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Shirl non voleva che lui uscisse quella mattina, ma non aveva potuto fare altrimenti. Sol non stava né meglio né peggio di quanto fosse stato negli ultimi tre giorni. Andy avrebbe preferito stare con lui, per aiutare Shirl, ma non aveva altra scelta. Doveva andare, era di servizio. Lei questo non lo capiva e avevano quasi litigato: a bassa voce, per non svegliare Sol. Sperava di tornare a casa presto, ma il turno in servizio d'ordine pubblico glielo aveva impedito. Perlomeno sarebbe salito a dare un'occhiata per qualche minuto. Sapeva che era penoso, per Shirl, rimanere sola accanto a quel vecchio malato; ma che ci poteva fare?

Musica e risate trillavano in tutte le televisioni e si udivano passando davanti a ogni porta del lungo corridoio; solo il suo appartamento era silenzioso. Ebbe un gelido presentimento. Aprì la porta piano, la stanza era immersa nel buio.

«Shirl?» chiamò in un sussurro, «Sol?»

Non ebbe alcuna risposta e qualcosa di particolare in questo silenzio lo colpì subito. Dov'era più il respiro rapido, stentato, che riempiva la stanza? Azionò la torcia che si mise a ronzare, e il raggio luminoso attraversò la stanza e si pose sul letto, sul viso immobile, sbiancato di Sol. Pareva dormire tranquillamente, e forse dormiva. Ma Andy intuì, ancor prima di toccarlo, che la sua pelle sarebbe stata fredda, e che Sol era morto.

O Dio! pensò, e lei che era rimasta sola con lui qui, nel buio, mentre moriva.

Di colpo avvertì il rumore soffocato dei singhiozzi disperati, dall'altra parte della parete divisoria.

CAPITOLO OTTAVO

«Non ti voglio più sentire!» gridò Billy, ma Peter continuava a parlare, come se Billy non ci fosse, non fosse sdraiato contro di lui, non avesse detto una parola.

«… e io vidi un nuovo cielo ed una nuova terra, perché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi e il mare non c'era più”. Ecco quanto è scritto nella Rivelazione, la verità, se la cerchiamo, la troviamo li. Una rivelazione per noi. Una visione del domani…»

«Piantala!»

Non c'era verso. La voce monotona continuava a macinare parole sul sottofondo del vento che soffiava intorno alla vecchia macchina e s'infilava nelle crepe e nei buchi. Billy tirò un angolo della coperta polverosa fin sopra la testa per attutire il suono di quella voce, ma continuava a sentirla e sotto la coperta non riusciva a respirare. Se la calò sotto il mento e si mise a contemplare su in alto il grigiore oscuro dell'interno della macchina, cercando d'ignorare l'uomo che gli stava accanto. Con i sedili asportati, la limousine formava una stanza unica, non molto spaziosa. Dormivano a fianco a fianco sul pavimento, cercando di avere più caldo possibile nel mucchio di tessuto isolante, di imbottitura sfatta di copertura plastica dei sedili, che costituiva il loro giaciglio. Vi fu un improvviso puzzo di iodio e di fumo quando il vento ricacciò nel tubo di scappamento, usato come camino, le ceneri rimaste nel baule che serviva da fornello. L'ultimo pezzo di carbone marino era stato bruciato sin da una settimana.

Billy aveva dormito, non sapeva quante ore, sino al momento in cui la voce di Peter lo aveva svegliato. Era sicuro, ora, che quell'uomo era pazzo, parlava continuamente da solo. Billy si senti soffocare dalle pareti, dalla polvere, dalla mancanza di spazio e dalle parole senza senso che gli martellavano negli orecchi e riempivano lo spazio angusto della macchina. Si mise in ginocchio, girò la maniglia e abbassò di un dito il finestrino posteriore. Mise la bocca sulla fessura per respirare la gelida freschezza dell'aria. Qualcosa di freddo gli sfiorò le labbra, bagnandole. Si chinò a guardare fuori e vide larghi fiocchi di neve che gli danzavano davanti.

«Io esco,» disse mentre chiudeva il finestrino. Ma Peter non diede segno di averlo inteso. «Io esco, c'è puzzo qui dentro.» Prese il poncho fatto con la fodera di plastica strappata dal sedile anteriore della Buick, infilò la testa nell'apertura e se ne avviluppò tutto. Quando aprì la porta posteriore, un turbine di neve entrò nella macchina. «Puzza, qui dentro, e puzzi pure tu, e per di più sei pazzo.» Billy uscì sbattendo la portiera.

La neve si scioglieva toccando il suolo, ma si appilava sulla gobba tonda delle macchine. Billy ne grattò un poco sul cofano della Buick e se la mise in bocca. Nulla si muoveva in quella oscurità, e tranne il fruscio lievissimo della neve che cadeva, la notte era silenziosa. Facendosi strada fra le macchine ammantate di neve, si avviò verso Canal Street e si diresse all'ovest, verso il fiume Hudson. La strada era stranamente deserta, doveva essere molto tardi, e i pochi taxi in giro si sentivano arrivare da lontano per lo stridio delle loro ruote sulla neve. Si fermò nella Bowery e guardò da un portone un convoglio di cinque rimorchi che passava, affiancato dalle guardie, con gli uomini che trainavano i rimorchi, piegati in due per lo sforzo. Doveva trattarsi di qualcosa di molto prezioso, pensò Billy. Probabilmente viveri. Il suo stomaco brontolò dolorosamente a quell'idea, e si torse le mani. Erano passati quasi due giorni dal suo ultimo pasto. Qui la neve era più alta, si era appilata su un cancello e mentre passava ne fece una palla che si mise in bocca. Quando arrivò in Elizabeth Street, l'attraversò per guardare l'orologio meccanico inserito sulla facciata del palazzo della Comunità Cinese. Poté scorgere a malapena le lancette. Erano appena passate le tre, il che voleva dire che gli rimanevano tre o quattr'ore prima che facesse giorno, tutto il tempo di salire in città e tornare.

Finché camminava aveva abbastanza caldo, sebbene la neve sciolta gli entrasse negli abiti. Ma era un lungo tratto sino alla 23a Strada, e si sentiva molto stanco. Non aveva mangiato molto nelle ultime settimane. Si fermò due volte per riposare, ma appena si fermava il freddo lo assaliva e doveva rimettersi subito in moto. Più andava a nord e più la sua paura cresceva. Perché non dovrei andarci? si chiese scontento, guardandosi intorno nell'oscurità. La polizia mi avrà dimenticato a quest'ora. È stato tanto tempo fa… contò sulle dita. Quattro mesi fa, quasi cinque, in dicembre. La polizia non segue mai un delitto più di quindici giorni, salvo se ammazzi il sindaco o se rubi un milione di dollari, o roba del genere. Fintanto che nessuno lo vedeva, era in una botte di ferro. Già due volte era venuto nel nord della città, nei pressi del suo antico vicinato, e si era fermato li. Non pioveva abbastanza forte, o c'era troppa gente in giro o altro. Ma questa notte la cosa era diversa, la neve lo proteggeva come un muro, sembrava che venisse giù più forte, nessuno lo avrebbe visto. Sarebbe andato sul Columbia Victory, sarebbe sceso nel suo alloggio, li avrebbe svegliati. Erano i suoi parenti, sarebbero stati felici di vederlo, qualunque cosa avesse commesso, ed egli avrebbe potuto spiegare che era tutta una montatura, che lui non era colpevole. E avrebbe mangiato! Sputò nell'oscurità. Loro avevano razioni per quattro e sua madre riusciva sempre a metterne via un po'. Si sarebbe saziato. Polenta d'avena, pezzi grandi come un tavolo, forse cucinati, caldi. E gli abiti, sua madre doveva possedere la maggior parte dei suoi abiti. Si sarebbe messo addosso qualcosa di caldo e preso quel paio di scarpe che era stato di suo padre. Non v'era alcun rischio, nessuno avrebbe saputo che era stato lì. Sarebbe rimasto solo pochi minuti in casa, al massimo mezz'ora, e via! Ne valeva la pena.