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Quando il terzo dardo esplose contro la pietra, compresi che si trattava proprio di quelle e mi abbandonai a terra prima che i tiratori, avendo fallito, tirassero ancora.

Come avrei dovuto ricordare, il ruscello, una volta uscito dall’imboccatura della miniera, cadeva in una pozza profonda. Mi bagnai tutto un’altra volta, ma non essendomi ancora asciugato, non fu poi un gran danno, e anzi, quel bagno servì a spegnere le scaglie di fuoco che avevano aderito al mio volto e alle mie braccia.

Non riuscii assolutamente a restare immerso. L’acqua mi afferrò come se fossi un fuscello e mi gettò a galla a suo capriccio. Fortunatamente, mi fece riaffiorare a una certa distanza dalla parete rocciosa e io riuscii a guardare i miei assalitori da dietro, mentre mi arrampicavo sulla sponda. Tutti, compresa la donna che stava fra loro, stavano fissando il punto in cui precipitava la cascata.

Mentre sguainavo Terminus est per l’ultima volta nel corso di quella notte, chiamai: — Qui, Agia!

Avevo già capito che si trattava di lei, ma quando si volse, molto più in fretta degli uomini che le stavano intorno, vidi la sua faccia incorniciata dal chiaro di luna. Per quanto bello, per me quel viso era terribile, perché attestava che Thecla era veramente morta.

L’uomo più vicino a me fu tanto stolto da avvicinare la balestra alla spalla prima di colpire. Io lo prevenni e gli tranciai le gambe, mentre il dardo scagliato dall’altro passava sopra la mia testa come una meteora.

Quando mi rialzai, il secondo uomo aveva lasciato cadere la balestra e stava sguainando lo spadino. Agia fu più pronta e sferrò un fendente contro il mio collo con un athame prima che lui fosse riuscito a liberare l’arma dal fodero. Evitai il primo colpo e parai il successivo, anche se la lama di Terminus est non era adatta per la scherma. Il mio attacco la fece indietreggiare di un balzo.

— Aggiralo — gridò Agia al suo secondo uomo. — Io lo posso fronteggiare.

L’uomo non disse niente. Spalancò la bocca e la punta dello spadino saettò. Non avevo ancora capito che stava guardando altrove quando qualcosa di luminoso mi passò rapidamente accanto. Udii il terribile rumore di un cranio spaccato. Agia si volse con l’eleganza di un felino: stava per trapassare l’uomo-scimmia, ma io riuscii a levarle di mano la lama avvelenata e a farla cadere nell’acqua. Cercò di scappare: l’afferrai per i capelli e la gettai a terra.

L’uomo-scimmia stava borbottando sopra il corpo dell’avversario che aveva ucciso… non ho mai capito se fosse sua intenzione depredarlo o se fosse semplicemente incuriosito dal suo aspetto. Appoggiai il piede sul collo di Agia e l’uomo-scimmia si raddrizzò voltandosi verso di me; quindi si accovacciò a terra nella posizione che avevo già visto nella miniera e levò in alto le braccia. Gli mancava una mano: riconobbi il taglio netto di Terminus est. Farfugliò qualcosa che non riuscii a comprendere.

Cercai di rispondergli: — Sì, sono stato io. Scusami. Adesso siamo in pace.

L’uomo-scimmia mantenne l’espressione supplichevole e parlò di nuovo. Dal moncherino colava ancora il sangue, nonostante la sua specie possieda un meccanismo che permette alle vene di chiudersi, simile a quello dei tilacodonti; senza l’intervento di un chirurgo, un uomo normale sarebbe morto dissanguato con una ferita simile.

— L’ho tagliata io — dissi. — Ma è successo quando ancora lottavamo, prima che voi tutti vedeste l’Artiglio del Conciliatore. — Poi mi venne in mente che poteva avermi seguito fino lì per vedere meglio la gemma, sfidando anche la paura per ciò che avevamo risvegliato nelle viscere della collina. Infilai la mano nello stivale e presi l’Artiglio, e nello stesso istante in cui lo feci capii quanto ero stato stupido a mettere lo stivale e il suo prezioso carico tanto vicino ad Agia, perché lei spalancò gli occhi con un’espressione avida mentre l’uomo-scimmia si prosternava ancora di più e allungava il moncherino.

Per un po’ rimanemmo tutti e tre immobili, e in quella strana luce formavamo certamente un quadretto bizzarro. Una voce stupefatta — quella di Jonas — mi riscosse: — Severian! — chiamò dalle alture sopra di me. Come lo squillo di una tromba in uno spettacolo delle ombre mette fine a ogni finzione, così quel grido fece terminare l’immobilità. Io abbassai l’Artiglio e lo nascosi nel palmo della mano. L’uomo-scimmia corse a precipizio verso la parete rocciosa e Agia iniziò a dimenarsi e a imprecare sotto il mio piede.

La misi a tacere con una piattonata della spada, ma la tenni bloccata fino a quando Jonas mi raggiunse e fummo in due a ostacolarle la fuga.

— Ho pensato che avessi bisogno di aiuto — disse Jonas. — Mi rendo conto di aver sbagliato. — Stava fissando i cadaveri dei due uomini che avevano accompagnato Agia.

— Questa non è stata la vera battaglia — dissi.

Agia si era messa a sedere e si massaggiava il collo e le spalle. — Erano in quattro. E ti avremmo ucciso se dalla rupe non fossero piombati su di noi quegli esseri, quegli uomini-tigre luminescenti, e due si sono spaventati e sono scappati.

Jonas si grattò la testa con la mano d’acciaio, un suono simile a quello che si genera strigliando un destriero. — Allora quello che ho creduto di vedere era vero. Iniziavo a domandarmi se fosse realmente successo.

Gli chiesi che cosa pensava di avere visto.

— Un essere luminoso con il manto di pelliccia chinato davanti a te. E tu stavi reggendo una coppa di acquavite incendiata, mi sembra. O forse era incenso? E questo cos’è? — Si piegò e raccolse un oggetto sulla riva, nel punto in cui poco prima era accovacciato l’uomo-scimmia.

— Una mazza.

— La vedo. — All’estremità del manico sporgeva un cappio di minugia. Jonas se lo passò al polso. — Chi sono quelli che hanno cercato di ucciderti?

— Lo avremmo ucciso — disse Agia, — se non fosse stato per quel mantello. Lo abbiamo visto scendere nella galleria, ma il mantello lo ha nascosto mentre si calava e i miei uomini non sono riusciti a vedere il bersaglio, solo le braccia.

Raccontai a Jonas in maniera più succinta possibile i miei rapporti con Agia e il suo gemello e descrissi la morte di Agilus.

— Allora lei è venuta per raggiungerlo. — Jonas guardò Agia, quindi la lama insanguinata di Terminus est e scosse leggermente le spalle. — Ho lasciato lassù il mio merichippo e forse è il momento di andare a prenderlo. Così potrò dire di non avere visto niente. È lei la donna che ti ha spedito la lettera?

— Avrei dovuto immaginarlo. Le avevo parlato di Thecla. Tu non sai niente di Thecla, ma lei sì e per questo motivo ha scritto la lettera. Gliene ho parlato mentre percorrevamo i Giardini Botanici di Nessus. C’erano degli errori nella lettera, cose che Thecla non avrebbe mai detto, ma al momento non vi ho fatto caso.

Mi scostai e riposi nuovamente l’Artiglio nello stivale, sistemandolo con cura. — Forse è meglio che tu vada a raggiungere il merichippo, come hai detto. Pare che il mio destriero sia scappato e credo che dovremo cavalcare il tuo a turno.

Jonas annuì e iniziò a risalire.

— Mi stavi aspettando, vero? — domandai ad Agia. — Avevo sentito qualcosa e il destriero aveva drizzato gli orecchi. Eri tu. Perché non mi hai ucciso allora?

— Eravamo lassù. — Agia mostrò le alture. — E io volevo che i miei uomini ti colpissero mentre risalivi il ruscello. Ma erano sciocchi e ostinati come sono sempre gli uomini e hanno detto che non volevano sprecare i dardi… che gli esseri che vivono là dentro ti avrebbero ucciso. Ho fatto cadere una pietra, la più grossa che sono riuscita a smuovere, ma ormai era troppo tardi.

— Erano stati loro a parlarti della miniera?

Agia scrollò le spalle e la luce della luna trasformò le sue spalle nude in qualcosa di più prezioso e di più bello della carne. — Adesso mi ucciderai, perciò cosa importa? Tutti gli abitanti della zona conoscono questo posto. Si dice che quegli esseri escano di notte, durante i temporali, per rubare gli animali dalle stalle e che qualche volta facciano anche irruzione nelle case per prelevare i bambini. Secondo una leggenda essi custodiscono un tesoro, là sotto, come ti ho scritto nella lettera. Ero convinta che se non per la tua Thecla, almeno per il tesoro saresti venuto. Posso girarti le spalle, Severian? Se per te è lo stesso, non voglio veder arrivare il colpo.