Rimisero le loro cose in groppa ai cavalli, senza far rumore, e quando si furono allontanati dal fiume trovarono una lunga fila di carri appartenenti a dei mercanti. Lì Morgon chiese a Raederle di aspettarlo, intanto che andava ad esplorare la zona.
La giovane donna protestò che non voleva lasciarlo andare da solo, e lui replicò pazientemente: — Sei capace di camminare sulle foglie secche così leggera da non farle neppure frusciare? Sei capace di restare così immobile che gli animali selvatici possano passarti accanto senza accorgersi di te? Inoltre bisogna che qualcuno badi ai cavalli.
— E se quegli uomini ritornano?
— Dopo aver visto quello che sai fare, chiunque abbia la barba ti eviterà con cura.
Lei andò a sedersi sotto un albero, brontolando qualcosa fra sé. Aveva un’aria così indifesa e vulnerabile che Morgon fu costretto a tornarle accanto.
Allungò una mano nell’aria e si fece materializzare in pugno la spada stellata, poi gliela appoggiò davanti. L’arma scomparve di nuovo. Sottovoce disse: — La lascio qui, in caso tu abbia bisogno di aiuto. È legata da un incantesimo. Se le tue dita la sfiorano, io lo saprò.
Si volse e senza produrre un fruscio si allontanò fra gli alberi.
Dopo il Grande Urlo la boscaglia era tornata alla solita quiete notturna. L’uno dopo l’altro controllò tutti i piccoli accampamenti che c’erano nelle vicinanze, in cerca di qualcuno ancora sveglio. Ma i viaggiatori che vide erano tutti pacificamente addormentati sui carri o nelle tende, o arrotolati nelle loro coperte accanto ai fuochi spenti. La luna spandeva un debole lucore grigiastro sul panorama. Alberi e cespugli erano masse d’ombra in cui la luminosità perlacea creava misteriosi ricami. Non spirava un alito di vento. I cespugli isolati che si stagliavano neri in quella penombra sembravano dormire anch’essi nel silenzio, e le querce erano immobili creature di legno. Poggiò una mano su una di esse, lasciò scivolare la mente sotto la corteccia e captò il lento mormorio dei suoi sogni centenari. Tornò verso il torrente e girò intorno al luogo dov’erano accampati. Nulla si muoveva. Concentrandosi sul fruscio del corso d’acqua vi penetrò con la mente, analizzandone ogni sussurro e vibrazione; ne scartò l’uno dopo l’altro i contenuti di suono e non vi trovò l’eco di alcuna voce umana. Proseguì sull’acqua del torrente senza far più rumore di quello del suo stesso respiro, accuratamente controllato. I suoi piedi non vi affondavano. La sua mente era tesa nel rendere il peso del corpo più lieve di quello di una foglia. Poi rallentò il passo. Poco dopo la luna tramontò, e il cielo si fece così scuro che non riuscì più a vedere niente, cosicché decise di tornare indietro. Ma prima di lasciare il corso d’acqua si volse in direzione della Piana del Vento, e riuscì a captare i clamori e le urla della battaglia nei frammenti di sogni dell’esercito di Hereu Ymris.
Infine si volse e cominciò a risalire il declivio boscoso verso la strada. Ma fatti appena tre passi si fermò, mentre una sorta di fluido da animale selvatico lo informava che nelle tenebre una forma in movimento s’era arrestata di colpo. Fra gli alberi c’era qualcuno di cui non era possibile distinguere le fattezze, una figura che come lo stesso Morgon era appena un’ombra indistinta e semitrasparente. Attese che la forma-ombra si muovesse, ma si accorse che restava immobile. Ad un tratto, intanto che lui esitava indeciso presso la riva, la forma si smaterializzò nella notte. Con la gola secca e il cuore che gli pulsava furiosamente Morgon cambiò forma, si alzò nell’aria senza rumore sotto le sembianze di un gufo, veloce e silenziosissimo, e volando basso fra gli alberi fece ritorno al campo.
Quando atterrò di fronte a Raederle, riprendendo di botto le sue fattezze umane, la fece sussultare per lo spavento. La ragazza allungò le mani in cerca della spada, ma lui si chinò subito a prenderla per i polsi e le fece rialzare il viso. — Raederle, sono io! — la rassicurò.
— Mi hai spaventato — ansimò lei.
— Scusami. Ho guardato in giro e… non so. Non sono sicuro di niente. Dovremmo essere molto cauti. — Sedette al suo fianco, fece di nuovo materializzare la spada e la impugnò con un sospiro. Cinse le spalle della ragazza con l’altro braccio. — Tu dormi. Io farò la guardia.
— Contro chi?
— Non lo so. Ti sveglierò prima dell’alba. Dovremo stare attenti.
— E come? — mormorò lei, sconsolata. — Ora sanno dove trovarti: da qualche parte sulla Strada dei Mercanti, diretto a Lungold. — Lui non rispose. Ebbe un brivido e la strinse più forte; lei gli poggiò la testa su una spalla. Da lì a poco, ascoltando il suo respiro, Morgon pensò che si fosse addormentata. Ma quando udì il suo sussurro, dopo un lungo intervallo di tempo, capì che anch’ella era tesa ad ascoltare la notte.
— Va bene — fu quel che disse, calma. — Insegnami a cambiare forma.
CAPITOLO QUARTO
Alle prime luci dell’alba, quando lei si svegliò, cercò di insegnarle quel che sapeva. Il sole non era ancora comparso, intorno a loro la boscaglia era fredda e silenziosa. Insonnolita Raederle lo ascoltò spiegare la semplicità che costituiva l’essenza del mutamento di forma, mentre lui svegliava un falco e lo teneva sotto controllo facendolo roteare alto sugli alberi. Il volatile discese con ubbidienza e gli si appollaiò su un polso; era affamato e voleva andare a caccia. Morgon lo placò blandendo i suoi pensieri pazientemente. Poi vide l’espressione corrucciata e sofferente che aveva scurito gli occhi di lei, e lasciò libero il falco.
— Non potrai cambiare forma finché non lo vorrai davvero.
— Io voglio! — protestò lei.
— No, tu non vuoi.
— Morgon…
Lui si alzò, raccolse una sella e andò a metterla in groppa a uno dei cavalli. Stringendo le cinghie disse: — Fa lo stesso.
— Non fa lo stesso! — s’irritò lei. — Tu non ci hai neanche provato. Ti ho chiesto d’insegnarmi, e hai detto che lo avresti fatto. Io mi sto preoccupando per la nostra sicurezza. — Si spostò per bloccargli il passo mentre lui tornava a prendere l’altra sella. — Morgon!
— Va tutto bene, cara — la placò, cercando di crederci lui stesso. — Penserò io a qualche soluzione.
Nelle ore successive la giovane donna non gli rivolse la parola. Cavalcarono a un trotto svelto finché il traffico mattutino, intensificandosi, li costrinse a rallentare l’andatura assorbendoli nel suo anonimato. La strada sembrava essersi riempita di bestiame: pecore, maiali, giovani manzi bianchi inviati a Caithnard da fattorie isolate nell’interno. I branchi di animali sciolti bloccavano spesso la strada e innervosivano i cavalli. I carri dei mercanti tenevano una velocità così bassa da irritare chi era costretto a seguirli, e quelli dei contadini colmi di verdure erano così lenti che i cavalli dovevano uscire di strada per sorpassarli. La calura del mezzogiorno, mista alla polvere e all’umidità, riempiva la bocca e i polmoni dei viaggiatori. Il puzzo del bestiame era qualcosa da cui era impossibile fuggire. Raederle aveva i capelli appiccicati al collo, e ogni volta che li scostava si lasciava ditate umide sulla pelle. A un certo punto arrestò il cavallo, si ficcò il copricapo fra i denti, e sotto lo sguardo divertito di una vecchia che conduceva i suoi maiali al mercato si annodò i capelli sopra la testa, con mosse irritate. Morgon, che la osservava, non fece commenti. Il silenzio di lei cominciava a pesargli, ancor più della calura e delle continue difficoltà del traffico. Depresso si domandò se non avesse commesso un errore a portarla con sé, si domandò se fosse meglio parlarle o stare zitto, si domandò se la giovane donna non stesse rimpiangendo ogni passo che aveva fatto con lui dopo aver lasciato Anuin. Cercò d’immaginarsi come sarebbe stato il viaggio senza di lei: in quel momento avrebbe potuto essere già a metà strada, tagliando a volo d’uccello Ymris in direzione nord-ovest verso Lungold, e un’altra notte di viaggio gli avrebbe consentito di raggiungere quella strana città, per affrontare di nuovo Ghisteslwchlohm. Il silenzio di lei cominciò a costruire pietra su pietra una muraglia intorno a ogni sua sensazione, finché tornò a essere attanagliato dal ricordo di quelle notti in cui per lui c’era stato soltanto l’odore della roccia, il buio, e il mormorio di un lontano torrente sotterraneo.