Qualche ora dopo era deciso ad abbandonare quella giungla arrugginita e crollante, ma non riusciva a trovare la via dell'uscita. Un sole torrido gli batteva sul capo e rimbalzava intorno a lui, riflesso dal selciato screpolato. Percorse l'orlo di un immenso bacino di carenaggio vuoto, asciutto e dimenticato, una specie di cañon silenzioso, colmo di rifiuti, e si sentì come un misero insetto che striscia sull'orlo del mondo. Laggiù correva l'oleoso flusso della East River, che lo isolava dalle lontane torri di Manhattan; il fianco gli doleva quando respirava, e la solitudine opprimeva la sue spalle come un peso agghiacciante.
Una nave quasi interamente demolita stava sulle taccate in bordo all'acqua da cui era stata alata in secco. Le lamiere erano state divelte dai demolitori. Le costole arrugginite sorgevano come lo scheletro di un mostro marino. Il lavoro di demolizione non era stato portato a termine. La parte poppiera della nave era quasi intatta, mentre parte del ponte di comando e la prua non erano state neanche toccate. Nella parte inferiore dello scafo non vi erano aperture. Era una vecchia petroliera, con la paratia longitudinale ancora al suo posto, ma più su, molto in alto, vi erano degli oblò e una porta. Non doveva essere difficile salire su quell'ossatura e Billy si chiese se qualcuno avesse già tentato prima di lui. Forse sì, forse no, non si poteva indovinare. Billy aveva assoluto bisogno di riposare e quella nave gli ricordava casa sua. In qualche luogo doveva pur fermarsi. Con quel pezzo di cemento in mano era difficile arrampicarsi, eppure se lo portò dietro.
Davanti alla porta, all'altezza del ponte di comando, rimaneva un avanzo molto frastagliato di coperta, larga circa mezzo metro. Billy raggiunse quella sporgenza, diede uno sguardo nell'arco vuoto della porta di ingresso alla cabina, col pezzo di cemento sempre pronto in pugno.
«C'è nessuno?» disse a mezza voce. Le aperture circolari che avevano un tempo contenuto gli oblò lasciavano passare grandi fasci di luce all'interno, producendo sulla coperta macchie luminose che rendevano più intensa l'oscurità circostante. «Hello!» disse Bill nuovamente, ma non vi fu che silenzio.
Varcò quella soglia con riluttanza, entrando nell'oscurità del locale. Nessuno questa volta lo colpì, nulla si mosse e le sue palpebre batterono scorgendo una forma scura, resa più scura dal sole esterno, ma era solamente un mucchio di rifiuti. Nell'angolo più remoto vi era un'altra analoga sagoma scura e dovette guardarla ben due volte prima di convincersi che si trattava di un uomo, rannicchiato contro la parete, con le gambe tirate a sé, e che lo guardava fisso.
«Metti giù quella roba, quella che hai in mano,» disse l'uomo sottovoce, quasi in un sussurro. Protese il suo lungo braccio e fece risuonare sulla coperta metallica un lungo spezzone di tubo tutto contorto. Billy lo guardava, con gli occhi sbarrati, e il fianco gli doleva. Lasciò cadere il pezzo di cemento.
«Molto saggio,» disse l'uomo. «Molto saggio.» Si alzò lentamente spiegandosi un pezzo per volta come un metro da carpentiere. Era alto, con lunghe braccia di ragno; magro al punto da parere emaciato. Quando arrivò in un fascio di luce, Billy vide che la sua pelle era tesa sugli zigomi e sul cranio quasi calvo, mentre le sue labbra tirate scoprivano lunghi denti gialli. I suoi occhi erano tondi come quelli di un bambino, e di un azzurro così ceruleo da sembrare quasi trasparente. Non vuoti, ma come una finestra attraverso la quale si guarda, senza che vi sia nulla da vedere dall'altra parte. Continuava a guardare Billy e faceva lentamente dondolare il pezzo di tubo, senza dir nulla, le labbra tirate, i denti scoperti, con un'espressione che poteva essere un sorriso ma anche qualcosa di ben diverso.
Quando Billy indietreggiò lentamente verso la porta, l'estremità del tubo lo toccò, fermandolo. «Cosa vuoi qui?» sussurrò quello.
«Non voglio nulla, vado a…»
«Cosa vuoi?»
«Cercavo un posto per stendermi, sono stanco, non cerco guai.»
«Come ti chiami?» sussurrò ancora, senza muovere gli occhi né battere le ciglia.
«Billy…» ma perché aveva risposto così in fretta? Si morse le labbra. Perché dargli il suo vero nome?
«Hai nulla da mangiare, Billy?»
Voleva mentire, poi ci ripensò. Si frugò nella camicia. «Ecco, ho un paio di crackers d'alghe. Li volete? Sono un po' sbriciolati.»
Il tubo cadde sulla coperta e rotolò lontano mentre l'uomo faceva un passo avanti, le mani congiunte a forma di coppa, alto come una torre a confronto di Billy.
«“Getta il tuo pane sull'acqua, poiché lo ritroverai dopo molti giorni”. Sai che cos'è» disse.
«No, non lo so,» rispose Billy a disagio, lasciando cadere i biscotti nelle mani tese.
«Lo immaginavo,» si lamentò quello, poi si sedette, con le spalle contro la paratia, nello stesso punto di prima. Cominciò a masticare in modo regolare, meccanico. «Tu sei pagano, presumo, un pagano giallo, ma questo non ha importanza. Importerà a te, come al resto delle Sue creature. Vuoi dormire, dormi. Qui c'è posto per due.»
«Posso andarmene, voi eravate qui per primo.»
«Hai paura di me, non è vero?» Billy distolse gli occhi da quello sguardo fisso e l'uomo annuì. «Non dovresti aver paura perché stiamo arrivando al termine della paura. Sai che cosa significa? Lo sai il significato di quest'anno?»
Billy si sedette in silenzio. Non sapeva che cosa rispondere. L'uomo fini di mangiare le ultime briciole, si pulì la mano sui suoi calzoni luridi e sospirò profondamente. «Non puoi sapere. Mettiti a dormire. Qui non c'è nulla di cui preoccuparsi. Nessuno ti verrà a scocciare, abbiamo regole severe di proprietà nella nostra comunità. Generalmente sono soltanto degli stranieri come te che s'introducono qui di nascosto, sebbene anche gli altri lo possano fare se credono che ne valga la pena. Ma non verranno qui, sanno che io non ho niente che gli possa far voglia. Puoi dormire tranquillo.»
Gli sembrava impossibile perfino l'idea di dormire, per stanco che fosse, con quell'uomo strano che lo guardava. Billy si distese nell'angolo opposto, contro il muro, con gli occhi aperti e vigili, chiedendosi che cosa dovesse fare. L'uomo brontolò qualcosa fra sé e si grattò le costole sotto la camicia sottile. Un acuto ronzio risuonò nell'orecchio di Billy ed egli cercò di schiacciare una zanzara sul suo viso. Un'altra lo punse sulla gamba e si grattò in quel punto. Vi era in quel locale un numero incredibile di zanzare. Che fare? Cercare di andarsene?
Con un sussulto si accorse di aver dormito e vide che il sole era basso all'ovest perché entrava quasi orizzontalmente dalla porta aperta. Si alzò a precipizio e si mise seduto, guardandosi intorno; ma la cabina era vuota. Il fianco gli doleva tremendamente.
Il tintinnio metallico si fece nuovamente sentire ed egli capì che era stato quello a svegliarlo. Proveniva dall'esterno. Andò più silenziosamente che poté sino alla soglia e guardò in basso. L'uomo si arrampicava, veniva verso di lui e lo spezzone di tubo che continuava a brandire strisciava sul metallo facendo quel rumore che lo aveva disturbato. Billy si tirò indietro mentre l'uomo lanciava il suo tubo dinnanzi a sé, arrampicandosi e scavalcando l'orlo della coperta per raggiungere quella stretta piattaforma.
«Non hanno aperto le fontane, oggi,» disse, e mostrò un vecchio recipiente tutto imbugnato che si era portato dietro. «Ma ho trovato un posto dove c'era un po' d'acqua rimasta dalla pioggia di ieri. Ne vuoi un po'?»