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— Raederle?

— Se n’è andata. Non ha voluto neppure parlarmi. È volata via e mi ha lasciato. — Quando fu in piedi si appoggiò alle pietre del camino. — Sono state quelle notizie da Ymris. Sui cambiaforma.

— Cambiaforma. — La voce di lei suonò piatta. — Era questo che la tormentava, dunque. I suoi stessi poteri.

Lui annuì. — Ha paura che… — Le sue mani si abbatterono senza rumore sulla pietra. — Devo trovarla. Si sente in colpa, e il fantasma di Ylon la perseguita.

Nun bestemmiò i Re morti di Hel con l’espressività di un porcaro. Nei suoi occhi c’era una luce d’angoscia. — No — Disse stancamente. — La cercherò io. Forse con me vorrà parlare, abbiamo sempre avuto molta confidenza. Tu controlla che razza di esercito sia quello. Vorrei che fosse qui Yrth; la sua assenza mi preoccupa. Ma non ho il coraggio di chiamare né lui né Raederle; la mia chiamata arriverebbe dritta alla mente del Fondatore. Adesso lasciami pensare. Se io fossi una Principessa di An col potere di un cambiaforma, e volassi attorno come un corvo, dove potrei andare…

— Posso dirti dove andrei io — borbottò Morgon. — Ma lei detesta la birra.

Attraversò la città a piedi verso i moli sul lago, girando gli occhi intorno alla ricerca della forma di un corvo. I battelli dei pescatori erano tutti fuori sul lago, ma c’erano altre piccole imbarcazioni all’ormeggio: chiatte di minatori, barche a fondo piatto con cui i mercanti risalivano i fiumi per vendere le loro mercanzie ai cacciatori ed ai mandriani a nord del lago. Sui loro pennoni non vide appollaiato nessun corvo. Infine trovò Lyra, appoggiata al parapetto delle mura presso la porta che si apriva sulla riva. Parte dei bastioni settentrionali era lambita dalle acque e fungeva da supporto per i moli di legno; il resto era una serie di arcate aperte, fra le quali campeggiavano baracche e bancherelle di pescivendoli. Ignorando gli occhi vitrei per lo stupore di una donna che vendeva gamberi Morgon scomparve dinnanzi a lei, e si rimaterializzò a fianco di Lyra. La ragazza si limitò a sbattere le palpebre alla sua comparsa, quasi che ormai fosse abituata alle imprevedibili stregonerie dei maghi. Gli indicò la riva orientale del lago, e lui scorse lievi riflessi di luce sullo sfondo della foresta.

— Riesci a capire chi siano? — gli domandò.

— Ci proverò. — S’impadronì della mente di un falco che sorvolava gli alberi fuori dalle mura. I rumori della città divennero un sottofondo che isolò in un angolo del cervello, finché udì soltanto il fruscio della brezza mattutina e il lontano stridere di un altro falco che aveva mancato la sua preda. Incitò il volatile ad allargare i suoi cerchi, e vide scorrere sotto di sé le chiome dei pini, le chiazze di luci ed ombra del sottobosco, poi nude rocce scoscese già scaldate dal sole, dove le lucertole fuggivano nei crepacci quando su di loro passava l’ombra del predatore. La mente del falco analizzava ogni rumore, ogni più piccolo movimento nelle radure e all’ombra dei macigni. Lui lo spinse a oriente, costringendolo ad allargare sempre di più la sua esplorazione. Infine scorse sotto di sé una fila di guerrieri che si aprivano la strada nella boscaglia. Fece ruotare più volte il volatile sopra i soldati, finché i sensi del falco captarono qualcosa che zampettava fra l’erba: mentre si gettava in picchiata sulla preda, Morgon abbandonò la sua mente.

Vacillò contro il parapetto, appoggiandosi alla pietra. Il sole lo investiva ora da un angolo diverso, molto più alto di quanto si fosse aspettato.

— Sembrano guerrieri di Ymris — disse, stanco. — Hanno l’aria di aver viaggiato molti giorni nell’entroterra. Hanno la barba lunga e i cavalli malconci. Non ho sentito odore di mare in loro, solo il puzzo di sudore.

Lyra lo scrutò, con le mani sui fianchi. — Posso fidarmi di loro.

— Non ne ho idea.

— Forse me lo saprà dire Goh. Le ho ordinato di spiarli e ascoltare i loro discorsi, e poi stabilire se sia saggio parlare con loro. Mi fido del suo buonsenso.

— Scusami ma… — Si mise a sedere ai suoi piedi. — So che sono uomini, però non me la sento di fidarmi di nessuno.

— Lascerai la città?

— Non so. Yrth non è ancora tornato, e adesso Raederle è andata via. Se partissi, lei non potrebbe sapere dove sono. Ma se tu non vedi pericoli, nulla ci impedisce di aspettare ancora un po’. Se costoro sono soldati di Ymris potranno disporsi a difesa di quest’imitazione di mura, e tutti quanti si sentiranno più tranquilli.

Lei tacque un poco, lasciando vagare lo sguardo nell’aria ventosa come in cerca di due ali scure. — Tornerà — disse piano. — Ha molto coraggio.

Le circondò le spalle con un braccio, in una breve stretta. — Anche tu ne hai. Vorrei che tu tornassi a casa.

— La Morgol ha messo le sue guardie al servizio dei mercanti di Lungold per vegliare sulle attività pacifiche della città.

— Non può aver messo la sua Erede al servizio di questa gente. No?

— Oh, Morgon, smettila di discutere. Piuttosto, non puoi fare qualcosa per queste mura? Sono inutili, anzi pericolose; me le sento sgretolare quasi sotto i piedi.

— Va bene. Non ho nient’altro di meglio da fare.

Lei si volse e lo baciò su una guancia. — Sono certa che Raederle è da qualche parte a riflettere. Tornerà da te. — Lui fece per dire qualcosa, ma la ragazza scivolò via dalle sue braccia e lo fissò severamente. — Aggiusta questo bastione.

Nelle ore che seguirono Morgon si dedicò a ripararlo, cercando di non pensare a niente. Ignorò il traffico che gli passava accanto — i contadini e i bottegai che lo osservavano a disagio, i mercanti che lo riconoscevano — e restò con le mani e la fronte poggiate sulle antiche pietre. Insinuò la mente nel loro poderoso silenzio finché non sentì i punti dove avevano ceduto, le pietre traballanti, e le fessure che rendevano instabili le arcate. Costruì un’illusione di solidi macigni squadrati per chiudere ogni varco aperto in quei secoli e rafforzò ogni pietra, ristrutturando la massicciata. La chiusura di tutte quelle uscite dalla città causò disordine nel movimento dei carri e dei cavalli, e gruppi di gente spaventata corsero alla Sala del Consiglio per chiedere cosa stava succedendo. Il traffico, costretto a deviare verso la porta principale, aumentò e si fece caotico. Morgon cominciò a muoversi lungo le mura per saggiarne ogni tratto, tallonato da monelli da strada che lo guardavano lavorare con occhi sbarrati per la meraviglia e mandavano grida stupite nel vedere le pietre nascere dal nulla o fremere sotto le sue mani. Nel tardo pomeriggio, mentre si appoggiava con una tempia sudata alle pietre di un’arcata, avvertì il tocco di un altro potere. Chiuse gli occhi e attraversò quegli immobili silenzi che aveva imparato a conoscere bene. Per molto tempo la sua mente, scivolando in profondità fra le pietre, non udì altro che minuti e saltuari scricchiolii di calcina. Infine, seguendo la superficie scaldata dal sole dei bastioni opposti, avvertì davanti a sé una zona vibrante di potere grezzo. Cercò di esplorarla col pensiero. Era una forza che scaturiva dal terreno stesso, e si conficcava nel punto più debole di quelle pietre. Se ne ritrasse lentamente, un po’ spaurito.

Alle sue spalle c’era qualcuno che da qualche minuto continuava a chiamarlo per nome. Si volse, seccato, e scoprì che si trattava di una delle guardie della Morgol accanto alla quale c’era un soldato vestito di cuoio e cotta di maglia. Il volto abbronzato della ragazza era imperlato di sudore, e a Morgon parve stanca quanto lui. Gli si rivolse con voce dall’accento rude e tuttavia stranamente piacevole: