«C'è qualcuno che verrà a stare con me, qui, per un po' di tempo, Sol. Non so quanto tempo.»
«La stanza è tua, caro. Conosco il giovanotto?»
«Non direi. E poi non è un giovanotto.»
«Ah, ah, tutto si spiega.» Fece schioccare le dita. «Non sarà mica la puledrina di Big Mike, quella che tu vedi sempre?»
«Sì, è lei. Si chiama Shirl.»
«Un bel nome, una bella ragazza,» disse Sol alzandosi e andando verso la porta. «Sta' attento a non bruciarti le dita, ragazzo mio.»
Andy stava per dire qualcosa ma Sol era già uscito dalla stanza e aveva chiuso la porta dietro di sé. Un po' più forte del necessario. Quando Andy uscì, più tardi, egli non distolse lo sguardo dalla Tv né gli rivolse la parola.
Era stata una lunga giornata di lavoro e Andy aveva male ai piedi, al collo, agli occhi che gli bruciavano; si chiese perché Sol se la fosse presa. Non conosceva Shirl, quindi che cosa aveva da ridire? Attraversando la città sotto la pioggia che ora cadeva piano, pensò a Shirley e senza accorgersene si mise a fischiare. Aveva paura, era stanco, e desiderava tanto vederla. Le torri e le guglie di Chelsea Park si stagliarono davanti a lui attraverso la pioggia. Il portiere gli fece un saluto col capo mentre attraversava il ponte levatoio.
Shirl gli apri la porta, indossava quell'abito d'argento che aveva la prima sera che si erano incontrati, con un minuscolo grembiule annodato in vita. Un fermaglio d'argento le teneva a posto i capelli ed aveva un bracciale dello stesso stile al braccio destro e degli anelli su tutt'e due le mani.
«Non mi bagnare,» gli disse, tendendogli il viso per baciarlo. «Mi sono messa le mie cose migliori per la nostra festicciola.»
«E io sembro un salame,» disse Andy togliendosi l'impermeabile.
«Sciocchezze, sembri uno che ha lavorato tutto il giorno in ufficio o non so come chiami quel posto dove lavori. Hai bisogno di rifarti. Appendi quella roba nella doccia e asciugati i capelli prima di buscarti un raffreddore. Poi vieni nel soggiorno, c'è una sorpresa.»
«Che cos'è?» le gridò quando si fu allontanata.
«Se te lo dico non sarà più una sorpresa,» rispose con l'affascinante logica femminile.
Shirl si era tolta il grembiulino e lo aspettava nel soggiorno, in piedi, fierissima, accanto al tavolo. Due lunghe candele facevano brillare le posate, la porcellana dei piatti, il cristallo dei bicchieri. Una tovaglia bianca ricadeva con pieghe gonfie dai bordi del tavolo. «E non è tutto,» disse Shirl puntando il dito verso l'estremità del tavolo dove, da un secchiello d'argento, spuntava il collo di una bottiglia.
Andy vide che il tappo era legato da rete metallica, e che il secchio era pieno di cubetti di ghiaccio e di acqua. Alzò la bottiglia, portò l'etichetta sotto la luce, e la lesse ad alta voce:
«“Vino francese di Champagne, vino raro, selezionato effervescente, di nobile origine. Artificialmente colorato, insaporito, addolcito e carbonato”.» Lo rimise accuratamente dentro il secchio. «Avevamo anche noi del vino, in California, quand'ero bambino e mio padre me lo aveva fatto assaggiare. Ma non ne ricordo il sapore. Shirl, finirai per viziarmi con queste blandizie. E mi hai anche imbrogliato, mi hai detto che tutti i liquori erano finiti, e invece avevi nascosto questa bottiglia.»
«Io, no! L'ho comprata oggi, intenzionalmente, per la nostra cena. È venuto l'uomo che forniva i liquori a Mike, sta nel New Jersey e manco sapeva che cosa gli era accaduto.»
«Ti sarà costato un capitale.»
«Meno di quanto credi. Gli ho rivenduto tutte le bottiglie vuote e mi ha fatto un prezzo speciale. Ora aprila per l'amor di Dio, e assaggiamolo.»
Andy ebbe il suo da fare col filo metallico che tratteneva il tappo. Aveva visto alla TV gli attori che stappavano bottiglie come questa, ma sembrava molto più facile. Vi riuscì finalmente e si udì un bang” ben chiaro quando saltò il tappo che attraversò tutta la stanza mentre Shirl accostava il suo bicchiere, per raccogliere la spuma come le aveva insegnato l'uomo dei liquori.
«Alla nostra salute,» disse lei e brindarono.
«È molto buono, non avevo mai assaggiato nulla di simile finora.»
«E nemmeno avrai assaggiato un pranzo come questo prima d'oggi,» disse Shirl correndo verso la cucina. «Ora siediti, beviti il tuo vino e guarda la TV, mi occorrono ancora cinque minuti.»
Il primo piatto era una minestra di lenticchie, ma con un sapore migliorato, più ricco del solito. Era sugo di carne, spiegò Shirl, quello dell'arrosto. Col tilapia servì una salsa bianca, con foglie di crescione sparse sopra, e pallottoline di crackers d'alga, poi insalata di crescione di mare. Il vino andava bene con tutto e Andy sospirava già di soddisfazione per il piacevole senso di insolita sazietà, quando Shirley portò il kofee e il dolce, una gelatina di agar-agar profumata, ricoperta di latte di soia. Andy brontolò un po' ma non fece fatica a mangiarlo.
«Tu fumi tabacco?» disse Shirl mentre sgomberava il tavolo.
Si appoggiò sullo schienale della poltrona, gli occhi socchiusi e squisitamente disteso. «Data la paga di un poliziotto, no di certo, Shirl. Sei proprio un genio in cucina, diventerò esigente se continuo a mangiare i tuoi manicaretti.»
«Bisogna viziare gli uomini, è più facile poi vivere con loro. Peccato che tu non fumi, perché ho trovato due sigari rimasti in una scatola che Mike aveva nascosto e che avevo messo via per qualche ospite speciale.»
«Portali al mercato delle pulci, li venderai bene.»
«No, non posso, non mi sembra giusto.»
Andy si alzò. «Se vuoi fare una cosa ben fatta, io so che Sol aveva l'abitudine di fumare. È il vecchio che sta con me, nella stanza accanto, te l'ho già detto. Lo metterà di buon umore. Siamo molto amici.»
«È una meravigliosa idea,» rispose Shirl intuendo un senso di timore nelle parole di Andy. Chiunque fosse quel Sol, Shirl voleva riuscirgli simpatica, dato che viveva nella stanza accanto. «Li metto nella valigia.» Portò il vassoio in cucina.
Dopo aver pulito i piatti andò in camera da letto a finire le valigie e chiamò Andy per aiutarla a prendere l'ultima valigia sullo scaffale più alto. Si cambiò per uscire e Andy l'aiutò ad aprire la chiusura lampo, gesto che ottenne esattamente l'effetto che lei scontava.
Era mezzanotte quando finì di riempire l'ultima borsa. Si era messa un abito grigio da passeggio ed era pronta a partire.
«Non dimentichi nulla?» chiese Andy.
«Non credo, ma darò un'ultima occhiata in giro.»
«Shirl, quando sei venuta, voglio dire quando ti sei installata qui, non hai portato con te biancheria, cioè asciugamani, lenzuoli… ?» Guardava in direzione del letto e pareva turbato.
«No, niente di tutto questo, avevo solo una borsa e alcuni abiti.»
«Speravo proprio che qualche lenzuolo fosse tuo. Vedi, io ne ho uno solo ed è già vecchio; costano un patrimonio oggigiorno; anche quelli usati.»
Lei rise. «Tu parli come se avessi intenzione di passare gran parte del tuo tempo a letto. Ora che mi ricordo, sì. Due lenzuoli erano miei.» Aprì la borsa e ve li infilò. «Quello, almeno, me lo doveva.»
Andy portò le valigie sul pianerottolo e suonò per far venire l'ascensore. Shirl rimase un momento a guardare l'appartamento prima di chiudere la porta e poi si affrettò a raggiungerlo.
«Ma non dorme mai?» chiese Andy mentre attraversavano l'atrio e si dirigevano verso Charlie che stava in piedi al suo posto davanti all'ingresso.
«Non ne sono sicura,» disse Shirl. «È sempre presente quando succede qualcosa.»
«Mi spiace vedervi andar via, signorina Greene,» disse Charlie quando gli furono vicini. «Posso prendere le chiavi dell'appartamento ora, se volete.»
«Sarà meglio che le diate una ricevuta,» disse Andy mentre lei porgeva le chiavi.