«Ma non capisci che è impossibile? Ne riparliamo quando torno.»
Fece girare la chiave nella serratura e rimase un attimo con la mano sulla maniglia per frenare la sua irritazione. «Non litighiamo per queste cose. Fra poco sarò di ritorno e ci preoccuperemo di tutto a quel momento, va bene?»
Non gli rispose. Andy attese un attimo, poi uscì sbattendo la porta dietro di sé. Il puzzo denso dell'altra stanza lo colpì in pieno.
«Belicher,» gridò, «dovete pulire questa stanza. Puzza!»
«Non posso far nulla per il fumo, se non riesco ad avere un pezzo di camino.» Belicher aspirò rumorosamente dal naso e si acquattò con le mani tese su un pezzo di carbone marino acceso, posto in uno di quei coprimozzi pieno di sabbia, dal quale usciva un fumo oleoso che riempiva la stanza e bruciava gli occhi. Il foro del muro esterno, che Sol aveva aperto per farvi passare il camino del fornello, era stato stupidamente ricoperto con un foglio di plastica sottile, che ondeggiava e scricchiolava a ogni soffio di vento.
«Il fumo è l'odore migliore che vi sia qui dentro,» disse Andy. «I vostri bambini hanno ancora usato questa stanza come gabinetto?»
«Non vorrete mica che i bambini scendano tutte quelle scale di notte, vi pare?» si lamentò Belicher.
Ammutolito, Andy si guardò intorno, vide il mucchietto di coperte in un angolo dove la signora Belicher e i bambini più piccoli si erano rincantucciati per avere più caldo. I due ragazzi facevano qualcosa nell'angolo, con le spalle voltate. La debole lampadina proiettava lunghe ombre sulle immondizie che cominciavano ad accumularsi contro lo zoccolo, e sottolineava i nuovi segni scavati sul muro.
«Farete bene a ripulire questa stanza,» disse Andy e sbatté la porta sulla risposta piagnucolosa di Belicher.
Shirl aveva ragione, quella gente era impossibile. Egli doveva fare qualcosa. Ma quando? Al più presto, certamente, perché lei non ne poteva più. Era in collera con quegli invasori, e in collera con lei. D'accordo, era una brutta faccenda, ma bisognava rassegnarsi. Lui faceva ancora delle giornate di dodici e quattordici ore, il che era ben peggio che star seduti a sentire urlare dei bambini.
La strada era buia, piena di vento e di pioggia gelata mista a neve e cominciava ad attecchire sul selciato e ad accumularsi negli angoli e contro i muri. Andy superò con fatica e a testa bassa quella poltiglia, odiando i Belicher e tentando di non odiare Shirl. Le passerelle e i ponti di collegamento di Shiptown erano coperti da uno strato di ghiaccio che li rendeva scivolosi. Andy dovette aggrapparsi alla ringhiera per ogni attraversamento, con l'acqua scura sotto di lui, che ondeggiava. Nell'oscurità tutte le navi parevano uguali e su ognuna di esse dovette puntare la sua torcia per leggere il nome sulla poppa. Era inzuppato e mezzo assiderato quando arrivò alla Columbia Victory e spinse la pesante porta metallica che portava sotto coperta. Mentre scendeva la scaletta la luce della sua torcia, che illuminava il corridoio, gli mostrò un ragazzino dalle gambe sottili che stava aprendo una porta. Sembrava fosse proprio l'appartamento dei Chung.
«Un momento,» disse Andy tenendo ferma la porta prima che il bambino la richiudesse. Il ragazzino lo guardò senza dir nulla, a bocca aperta, con gli occhi meravigliati.
«È questo, non è vero, l'appartamento dei Chung?» chiese entrandovi. Poi riconobbe la donna in piedi. Era la sorella di Billy, l'aveva già vista una volta. La madre sedeva in una poltrona contro il muro, con la stessa espressione stravolta della figliola, paralizzata dalla paura, tenendosi stretta al suo bambino, il gemello di quello che aveva aperto la porta. Nessuno gli rispose.
Questa gente adora davvero la polizia, pensò Andy. Nello stesso momento si rese conto che guardavano tutti verso la porta posta nella parete di fronte, poi distoglievano rapidamente lo sguardo… che cos'era che li preoccupava?
Con la mano cercò la maniglia dietro di sé e chiuse la porta sul corridoio. Non era possibile ma, dopo tutto, anche la notte in cui Chung era stato visto qui, era una notte di tempesta, come questa, una copertura perfetta per qualcuno che fugge. Che fosse finalmente arrivata la sua occasione?, si chiese. Aveva forse scelto la notte giusta per il suo sopralluogo.
Questi pensieri si formavano appena nella sua mente quando la porta della camera da letto si apri e Billy Chung entrò, dicendo qualcosa. Le sue parole furono coperte dagli urli di sua madre e dagli avvertimenti gridati dalla sorella. Alzò lo sguardo e si fermò di botto, paralizzato, fulminato, alla vista di Andy.
«Siete in arresto,» disse Andy cercando le manette attaccate alla cintura.
«No!» gridò Billy con voce rauca, e tirò fuori il coltello dalla cintura.
Nacque un parapiglia. La vecchia continuava a gridare ininterrottamente senza neppure fermarsi per prendere respiro, la figlia si scagliava su Andy, tentando di graffiargli gli occhi. Gli solcò le guance con le unghie prima che egli la potesse afferrare e tenere col braccio a debita distanza. In tutto questo tempo non aveva perso di vista Billy che impugnava il suo lungo coltello e avanzava mezzo rannicchiato, da vero duellante all'arma bianca, brandendo l'arma davanti a sé.
«Metti giù quella roba,» gridò Andy, e appoggiò la schiena contro la porta. «Da qui non puoi uscire. Non combinare altri guai.»
La donna capì che non poteva arrivare al viso di Andy e si mise a graffiargli il dorso della mano. Andy le diede uno spintone e non si accorse neanche che cadeva, mentre egli afferrava la sua pistola.
«Basta! Fermatevi tutti!» gridò e puntò la rivoltella in alto. Voleva sparare un colpo di intimidazione, poi capì che tutto il locale era di metallo e che la pallottola sarebbe rimbalzata tutto intorno e c'erano due donne e due bambini.
«Fermati, Billy. Di qui non puoi uscire!» gridò, puntando la rivoltella sul ragazzo che era già arrivato a metà stanza e lo minacciava col coltello.
«Lasciami andare!» singhiozzò Billy. «Io ti ammazzo. Ma perché non mi lasciate stare?»
Andy capì che non si sarebbe fermato. Il coltello era affilato e lui lo sapeva usare. Ebbene, se cercava guai, tanto peggio per lui.
Andy puntò la rivoltella sulle gambe del ragazzo e sparò al momento stesso in cui il ragazzo inciampava. Il rombo della rivoltella calibro 38 riempì tutto il locale e Billy cadde in avanti. La pallottola lo colpì alla testa ed egli continuò a cadere finendo bocconi sul pavimento d'acciaio. Il coltello volò dalle sue mani e cadde quasi ai piedi di Andy. Un silenzio stupefatto seguì il rumore del colpo e vi fu nell'aria un denso odore di polvere da sparo. Nessuno si mosse eccetto Andy che si chinò per toccare il polso del ragazzo.
Andy si accorse che bussavano alla porta dietro di lui, allungò il braccio e aprì senza voltarsi, dicendo:
«Sono un agente di polizia, che qualcuno vada al Distretto 12-A della 23a Strada e li avvisi subito che Billy Chung è qui ed è morto.»
Una pallottola nella tempia, Andy pensò improvvisamente. Nello stesso punto dove Mike O'Brien era stato colpito.
Vi fu una confusione terribile e fu il momento peggiore. Non per Billy, quello era bell'e morto; ma la madre e la sorella. Gli avevano urlato i peggiori insulti mentre i due gemelli si tenevano abbracciati singhiozzando. Finalmente Andy aveva chiamato i vicini di corridoio perché si prendessero un momento in casa tutta la famiglia, ed era rimasto solo col morto, finché Steve Kulozik e un agente di pattuglia erano arrivati dal commissariato. Dopodiché non aveva più visto le due donne e non le voleva vedere. Era stato un incidente, ecco tutto. Lo dovevano capire. Se il ragazzo non fosse inciampato, si sarebbe preso la pallottola nella gamba e tutto finiva lì. Non che alla polizia importasse molto. Il caso si poteva ormai archiviare senza ulteriori formalità. Che quelle due continuassero pure a odiarlo, a lui non importava. Non le avrebbe mai riviste. Il loro ragazzo sarebbe stato un martire anziché un assassino. Se preferivano ricordarlo così, tanto meglio. Ad ogni modo il caso era chiuso.