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CAPITOLO QUATTORDICESIMO

Solo allora Morgon sentì che quel silenzio allentava la presa su di lui, e riuscì a muoversi. Spinse la sua mente nella notte, ma dovunque sondasse non trovò che quiete e sonno. Si alzò. Coi pugni chiusi e i denti stretti aveva l’aria di trattenere le parole, quasi che non osasse pronunciarle. La Morgol sembrava ancor più riluttante a parlare. Raddrizzò le spalle, rigida, poi riabbassò gli occhi sulla fiammella della candela che si rifletteva sul tavolo. Pian piano il sangue tornava ad affluirle al viso. Vedendo che la sua espressione si rilassava Morgon ritrovò la parola.

— Dov’è andato? — mormorò. — Deve avertene parlato.

— Ha detto… ha detto che aveva appena fatto l’unica sciocchezza della sua lunghissima vita. — Intrecciò le mani e le fissò, sforzandosi di concentrarsi. — Non voleva che tu potessi conoscerlo, non finché non avresti trovato abbastanza potere per batterti da solo. Se n’è andato perché adesso costituisce un pericolo per te. Ha detto… altre cose. — Scosse il capo un attimo, poi continuò: — Ha capito soltanto ora che c’è un limite alla sua sopportazione.

— La Piana del Vento. Sarà andato a Ymris.

Lei rialzò lo sguardo, ma non fece commenti. — Trovalo, Morgon. Non importa quanto sia pericoloso per te e per lui. È stato solo ormai fin troppo tempo.

— Lo farò. — S’inginocchiò a fianco di Raederle, che stava guardando nel fuoco, e con una carezza cancellò i riflessi della fiamma dal suo volto. Lei lo guardò, e negli occhi aveva qualcosa di antico, selvaggio, semiumano, come se avesse scrutato nei ricordi del Supremo. Le prese una mano. — Vieni con me.

Quando la giovane donna si alzò lui legò la mente alla sua, e spinse una sonda nella notte di Herun finché non sfiorò un macigno di cui si ricordava, sul bordo delle paludi. Mentre Lyra entrava nella camera col vassoio della cena in mano, lui fece un passo avanti e svanì.

Nel luogo in cui si materializzarono, l’uno accanto all’altra, c’era soltanto un desolato chiarore in cui i banchi di nebbia vagavano come spettri. Morgon inviò i suoi pensieri a spiraleggiare più oltre, nell’aria libera verso le basse colline, poi al di là di esse, più lontano di quanto avesse mai proiettato la mente. Ancorò la coscienza nel cuore nodoso di un pino e si spostò verso di esso.

Stando dinnanzi all’albero, nella ventosa foresta fra Herun e Ymris, sentì i suoi poteri già tirati allo spasimo vacillare d’un tratto. Non riusciva più a concentrarsi, quasi che il vento gli spazzasse via i pensieri. Il suo corpo, a cui negli ultimi tempi aveva prestato così scarsa attenzione, aveva ora richieste imperative. Un tremito lo scosse, al ricordo del profumo del cibo caldo che Lyra gli aveva portato. Frammenti della vita dell’arpista lampeggiavano nella sua mente. Risentì quella voce misurata e tranquilla parlare ai Re, ai mercanti, a Ghisteslwchlohm, sempre colma di enigmi, e non tanto nelle parole quanto in ciò che non diceva. Il ricordo lo sopraffece, strappandogli un ansito, e sentì il vento del nord penetrargli nelle ossa.

— Per poco non l’ho ucciso — sussurrò, spaventato dalla sua stessa stupidità, dai suoi errori. — Io ho inseguito il Supremo attraverso tutto il reame, per ammazzarlo. — Una sofferenza ormai familiare gli strinse il cuore. — Mi ha lasciato nelle mani di Ghisteslwchlohm. E avrebbe potuto uccidere il Fondatore con mezza parola. Invece ha suonato l’arpa. Non c’è da stupirsi se non l’ho mai saputo riconoscere.

— Morgon, fa freddo. — Raederle lo abbracciò. Anche i capelli di lei erano gelidi contro il suo volto. Cercò di schiarirsi i pensieri, ma il vento li aggrovigliava ai ricordi, e vide ancora gli occhi dell’arpista vuoti e sbarrati verso il cielo.

— Era un Signore…

— Morgon! — Il richiamo di lei gli s’incuneò nella mente. Lui lo accolse, sorpreso. I sensi di lei lo placarono e si unirono ai suoi, schiarendoli. Si scostò di un passo e poi si girò a guardarla, nell’oscurità.

— Tu non sei mai stata veramente preoccupata per la mia vita.

— Oh, Morgon! — Lo prese per un braccio. — L’hai detto tu stesso: avresti resistito e sopportato, a ogni costo. Lui aveva bisogno che ti indurissi sempre più, per questo ti ha lasciato a Ghisteslwchlohm. Non mi sto spiegando… no! — protestò, nel sentirlo irrigidirsi. — Hai imparato a sopravvivere. Credi che sia stato facile per lui? Suonare l’arpa per secoli al servizio di Ghisteslwchlohm, nell’attesa del Portatore di Stelle!

— No — ammise lui dopo un poco, ripensando alle mani spezzate dell’arpista. — Ha usato se stesso spietatamente, così come ha usato me. Ma a che scopo?

— Trovalo. Domandaglielo.

— Non riesco più a muovermi — mormorò lui. La mente di Raederle toccò di nuovo la sua, incerta, ed egli attese che i loro pensieri si unissero e si esplorassero. Infine lei lo prese per mano. Morgon la seguì senza sapere dove stesse andando, e cominciò a capire la pazienza e la fiducia che le aveva chiesto. Stancamente le tenne dietro mentre cercava la strada nella boscaglia. All’alba giunsero al confine settentrionale di Ymris. E là, alle prime luci del sole che rivelavano l’avvicinarsi di altre tempeste da oriente, si fermarono a riposare.

Volarono verso Marcher sotto forma di avvoltoi. Le impervie colline sui confini apparivano tranquille; ma nel tardo pomeriggio i due volatili avvistarono un gruppo di armati che scortavano una fila di carri diretti a Caerweddin. Morgon planò nella loro direzione. Prima di atterrare sulla strada s’impadronì della mente di quello che sembrava il capo, per evitare di venir attaccato mentre cambiava forma. Poi fece materializzare la spada e la sollevò, mostrando all’uomo le tre stelle dell’elsa. Nella luce grigia del crepuscolo il loro splendore lo paralizzò.

— Morgon di Hed! — ansimò il guerriero. Era un veterano dall’aria dura, con una cicatrice sul volto, i cui occhi ombrosi e sanguigni sembravano aver visto la morte su parecchi campi di battaglia. Alzò un braccio per far fermare i carri dietro di lui e smontò di sella. Gli altri cavalieri guardavano in silenzio.

— È necessario che io trovi Yrth — disse Morgon, — oppure Aloil. O Astrin Ymris.

L’uomo allungò una mano a sfiorare le stelle della spada levata in alto, con un gesto curioso, simile al giuramento rituale di un vassallo. Poi sbarrò gli occhi fissando l’avvoltoio che era sceso ad appollaiarsi su una spalla del giovane. Disse: — Io sono Lein Marcher, cugino dell’Alto Nobile di Marcher. Non conosco Yrth. Astrin Ymris è a Caerweddin, e lui potrà dirvi dove trovare Aloil. Sto portando armi e rifornimenti a Caerweddin, per quel che potrà servire. Se io fossi voi, Signore delle Stelle, non farei un passo in questa terra condannata. Tenete nascoste le vostre tre stelle.

— Sono venuto per combattere — disse Morgon. La terra che aveva sotto i piedi sembrava sussurrargli già le sue leggi, le sue antiche leggende, i suoi morti, e qualcosa dentro di lui premeva per plasmarsi profondamente in quelle voci. Gli occhi del veterano scrutarono il suo volto magro, la tunica ormai sdrucita che sembrava assurda in quella terra fredda e pericolosa.

— Hed! — esclamò. Un sorriso di stupore scacciò lo sconforto che gli incupiva gli occhi. — Bene. Abbiamo già provato ogni altra cosa. Vi offrirei di viaggiare con me, Signore, ma penso che sappiate badare a voi stesso meglio di noi. C’è un solo uomo che Astrin desidera vedere più di voi, anche se non scommetterei su questa affermazione.

— Hereu. È ancora fra i dispersi?

L’uomo assentì stancamente. — Da qualche parte del reame, fra i morti o fra i vivi. Neppure il mago ha potuto trovarlo. Io credo…

— Potrò trovarlo io — dichiarò Morgon. L’uomo si azzitti, mentre nel suo sorriso nasceva un’esile e incredula luce di speranza.

— Voi potete? Neppure Astrin c’è riuscito, sebbene i suoi sogni siano pieni dei pensieri di Hereu. Signore, chi… chi siete voi, che state dinnanzi a me tremando di freddo ma colmo di un potere che m’illumina il cuore? Io sono sopravvissuto alla carneficina della Piana del Vento. E ci sono notti in cui mi sveglio e penso che mi converrebbe essere morto laggiù. — Scosse il capo; sollevò ancora una mano verso Morgon, ma la lasciò ricadere prima d’averlo toccato. — Andate, ora. Non mostrate al nemico le vostre stelle, e cercate di giungere salvo a Caerweddin. Affrettatevi, Signore.