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— Tu. La sua Erede della terra.

La ragazza erse il capo nel gesto orgoglioso che lui rammentava. — C’è un motivo che richiede la mia presenza qui. — Poi, a passi lenti, gli si avvicinò, e illuminata dal fuoco la sua espressione parve sciogliersi. Lo abbracciò con forza, spingendogli il volto contro una spalla. Morgon sentì la lancia tonfare al suolo dietro di lui. La strinse a sé e si girò a baciarle una tempia, conscio dei sentimenti fieri e cristallini che la mente di lei emanava verso la sua come una brezza fresca. Quando la giovane lo lasciò e fece un passo indietro per guardarlo meglio, corrugò le sopracciglia nel vedere la ferita che ancora gli segnava un lato del volto.

— Avresti dovuto avere una guardia lungo la Strada dei Mercanti. La primavera scorsa Raederle e io abbiamo viaggiato a lungo per cercarti, ma tu eri sempre un passo avanti a noi.

— Lo so.

— Non mi stupisce che le sentinelle non ti abbiano riconosciuto. Hai l’aria di un… — Sbatté le palpebre, come accorgendosi del corvo soltanto allora. Il volatile la fissava immobile, aderendo ai capelli di lui. — Questo è… è Mathom?

— Il Re è ancora qui?

— C’è stato, tempo fa. E anche Har. Ma i maghi li hanno rimandati a casa.

La afferrò per le spalle. — Har? — sussurrò incredulo. — In nome di Hel, perché mai era venuto qui?

— Per aiutarti. Si è trattenuto nell’accampamento della Morgol, fuori Lungold, finché i maghi l’hanno persuaso ad andarsene.

— E sono davvero sicuri che lo abbia fatto? Hanno forse sondato la mente di ogni lupo dagli occhi azzurri rimasto nei boschi fuori città?

— Non lo so.

— Lyra, ci sono dei cambiaforma in arrivo. Sanno che possono trovarmi qui.

La ragazza tacque, e lui vide le riflessioni che le scivolavano negli occhi. — La Morgol ci ha fatto portare armi per i mercanti, ce n’erano poche in città. Ma i mercanti… Morgon, loro non sono soldati. E le mura verranno giù come croste di pane, sotto un attacco. Ho con me duecento guardie… — Nello sguardo le nacque una luce sconsolata che la fece apparire quasi una bambina. — Questi cambiaforma… che cosa sono? Tu lo sai?

— No. — Nell’espressione di lei c’era qualcosa di sconosciuto, il primo sintomo di paura che mai le avesse visto. Con voce più dura di quanto volesse chiese: — Perché?

— Hai sentito le notizie di Ymris?

— No.

Lei si morse le labbra. — Hereu Ymris ha perso la Piana del Vento. In un solo pomeriggio. Per mesi aveva respinto l’esercito dei ribelli, sui confini della Piana. I Nobili di Umber e di Marcher avevano messo insieme un’armata per ricacciare i ribelli in mare, e avrebbero dovuto raggiungere la Piana del Vento da lì a due giorni. Ma all’improvviso da Meremont e da Tor è sceso un esercito più numeroso e agguerrito di quello che chiunque avrebbe potuto aspettarsi. I soldati che sono sopravvissuti hanno raccontato di essersi trovati a combattere contro uomini che… che loro avevano già ucciso. Le truppe del Re sono state fatte a pezzi. Sul campo di battaglia c’era anche un mercante andato là per vendere cavalli. Costui è fuggito a Ruhn coi superstiti, e poi qui a Lungold. Ha detto che la Piana era… un incubo di morti usciti dai sepolcri. E da quel giorno Hereu Ymris non è stato più visto.

Dalle labbra di Morgon uscì appena un sussurro: — È morto?

— Astrin Ymris dice di no. Ma neppure lui è riuscito a trovare il Re. Morgon, se devo combattere questi cambiaforma con duecento guardie, lo farò. Ma se tu potessi almeno dirmi contro cosa dobbiamo batterci…

— Non lo so. — Sentì gli artigli del corvo stringersi. — Se ci sarà battaglia non dovrà essere qui in città. Non sono venuto per causare la seconda distruzione di Lungold. Cercherò di non dare ai cambiaforma un motivo per combattere qui.

— E dove andrai?

— Nella foresta, sulla montagna… dovunque, purché non sia qui.

— Io verrò con te.

— No. È assolutamente…

— Le guardie potranno restare in città, nel caso che ci sia bisogno di loro. Ma io verrò con te. È una questione d’onore.

La fissò in silenzio, a occhi stretti, mentre lei lo fronteggiava con calma. — Che significa? — chiese. — Hai fatto un voto?

— No, non ho fatto nessun voto. Però ho preso delle decisioni. E questa l’ho presa a Caerweddin, dopo aver saputo che avevi perso il governo della terra e che eri ancora vivo. Mi tornò in mente di quando a Herun mi parlavi del governo della terra, e di quanto significasse per te. Stavolta avrai una guardia del corpo.

— Lyra! Io ho già una guardia: cinque maghi.

— Oltre a me.

— No. Tu sei l’Erede di Herun. Io non ho intenzione di riportare il tuo corpo esanime a Corona per consegnarlo alla Morgol.

Lei scivolò via dalla sua stretta con un movimento così svelto che gli lasciò le mani a brancolare nell’aria. Raccolse la lancia e tornò a raddrizzarsi, tenendola bellicosamente eretta. — Morgon — disse sottovoce. — Io ho preso la mia decisione. Tu combatterai con la magia, io con la lancia. È il solo modo che conosco. O mi batterò qui, oppure un giorno sarò costretta a battermi nella stessa Herun. Quando tu incontrerai di nuovo Ghisteslwchlohm, io sarò lì. — Si volse, poi ricordò il motivo per cui era entrata. Raccolse una torcia e l’accese al caminetto. — Vado a dare un’occhiata ai dintorni. Poi rientrerò e farò la guardia a te fino all’alba.

— Lyra — disse stancamente lui. — Ti prego, torna a casa.

— No. Faccio semplicemente quello per cui sono stata addestrata. E tu anche — aggiunse, senza alcuna ironia. Tornò a fissare il corvo. — C’è qualcosa di particolare a cui dovrò stare attenta?

Lui esitò. Il corvo stava appollaiato sulla sua spalla come un pensiero oscuro, del tutto immobile. — No. Non questo volatile — disse infine. — È innocuo. Te lo giuro sulla mia vita.

Gli occhi scuri di lei si allargarono d’un tratto, distogliendosi dal volatile. Dopo un momento mormorò, confusa: — Una volta eravamo amici.

La ragazza uscì. Lui tornò al caminetto, ma i pensieri che lo tormentavano gli attanagliavano lo stomaco e non riuscì a mangiare. Spense il fuoco, lasciando ceppi anneriti fra le braci. Poi si distese su uno dei giacigli e col mento appoggiato su un avambraccio si volse a guardare il corvo. Era accovacciato al suo fianco sul pavimento. Allungò l’altra mano e gli accarezzò a lungo le penne.

— Non t’insegnerò a prendere nessun’altra forma — sussurrò. — Raederle, quel che è successo sulla Piana del Vento non ha niente a che vedere con te. Niente. — Ma parlare al volatile, scuoterlo, discutere, supplicarlo, non valse a ottenere alcuna risposta, e infine la stanchezza gli appesantì le palpebre e si addormentò.

All’alba i suoi sogni furono interrotti dal rumore di una porta che si apriva e veniva richiusa con un tonfo violento. Col cuore che gli balzava in petto sollevò la testa, e vide il volto giovane e sorpreso di una delle guardie. La ragazza gli rivolse un deferente inchino del capo.

— Mi spiace, Nobile. — Depose sul tavolo un secchio d’acqua e una caraffa di terracotta colma di latte fresco. — Non sapevo che voi dormiste qui.

— Dov’è Lyra?

— Sui bastioni settentrionali, a sorvegliare il lago. C’è un piccolo esercito di qualche genere che si avvicina dall’entroterra. Goh è uscita a cavallo per incontrarlo. — Lui si tirò in piedi con un brontolio. La ragazza aggiunse: — Lyra mi ha detto di chiedervi se potete andare là.

— Vengo subito. — Con la coda dell’occhio vide comparire accanto a sé Nun, avvolta in una nuvola di fumo di pipa. La maga gli poggiò una mano su una spalla come per tranquillizzarlo.

— Dov’è che vai?

— Sta arrivando una truppa sconosciuta; forse potrà essere d’aiuto, forse no. — Si gettò sul viso un po’ dell’acqua del secchio, versò un boccale di latte e lo bevve. Poi si volse di scatto al giaciglio su cui aveva dormito. — Ma dove… — I suoi occhi corsero freneticamente attorno, esplorando gli scaffali della cucina, i mobili e le travi del soffitto. — In nome di Hel, dove si è… — In ginocchio cercò sotto il tavolo, nella credenza e perfino nel caminetto pieno di cenere. Poi raddrizzò la schiena, pallido in faccia, e alzò lo sguardo su Nun. — Mi ha lasciato!