— Voi siete… uh, siete sposati?
Lei scosse impercettibilmente il capo. — No.
— Allora cosa… voi siete venuta per restare qui, ad aspettarlo? — La fissò un po’ incredulo, ma la sua voce suonò calda: — Sareste la benvenuta qui, dico sul serio!
— No. — Era rivolta a Eliard, ma a Morgon parve che quella fosse una netta dichiarazione in risposta alle sue vane speranze. — Attendere è una cosa che non voglio fare mai più.
— Ma allora che cosa pensate di fare? — Si stupì Eliard. — Dove andrete a vivere? — Si volse a Morgon. — Che vuoi fare, dopo che all’alba te ne sarai andato? Ne hai almeno un’idea?
Lui annuì. — Una vaga idea. Ho bisogno di aiuto. E ho bisogno di risposte. A dar retta alle voci, gli ultimi maghi si stanno radunando a Lungold per sfidare Ghisteslwchlohm. Dai maghi posso avere un po’ di aiuto. Dal Fondatore intendo avere alcune risposte.
Eliard lo fissava. D’un tratto si alzò in piedi. — Perché non gli hai fatto le tue domande quando eri al Monte Erlenstar? Questo ti avrebbe risparmiato il fastidio di andare a Lungold. E adesso vuoi andare a fargli delle domande! Morgon, giuro che il tappo di un barile di birra ha più buon senso di te. Cosa credi che farà? Resterà tranquillamente seduto a risponderti?
— Cosa dovrei fare, secondo te? — Angosciato e irritato Morgon si alzò di scatto, chiedendosi se stava discutendo con Eliard o sbattendo la testa contro l’implacabile ottusità di un’isola dove all’improvviso si vedeva fuori posto. — Dovrei sedermi qui, e aspettare che lui venga a farmi cortesemente visita? Vuoi aprire gli occhi e guardare me, invece dello spettro dei ricordi che hai di me? Io ho la fronte marchiata da tre stelle, ho le mani macchiate dalle cicatrici-vesta. Posso assumere le sembianze di quasi tutto ciò che ha un nome. Ho combattuto, ho ucciso, e intendo uccidere ancora. Io ho un nome più antico di questo reame, e non ho più una casa salvo che nei ricordi. Due anni fa ho cercato la risposta di un enigma, e adesso sono intrappolato in un groviglio di enigmi, senza un’idea di come trovare la via per uscirne. Nel cuore di questo groviglio c’è una guerra. Guarda oltre la riva di Hed, per una volta nella tua vita. Cerca di sentire il sapore della paura, oltre a quello della birra. Questo reame è sull’orlo della guerra. Hed non ha nessuna protezione.
— Guerra. Di cosa stai parlando? Ci sono degli scontri armati a Ymris, ma Ymris è sempre stata in guerra.
— Hai un’idea di chi Hereu Ymris sta combattendo?
— No.
— Neanche lui ce l’ha. Eliard, mentre viaggiavo attraverso Ymris ho visto l’esercito dei ribelli. Ne fanno parte uomini che sono morti da tempo, e che tuttavia stanno combattendo, poiché i loro corpi sono posseduti da qualcosa che non è umano. Se decidessero di attaccare Hed, che difesa avresti contro di loro?
Eliard si schiarì la gola un paio di volte. — Il Supremo… — mormorò. Poi il sangue gli defluì dal viso. — Morgon! — sussurrò. Lui strinse i pugni.
— Sì. Io sono stato chiamato un uomo di pace da quei bambini morti, ma credo di non aver portato altro che il caos. Eliard, ad Anuin ho discusso con Duac sul modo di proteggere Hed. Si è offerto di mandare uomini e navi da guerra.
— È questo che hai portato?
Lui non batté ciglio. — La nave mercantile che ha ci sbarcato a Tol ha a bordo, insieme al normale carico, Re e nobili armati, e grandi guerrieri delle Tre Parti di An… — Una mano di Eliard gli attanagliò un braccio come una morsa.
— Re?
— Capiscono l’amore per la terra, e capiscono la guerra. Non capiranno Hed, ma combatteranno per voi. Loro sono…
— Tu hai portato a Hed gli spettri di An? — sussurrò Eliard. — E sono a Tol?
— Ci sono altre sei navi a Caithnard, in attesa di…
— Morgon di Hed, tu hai smarrito il senno! — La mano lo scosse, e Morgon s’irrigidì. Ma Eliard gli volse le spalle con uno scatto. Il braccio gli ricadde sul vassoio, rovesciando attorno boccali e posate, salvo la brocca di latte che Tristan aveva prontamente afferrato. La fanciulla se la strinse al petto e restò seduta, pallidissima, mentre Eliard gridava:
— Morgon, ho sentito parlare del caos che è esploso in An! Mi hanno detto delle mandrie che di notte fuggono fino ad ammazzarsi, e dei raccolti marciti nei campi perché nessuno ha il coraggio di mietere. E tu vuoi che io lasci entrare questo sfacelo nella mia terra! Come puoi chiedermi una cosa simile?
— Eliard, io non ho bisogno di chiedere! — Lo fissarono sbigottiti. Morgon vide se stesso cambiare forma negli occhi di Eliard, sentì che qualcosa di prezioso e d’indefinibile scivolava via forse per sempre da quello sguardo, ma con voce secca proseguì: — Se volessi il governo della terra di Hed, potrei riprendermelo. Quando Ghisteslwchlohm lo tolse via da me pezzo per pezzo, compresi che il potere sulle leggi della terra ha una struttura ben precisa, e io conosco la struttura della terra di Hed fino all’ultima radice di luppolo. Se volessi togliertelo potrei farlo, e potrei anche costringerti a riprendertelo, proprio come ho agito per costringere i morti delle Tre Parti di An a venire qui.
Eliard fece un passo indietro, e con le spalle poggiate al montante del caminetto s’immobilizzò, scosso da un tremito. — Che cosa sei, tu?
— Non lo so! — La sua voce fu un ansito. — Aspetto che tu mi dia una risposta.
Ci furono alcuni momenti di silenzio: l’immutabile e tranquilla voce delle notti di Hed. Poi Eliard si scostò dal caminetto e passò accanto a Morgon, calpestando i cocci degli oggetti caduti a terra. Sedette a uno dei tavoli del soggiorno, vi poggiò le mani e chinò il capo. Quando parlò lo fece con voce impastata: — Morgon, loro sono morti!
Lui si volse, sfiorò la mensola del caminetto con le dita e abbassò gli occhi sulle pietre annerite. — Proprio questo da’ loro un vantaggio sui vivi, in battaglia.
— Non avresti potuto portare qui un esercito di vivi? Sarebbe stato anche più facile.
— Se tu portassi un esercito di uomini armati su quest’isola, sarebbe come chiedere l’attacco del nemico. E lo avresti.
— Ne sei certo? Sei sicuro che loro attaccherebbero Hed? Può anche darsi che tu veda cose che non esistono.
— Può anche darsi. — Le sue parole parvero risuonare cupe e lontane nella cavità del camino. — Io non sono sicuro di niente. Ho paura per le cose e le persone che amo. Sai qual è l’unica semplice ma vitale cosa che non sono riuscito a imparare da Ghisteslwchlohm al Monte Erlenstar? A vedere nel buio.
Eliard gli si avvicinò lentamente. Aveva le lacrime agli occhi, e quando mise una mano su una spalla al fratello per farlo girare gli scivolarono copiose sulle guance. — Scusami. Morgon, è vero che io ti grido in faccia, ma anche se tu mi togliessi il governo della terra fino all’ultima radice io continuerei a fidarmi ciecamente di te. Vuoi restare qui? Per favore, vuoi restare? Lascia che siano i maghi a cercarti. Lascia che Ghisteslwchlohm venga pure. Se tu lascerai ancora Hed, non otterrai altro che di farti uccidere.
— No. Non ho intenzione di morire. — Passò una mano dietro al collo di Eliard e lo trasse a sé. — Sono un tipo singolare, sai. I morti non daranno alcun fastidio ai tuoi contadini. Te lo giuro. Non noterai neppure la loro presenza. Sono legati a me. Ho mostrato loro qualcosa della storia e della pace di Hed, e hanno giurato di difendere questa pace.
— Tu li hai legati!
— Mathom aveva allentato la morsa con cui li teneva in suo potere, ma d’altronde essa non sarebbe stata di ostacolo per me.
— Come hai potuto legare a te i Re morti di An?
— Io vedo coi loro occhi. Li capisco. Forse fin troppo bene.