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Diversamente dalla volta precedente, Morgon non girò neppure gli occhi su quelle grandi circonferenze di case e di mura. Ma nel cortile della grande dimora centrale trovarono Iff ad attenderli, e subito videro uscire anche la Morgol, che incuriosita spalancò gli occhi sui tre uccelli neri inzuppati d’acqua mentre essi prendevano terra dinnanzi al portone. Il suo stupore aumentò ancora dopo che ebbero cambiato forma.

— Morgon… — La donna gli prese con dolcezza il volto magro e barbuto fra le mani. E solo in quel momento lui si rese conto di chi aveva condotto nella sua dimora.

Yrth si ergeva immobile; appariva preoccupato, come se avesse guardato se stesso attraverso gli occhi di tutti loro e non sapesse quale scegliere fra quelle immagini. La Morgol scostò dal volto di Raederle una ciocca di capelli bagnati.

— Sei diventata il più grande enigma di An — le disse, e Raederle abbassò gli occhi imbarazzata. Ma la Morgol le fece rialzare il volto con un sorriso e la baciò. Poi si volse ai due maghi.

Iff aveva poggiato una mano su una spalla dell’altro, e lo presentò con voce tranquilla: — El, questi è Yrth. Credo che non vi siate mai incontrati.

— No, infatti. — La donna ebbe un lieve inchino del capo. — Voi onorate la mia casa, Fabbricante di Stelle. Entrate, mettiamoci al riparo dalla pioggia. Solitamente posso vedere chi attraversa i miei confini, e preparo le camere degli ospiti; ma non ho prestato attenzione a tre corvi stanchi. — Poggiò una mano su un braccio a Yrth per guidarlo. — Da dove venite?

— Isig e Osterland — rispose il mago. La sua voce suonò più brusca del solito. Nell’intreccio di corridoi stazionavano guardie che non fecero un movimento all’apparire dei visitatori, ma i loro occhi li seguirono stupiti e pieni di congetture. La Morgol procedeva sottobraccio a Yrth, che inclinava la testa per udire meglio la sua voce, ed alle loro spalle Morgon era così teso a osservarli che tardò ad accorgersi di quel che Iff gli stava dicendo:

— Le notizie dell’attacco a Hed ci sono giunte solo pochi giorni dopo il fatto. La voce si è sparsa come un lampo in tutto il reame, causando paura e sgomento. Molti cittadini hanno abbandonato Caithnard; ma dove potranno andare? A Ymris? Ad An, che Mathom lascerà senza difesa quando avrà portato il suo esercito a nord? A Lungold? Quella città sta faticando a rimettersi dal terrore che l’ha colpita. Non c’è posto dove la gente possa sfollare.

— I Maestri hanno lasciato Caithnard? — domandò Raederle.

Il mago scosse il capo. — No. Hanno rifiutato di andarsene. — Ebbe una smorfia esasperata. — La Morgol mi ha chiesto di andare a vedere se avevano bisogno d’aiuto o di navi per portar via i loro libri. Mi hanno risposto che forse l’essenza della magia contiene il segreto di come eludere la morte, ma l’essenza dello studio degli enigmi insegna che non è saggio volgere le spalle alla morte, poiché chi vuole sfuggirle la trova sempre davanti a sé. Io li ho esortati ad essere pratici. Mi hanno detto che se volevo aiutarli dessi loro non delle navi ma delle risposte. Gli ho fatto allora presente che lì avrebbero potuto perdere la vita. Mi hanno chiesto se sia la morte la cosa più terribile. E a questo punto ho cominciato a capire un po’ cosa sia lo studio degli enigmi. Ma non ero in grado di giocare agli enigmi con loro.

— L’uomo saggio — disse Morgon, — insegue un enigma con l’accanimento con cui un mendicante si getta all’inseguimento di una moneta che sta per rotolare in una chiavica.

— Così pare. Tu puoi fare qualcosa? Mi sono sembrati fragili e indifesi quanto preziosi per il reame.

Il lieve sorriso di lui si smorzò. — Soltanto una cosa: dare loro ciò che vogliono.

La Morgol si fermò sulla soglia di una grande camera ben illuminata, con tappeti e divani dalle tinte dorate e avorio. La indicò a Morgon e a Raederle. — I servi porteranno tutto ciò di cui avrete bisogno per mettervi a vostro agio. Ci sono guardie scaglionate in tutta la casa. Quando sarete a vostro agio raggiungeteci nello studio di Iff. Così potremo parlare un poco.

— El — disse Morgon a voce bassa. — Non posso restare a lungo. Non sono venuto per parlare.

La donna restò in silenzio, e sebbene non mutasse espressione di un filo Morgon intuì il lavorio della sua mente. Gli poggiò una mano su un braccio. — Ho riunito qui tutte le guardie dislocate nei paesi e sui confini; Goh le sta organizzando per spostarle a sud, se è questo che potrà servirti.

— No! — esclamò appassionatamente lui. — Ho visto fin troppe delle tue ragazze morire, a Lungold.

— Morgon, siamo costretti a usare le forze di cui disponiamo.

— Non le armi. C’è ben altro potere qui a Herun. — Stavolta vide il suo volto mutare. Era conscio della presenza del mago dietro di lei, immobile come un’ombra, e pur sapendo che non c’era risposta si chiese se non stava accumulando potere soltanto per il divertimento del falco. — È per questo che sono qui. Ne ho bisogno.

Le dita di lei irrigidirono la presa sul suo braccio. — Il potere della legge della terra? — sussurrò, incredula. Lui annuì in silenzio, consapevole che il minimo segno di sfiducia in lei gli avrebbe sfregiato il cuore per sempre. — Tu hai il potere di prenderlo?

— Sì. Ho bisogno di questa conoscenza. Non toccherò la tua mente. Lo giuro. Sono entrato nella mente di Har, col suo permesso, ma tu… ci sono angoli della tua mente dove io non ho il diritto di penetrare.

Dietro gli occhi di lei stava prendendo forma qualche pensiero. Ferma com’era, quasi aggrappata a lui, sembrava incapace di parlare. Morgon si sentì come se dinnanzi a lei stesse mutando forma in qualcosa di antico quanto il mondo, qualcosa intorno a cui enigmi e leggende s’intrecciavano ingioiellandolo coi colori fantastici dell’alba e della notte. E fu tentato di entrare nei suoi pensieri, per scoprire cosa ci fosse nel suo misterioso passato da indurla a guardarlo in quel modo. Ma lei lo lasciò e disse: — Prendi dalla mia terra, e da me, tutto ciò che vuoi.

Lui rimase sulla soglia, seguendola con gli occhi mentre s’allontanava nel corridoio a braccetto con Yrth. L’arrivo dei servi lo distolse dai suoi pensieri. Mentre accendevano il fuoco e mettevano a scaldare l’acqua e il vino speziato, si accostò a Raederle.

— Devo lasciarti sola. Non so quanto starò assente. Nessuno di noi può dirsi veramente al sicuro, comunque Yrth e Iff sono qui, e Yrth… almeno mi preferisce vivo. Questo lo so.

Lei gli poggiò le mani sulle spalle, fissandolo con apprensione. — Morgon, durante il volo tu ti sei legato a lui. L’ho sentito.

— Lo so. — Le prese le mani e se le strinse al petto. — Lo so — ripeté, incapace di sostenere il suo sguardo. — È come se stesse giocando con me. E ti ho già detto che questa è una partita che potrei perdere.

— Forse.

— Veglia sulla Morgol. Non so chi o cosa io le abbia portato in casa.

— Lui non le farebbe mai del male.

— Le ha mentito e l’ha ingannata già una volta. E questo è fin troppo. Se hai bisogno di me, chiedi alla Morgol dove mi trovo. Lei lo saprà.

— Va bene. Morgon…

— Che c’è?

— Io non so… — rispose lei, come aveva fatto spesso in quei giorni. — Solo che talvolta ripenso a ciò che Yrth ha detto sul fuoco e sulla notte, e a come siano semplici cose quando le vedi chiaramente. E mi son detta che tu non sai chi è Yrth perché non l’hai mai visto davvero: tu hai visto soltanto oscuri ricordi…

— In nome di Hel, cosa ti aspetti che io veda? Lui è più che un arpista, più che un mago. Raederle, io sto cercando di vedere. Io sto…