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Col volto ombreggiato dai due corvi il Lupo-Re ebbe un fremito, e parve leggere qualcosa nel silenzio di Morgon. Ma disse soltanto: — Togliamoci dalla pioggia.

Galopparono per tutto il giorno, fino al tramonto: tre vesta che andavano a nord verso l’inverno, uno dei quali con un grosso corvo appollaiato fra le corna. Raggiunsero Yrye che era già buio. Mentre rallentavano ansimando nel cortile della dimora reale, la pesante porta di quercia intarsiata d’oro si aprì. Sulla soglia apparve Aia, con alcuni lupi che le correvano attorno e Nun alle spalle, che sorrideva fra il fumo della sua pipa.

Nun abbracciò Raederle nella sua forma-vesta, e poi quand’ebbe ripreso le sembianze umane. Aia, i cui lisci capelli bianchi pendevano sciolti, guardò Morgon un poco e con dolcezza lo baciò sulle guance. Batté una mano su una spalla a Yrth, si strinse ad Har e disse, con la sua voce placida: — Ho mandato tutti a casa. Nun mi ha detto che stavate arrivando.

— L’ho informata io — intervenne Yrth, prima che Har lo domandasse. Il Lupo-Re ebbe un sorrisetto. Il salone era vuoto, quando vi entrarono. Nel lungo camino ruggiva il fuoco; sul tavolo c’erano vassoi di carne fumante, pane caldo, vino insaporito alle spezie, piatti di verdura appena cotta e dolci. I viaggiatori erano così affamati che si gettarono sul cibo quasi prima d’essersi seduti. Più tardi, sazi, sedettero davanti al fuoco ciascuno con un boccale in mano e chiacchierarono un poco.

Har si rivolse a Morgon, che mezzo disteso su un divano e con un braccio attorno a Raederle si stava appisolando: — Dunque è così. Sei venuto in Osterland per imparare la mia legge della terra. Voglio fare un affare con te.

Quella frase lo svegliò. Per un attimo osservò il sovrano, poi disse soltanto: — No. Qualunque cosa tu voglia, te la darò.

— Questo — commentò Har, pensoso, — sembra un ottimo patto, in cambio della mia legge della terra. Ti permetterò di entrare a fondo nella mia mente, se tu mi consentirai di esplorare la tua. — Parve intuire qualcosa nel modo in cui Yrth sollevò la testa. — Tu hai obiezioni?

— Solo questa: abbiamo poco tempo — disse Yrth. Morgon lo fissò.

— Vuoi forse suggerirmi di prendere la conoscenza dalla terra stessa? Per questo occorrerebbero delle settimane.

— No.

— Allora mi stai consigliando di non prenderla affatto?

Il mago ebbe un un sospiro. — No.

— E dunque, cos’altro vorresti suggerirmi? — Raederle s’irrigidì contro di lui, avvertendo la lieve nota di sfida nella sua voce. Har era immobile nel suo pesante seggio scolpito; il lupo ai suoi piedi aprì d’improvviso gli occhi a fissare Morgon.

— Vuoi forse — disse il sovrano, stupito, — iniziare una contesa con Yrth qui nella mia casa?

Fu il mago a scuotere il capo. — La colpa è mia — spiegò. — All’insaputa di Morgon ho messo un legame mentale su di lui, per un paio di giorni, per trattenerlo a Isig quando Hed è stata assalita. Mi è parso meglio così che lasciarlo finire in una trappola.

Con le dita rabbiosamente strette al boccale, Morgon fu sul punto di dargli una risposta mordace. Nun intervenne, perplessa: — Che specie di legame? — Yrth la guardò senza rispondere. Sul volto di lei si distese una strana calma, allora, quasi che stesse sognando. Yrth trasalì, e la donna inarcò un sopracciglio. — In nome di Hel, dove hai imparato a far questo?

— Ne ho intuito la possibilità molto tempo fa, e poi le ho sviluppate. — Nella sua voce c’era un tono di scusa. — Ma non ne avrei mai fatto uso, se non in caso estremo.

— Be’, anch’io ne sarei stata offesa. Ma riesco a capire perché l’abbia fatto. Se i Signori della Terra stanno cercando Morgon dall’altra parte del reame, non c’è motivo di andare a cercarli e di dar loro proprio ciò che vogliono.

Morgon chinò il capo. Avvertì lo sguardo intenso di Har, come una mano che volesse fargli rialzare il viso, e quando si decise a fissarlo vide che l’uomo aveva un’espressione seccata.

— Tu hai bisogno di dormire un po’ — disse Har, bruscamente.

Morgon riabbassò gli occhi nel boccale. — Lo so. — Sentì una mano di Raederle salire ad accarezzargli una guancia, e lo sconforto che lo tormentava si sciolse un poco. Poi ruppe il silenzio che era sceso nel salone: — Ma prima dimmi come fai a legare i vesta in quel modo alla difesa della legge della terra. Quando ero un vesta non mi sono mai accorto di questo.

— Io stesso non ne sono veramente consapevole — ammise il sovrano. — È un legame antichissimo, credo; i vesta sono molto potenti, e penso che insorgerebbero a difesa del territorio, oltreché delle sue leggi. Ma per secoli non hanno combattuto altro che i lupi, e quel legame si è assopito nelle profondità della mia mente… Te lo mostrerò, naturalmente. Domani. — Si girò a guardare il mago, che stava cautamente mescendo altro vino nel proprio boccale. — Yrth, sei andato a Hed?

— Sì. — Il vino scintillò quando salì fino all’orlo del boccale, e il mago depose la caraffa.

— Come hai attraversato Ymris?

— Con gran cautela. Non ho perso tempo durante il viaggio di andata a Hed, ma al ritorno mi sono fermato a parlare qualche minuto con Aloil. Le nostre menti sono legate, così potei trovarlo senza far uso di alcun potere. Era insieme ad Astrin Ymris, e con ciò che è rimasto delle loro forze asserragliate intorno a Caerweddin.

Ci fu un’altra pausa di silenzio. Fra le fiamme un ceppo si spaccò in due, e nugoli di scintille salirono verso la canna fumaria. — Quanto resta dell’armata del Re? — chiese Har.

— Astrin non lo sapeva di preciso. Quando persero la Piana del Vento metà degli uomini vennero sospinti a Ruhn; il resto è fuggito a nord. I ribelli (qualunque cosa siano, uomini vivi, uomini morti, Signori della Terra) non hanno attaccato Caerweddin, né altre delle maggiori città di Ymris. — Fissò gli occhi nel fuoco, ma come se stesse guardando attraverso quelli di qualcun altro. — Hanno cominciato a occupare le antiche città in rovina. Ce ne sono molte a Ruhn, una o due nell’est di Umber, e quella a Pian Bocca di Re, presso Caerweddin. Astrin e i suoi generali sono in disaccordo sulle decisioni da prendere. I nobili in arme affermano che i ribelli non invaderanno Pian Bocca di Re senza poi attaccare anche Caerweddin. Astrin non vuole perdere inutilmente vite umane per difendere una città morta. Sta cominciando a pensare che l’esercito dei ribelli e quello del Re non stanno combattendo la stessa guerra…

Har emise un grugnito. Si alzò in piedi, e la testa del lupo scivolò via dalle sue ginocchia. — Un uomo guercio da un occhio che riesce a vederci chiaro… e vede anche un fine per questa guerra?

— No. Ma mi ha detto che nei sogni è tormentato dalla Piana del Vento, come se là ci fosse una risposta di qualche genere. La torre che sorge su quella piana è ancora legata da un incantesimo vivo e potente.

— La Torre del Vento! — Quel nome sfuggì inaspettatamente dalle labbra di Morgon, quasi che le parole del mago avessero disseppellito i frammenti di un enigma. — Me l’ero dimenticata…

— Io ho tentato di arrampicarmi fin lassù, una volta — disse Nun, in vena di reminiscenze.

Har prese un altro boccale del tavolo. — Io anche. — Intercettò lo sguardo di Morgon. — E tu ci hai provato?

— No.

— Perché no? È un enigma. E tu sei un esperto di enigmi.

Lui annuì, ripensando al passato. — La prima volta che andai nella Piana del Vento, con Astrin, avevo perso la memoria. E c’era un solo enigma di cui m’interessava la risposta. La seconda volta… — Ebbe una smorfia. — L’attraversai di fretta, una notte. Stavo inseguendo un arpista. Niente avrebbe potuto farmi indugiare là.