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La chiave che aveva preso all’invasore morto andava bene. Entrò nell’auto e invitò Murgatroyd a sedersi accanto a lui.

— I tipi come l’uomo che ho ucciso, Murgatroyd, — osservò, — non sono molto importanti. Sono soltanto dei macellai. Quel tipo di gente ama saccheggiare. E qui per loro non c’è niente da saccheggiare. Sono destinati ad annoiarsi. Sono destinati a diventare irrequieti. Non ci daranno molto da fare. Io mi preoccupo dell’uomo che probabilmente ha progettato la faccenda della pestilenza e certamente ne è il supervisore. Sarà lui che ci darà filo da torcere.

L’auto era in corsa verso la città in quel momento. Continuò a viaggiare.

C’erano una buona trentina di chilometri ma non incontrò un solo altro veicolo. Dopo un po’ la città si stese davanti a lui. La esaminò pensosamente. Era molto bella. Cinquanta generazioni di architetti di molti mondi si erano dati da fare con la pietra e l’acciaio, cercando la perfezione. Quella città ci si avvicinava molto. C’erano torri che scintillavano candide e bassi edifici che sembravano annidati nel terreno ricoperto di vegetazione. C’erano ponti arditi e superstrade che curvavano con grazia, e parchi messi in opera e pronti. Niente, da nessuna parte, era monotono.

La sola eccezione alla grazia era la massiccia griglia di atterraggio, di ottocento metri per mille, un merletto di mostruose travature d’acciaio con fili di rame sottili come una ragnatela avvolti attorno ad esse nelle curve complesse che richiedeva il suo funzionamento. Nel suo interno, Calhoun poteva vedere la nave degli invasori. Era atterrata nel recinto della griglia e più tardi Calhoun aveva fatto saltare i trasformatori dell’apparato. Probabilmente ora li stavano riparando. Ma la nave stava risolutamente piantata nel terreno all’interno della grande struttura che la faceva sembrare più piccola.

— L’uomo che cerchiamo sarà in quella nave, Murgatroyd, — disse Calhoun. — Avrà ben serrato i portelli esterni e interni e sarà ben protetto da pareti di acciaio al berillio di quindici centimetri. Piuttosto difficile entrarci di forza. E sarà inquieto. Un intellettuale diventato disonesto non si sente a suo agio con i macellai con cui è associato. Penso che il problema sia di farci invitare nel suo salotto. Ma non sarà semplice.

— Ciii! — disse Murgatroyd in tono di dubbio.

— Oh, ci riusciremo, — lo rassicurò Calhoun. — In un modo o nell’altro!

Tirò fuori le fotografie. Kim Walpole aveva segnato il punto dove doveva andare e la strada da percorrere. Era stato in città mentre la costruivano, conosceva anche le strade di servizio, che, essendo incassate non facevano parte della bella vista della città.

— Ma gli invasori, — spiegò Calhoun, — non si degnano di servirsi di sporche strade di servizio. Si considerano aristocratici perché sono stati mandati a fare i conquistatori, benché sia stato chiesto loro solo di fare i macellai. Mi chiedo che specie di porco governi il mondo da cui vengono.

Mise via le foto e tornò a dirigersi verso la città. Vicino alla città deviò dalla superstrada. Uno svincolo scendeva in un sottopasso. La strada del sottopasso era stata progettata per permettere ai carichi di prodotti agricoli di entrare in città. Era una strada di servizio. Correva sotto la superficie dei parchi ed entrava senza orgoglio in città. Una volta tra gli edifici, correva tra file di portali, dietro i quali si sarebbero accumulati i rifiuti da portare via come fertilizzanti per i campi. La città era stata ben progettata.

Filando lungo la strada incassata che rimbombava ai suoi passi, Calhoun vide una volta sola, un’automobile in movimento su un ponte ad ampio respiro, sospeso come una ragnatela tra due alte torri. Era molto al di sopra di lui. Nessuno lassù avrebbe guardato in basso la sporca strada di servizio.

La faccenda fu davvero molto semplice. Calhoun fermò l’auto sotto la sporgenza di un edificio a balconate alto parecchi piani. Uscì ed aperse il portone. Portò l’auto entro la parte inferiore dell’edificio, cavernosa e fino a quel momento inutilizzata. Chiuse il portone dietro di sé. Era al centro della città e la sua presenza era ignorata. Questo avveniva alle tre del pomeriggio o poco più tardi.

Salì una ripida rampa di scale nuove e giunse alla sezione che sarebbe stata usata dal pubblico. C’erano pareti di vetro che cambiavano aspetto mentre ci si muoveva tra esse. C’erano gli ascensori. Calhoun non tentò di usarli. Fece strada a Murgatroyd sulle rampe circolari che portavano in alto nel caso di una impensabile emergenza. Lui e Murgatroyd arrancarono sempre più in alto. Calhoun contava le rampe.

Al quinto livello c’erano segni di impiego, mentre tutti gli altri avevano la polverosa nitidezza di una struttura che è stata completata ma non ancora utilizzata.

— Eccoci arrivati, — disse Calhoun allegramente.

Ma aveva il fulminatore in mano quando aperse la porta del laboratorio. Era vuoto. Si guardò in giro con aria di approvazione mentre cercava il magazzino. Era un laboratorio biologico perfettamente equipaggiato ed era stato usato. I pochi medici anch’essi condannati che dovevano curare la popolazione della città avevano lavorato disperatamente contro la pestilenza. Calhoun vide le bacinelle di culture che avevano fatto, ora disseccate e morte. Una sedia era stata rovesciata, probabilmente quando il laboratorio era stato perquisito dagli invasori, nel caso che vi fosse rimasto vivo qualcuno.

Trovò il magazzino. Murgatroyd guardava con occhi brillanti mentre lui rovistava.

— Qui abbiamo le cose che gli uomini usano per curarsi a vicenda, — disse Calhoun in tono cattedratico. — Praticamente sono tutti veleni, anche se per usi speciali. Qui c’è un assortimento di spore, organismi patogeni, Murgatroyd! Hanno il loro impiego. E qui ci sono droghe che oggi sono sintetizzate, ma discendono dai veleni trovati sulle punte delle lance dei selvaggi. Grande aiuto per la medicina. E qui ci sono gli anestetici, anch’essi veleni. Contavo proprio su questi.

Scelse con molta accuratezza. Destroetile, polisolfato. Il primo contrassegnato infiammabile e pericoloso. L’altro con la dose massima ammissibile riportata sull’etichetta e il nome delle sostanze ad azione contraria che lo avrebbero neutralizzato. Li raccolse. Murgatroyd allungò una zampa. Poiché Calhoun stava portando qualcosa, anche lui voleva qualcosa da portare.

Ridiscesero la rampa circolare mentre si avvicinava il tramonto. Calhoun fece ancora delle ricerche nei livelli sotterranei dell’edificio. Trovò quello che cercava, una pistola a spruzzo per verniciare che avrebbe emesso “anelli di fumo” di vernice polverizzata su una parete o un oggetto da verniciare. Si potevano variare le dimensioni dell’anello al punto di arrivo da un paio di centimetri a un metro di diametro.

Calhoun ripulì la pistola a spruzzo. Fu molto meticoloso. Ripulì il serbatoio con il destroetile portato giù dal laboratorio, poi ammucchiò fuori di vista i barattoli vuoti.

— Questo scherzetto, — osservò mentre raccoglieva la pistola a spruzzo, — fu escogitato per usarlo contro un povero diavolo impazzito che portava una bomba in tasca per proteggersi contro immaginari assassini. La bomba avrebbe devastato tutto nel raggio di cinquecento metri, quindi l’uomo dovette essere trattato con cautela.

Si batté la tasca con aria di approvazione.

— Ora andiamo a caccia. Con un robusto atomizzatore pieno di destroetile. E ho il polisolfato e una siringa per sistemare ogni campione che colpisco. Non ti pare buono? Ma se sono costretto a usare il fulminatore, ho fallito il mio compito.