col bicchiere in mano, e premette il bottone. Su quel canale vi era una corsa automobilistica, sull'altro un vecchio film di John Barrymore, tutto saltellante e antiquato. Non le piaceva. Saggiò tutti i canali finché si fermò, come sempre o quasi, sul diciannovesimo canale, quello della Donna, specializzato in sciropposi melodrammi a puntate, concentrati però in un solo lungometraggio che talvolta andava avanti per ventiquattr'ore senza interruzione. Quello ora in onda non l'aveva mai visto e quando mise la cuffia ne capì il perché: era una specie di romanzo sceneggiato inglese. La gente parlava con strane inflessioni di voce e usava alcune espressioni per lei incomprensibili. Però quando innestò il suono, l'intreccio le parve interessante. Una donna aveva appena partorito, era tutta sudata e senza trucco, e il marito della donna era in prigione, ma in quel momento si era saputo che era evaso. Il vero padre del neonato (fra l'altro quel neonato era afflitto dal morbo blu, lo avevano appena detto in quel momento) era il fratello stesso del marito. Shirl bevette un sorso della sua bibita e si installò comodamente.
Alle sei chiuse la televisione, lavò e asciugò il bicchiere e si vestì. Tab arrivava alle sette e Shirl voleva fare la spesa subito, con il fresco. Silenziosamente, per non svegliare Mike, portò i suoi abiti nel soggiorno: mutandine, reggiseno e il suo vecchio vestito grigio senza maniche. Era vecchio, sbiadito a sufficienza, andava bene per la spesa. Niente gioielli né trucco, per non provocare guai. Non faceva mai colazione al mattino, perché era un modo facile di tenere basse le calorie, ma bevette una tazza di kofee prima di uscire. Erano esattamente le sette quando verificò se aveva con sé la chiave e il denaro; prese la borsa della spesa e uscì.
«Buongiorno, signora,» disse il ragazzo dell'ascensore, aprendo la porta con un inchino e facendole un sorriso che scopriva una fila di denti poco in ordine. «Avremo un'altra giornata torrida, oggi.»
«Erano già ventotto gradi all'ultimo bollettino.»
«A dire molto poco!» La porta si chiuse e l'ascensore discese con un sibilo giù per il suo pozzo. «Misurano la temperatura all'ultimo piano dell'edificio, ma scommetto che per la strada fa più caldo di così.»
«Molto probabilmente.»
Nell'atrio, il portiere Charlie, che la vide nel momento stesso in cui si aprì l'ascensore, si mise a parlare nel microfono nascosto. «Ancora una giornata torrida,» le disse quando gli fu vicino.
«Buongiorno, signorina Shirl,» disse Tab che usciva dalla stanza dei guardiani.
Lei sorrise, era felice come sempre di vederlo, la migliore guardia del corpo, il migliore gorilla che avesse mai avuto, e l'unico che non avesse fatto degli approcci. Le piaceva non soltanto per questo, ma perché era un uomo che non avrebbe mai pensato di comportarsi male. Era sposato felicemente, aveva tre bambini, e aveva raccontato tutto a Shirley, di Amy sua moglie e dei ragazzi. No, non era proprio quel tipo d'uomo.
Ed era comunque un'ottima guardia del corpo. Non c'era bisogno di notare gli anelli con le punte, del pugno americano di cui era munita la sua mano sinistra, per capire che sapeva difendersi. Non era alto, ma le spalle larghe e il rigonfiamento muscolare delle sue braccia parlavano da soli. Le prese dalle mani il borsellino e lo mise nella tasca della giacca, che abbottonò; poi prese la sporta. Quando la porta si aprì passò per primo: gesto contrario alle buone usanze in società, ma ottima usanza per una guardia del corpo. Faceva caldo. Più di quanto Shirl si aspettasse.
«Nessun bollettino personale sul caldo, Tab?» chiese lei socchiudendo gli occhi per guardare, attraverso la calura, la strada già affollata.
«Credo che ne avrete uditi già abbastanza, signorina Shirl. Io so che ne ho uditi almeno una dozzina, nel venire qui, stamane.» Non la guardava, mentre parlava. I suoi occhi spazzavano automaticamente e professionalmente la strada. In generale si muoveva lentamente e parlava lentamente. Era da parte sua una scelta intenzionale, perché certuni si aspettavano sempre che un negro fosse così. Se spuntava un guaio, spariva in un secondo, perché lui credeva fermamente nella prima botta per imporsi, e se questa era data bene, la seconda o la terza non occorrevano più.
«Avete in mente qualcosa di speciale oggi?» chiese.
«La spesa per la cena soltanto, poi andiamo da Schmidt.»
«Prenderete un mezzo per andarvi, così risparmiate energia per la discussione.»
«Sì, oggi credo di sì.» I mezzi di trasporto costavano poco. In generale Shirl andava a piedi perché le piaceva camminare. Oggi però faceva troppo caldo. C'era già una fila di taxi a pedali, i peditaxi, in attesa. I conducenti, per la maggior parte, si erano accovacciati nell'ombra scarsa dei sedili posteriori. Tab la condusse al secondo della fila e tenne fermo lo schienale mentre lei saliva.
«Cosa c'è che non ti va, per me?» disse arrabbiato il primo conducente della fila.
«Hai una gomma a terra, se lo vuoi sapere,» disse tranquillamente Tab.
«Non è a terra, è soltanto un po' bassa, tu non puoi…»
«Togliti dai piedi!» sibilò Tab e alzò di pochi centimetri i suoi pugni chiusi. Le punte d'acciaio luccicarono. L'uomo del secondo peditaxi montò sul sellino e si mise a pedalare. Gli altri conducenti voltarono le spalle e tacquero. «Al mercato di Gramercy,» ordinò Tab.
Il conducente pedalava piano, in modo che Tab potesse seguirlo senza correre, eppure era tutto sudato. Le sue spalle andavano su e giù davanti a Shirl e lei vedeva i rivoli di sudore che gli scendevano sul collo e perfino la forfora sui suoi capelli sottili. Stare così vicino alle persone le dava fastidio. Si voltò a guardare la strada: gente che passava trascinando i piedi, altri peditaxi, più veloci, che sorpassavano i lenti rimorchi di camion trainati da uomini, con il loro carico ben coperto. Il bar all'angolo di Park Avenue aveva esposto un cartello: “Oggi birra, 2 p. m. “, e già c'era gente che faceva la coda. Era un lungo attendere per ottenere un bicchiere di birra, specialmente al prezzo che la mettevano quest'anno. Non ce n'era mai molta, parlavano sempre di assegnazioni di grano o altro, ma con quel caldo, appena ne arrivava un po' spariva subito e a prezzi favolosi. Voltarono per via Lexington e si fermarono all'angolo della 22a Strada. Lei scese e attese nell'ombra dell'edificio mentre Tab pagava il conducente. Un rauco vociare proveniva dalle bancarelle del mercatino alimentare che ormai aveva invaso e soffocato Gramercy Park. Shirl prese fiato, e con Tab accanto in modo da poter appoggiare la mano sul suo braccio, attraversò la strada.
All'ingresso del mercato vi erano i palchetti con le pile di multicolori crackers di alghe, pile che salivano molto in alto, rosse, marrone e di un verde azzurro.
«Tre libbre di verdi,» disse all'uomo della bancarella dove era solita fare i suoi acquisti. Guardò il cartellino del prezzo. «Ancora aumentati di dieci cents la libbra!»
«È il prezzo che li pago io, signora, non c'è più guadagno per me.» Mise un peso sulla bilancia e scosse un sacco di crackers sull'altro piatto.
«Ma perché aumentano continuamente?» Prese un pezzo di cracker dalla bilancia e si mise a masticare. Il colore del biscotto variava secondo le alghe adoperate e quelli verdi avevano miglior sapore, o perlomeno le pareva. L'odore di iodio non si sentiva tanto.
«Richiesta e offerta, richiesta e offerta.» Gettò i biscotti nella borsa che Tab manteneva aperta. «Più c'è gente al mondo e meno roba c'è in giro. Ho sentito dire che devono coltivare le alghe in mari molto lontani. Più lungo è il trasporto e più alto il prezzo.» Recitava quella litania di causa ed effetto con voce monotona, pareva un disco molto suonato.