Aggirammo una curva e in un varco che si apriva in mezzo alle piante scorsi baluginare il fiume. Un’altra curva, mentre il mio destriero iniziava a barcollare… e poi in lontananza, quello che mi ero aspettato di vedere. Forse farei meglio a non dirlo, ma in quel momento alzai la spada verso il Cielo, verso il sole sbiadito con il verme nel cuore e gridai: — La sua vita per la mia, Nuovo Sole, per la tua ira e la mia speranza!
L’ulano, che era solo, dovette certo immaginare che lo stessi minacciando, come in effetti era. L’azzurra luminosità della sua lancia si intensificò mentre incitava il suo animale per venirmi incontro.
Per quanto sfinito, il mio destriero deviò come una lepre inseguita. Un movimento delle redini e slittò e si volse, sfregiando con gli zoccoli l’erba verde della strada. Nel tempo di un respiro avevamo invertito la direzione e stavamo tornando di corsa verso le cose che ci inseguivano. Non so se Jonas capì che cosa avessi in mente, ma lo assecondò, senza mai rallentare la sua velocità nemmeno per un momento.
Uno degli esseri svolazzanti si lanciò in picchiata, come uno squarcio aperto nell’Universo, così simile com’era al mio manto di fuliggine e privo di luce. Stava cercando di avventarsi su Jonas, penso, ma arrivò alla portata della mia spada e io lo tranciai come avevo già fatto; avvertii nuovamente la vampata di calore. Sapendo da dove veniva, quel caldo mi parve più nauseante di qualsiasi odore immondo e la semplice sensazione che impresse nella mia pelle mi provocò un malessere. Feci deviare bruscamente il destriero, per timore di essere colpito da una folgore dell’ulano. Avevamo appena lasciato la strada quando la folgore bruciò il terreno e incendiò un albero morto.
Tirai energicamente all’indietro la testa della mia cavalcatura facendola impennare e ruggire. Per un attimo cercai con lo sguardo i tre brandelli di tenebra intorno all’albero incendiato. Non li trovai. Allora guardai verso Jonas, con il timore che l’avessero raggiunto e che lo stessero attaccando in un modo che non riuscivo a capire.
Non erano nemmeno là. Comunque, gli occhi di Jonas mi mostrarono dove erano andati: stavano svolazzando intorno all’ulano e questi, mentre lo guardavo, cercava di difendersi con la sua lancia. Scarica dopo scarica, fendeva l’aria e si udiva un susseguirsi ininterrotto di schianti. Ogni scarica cancellava il fulgore del sole, ma quelle stesse energie che l’uomo usava per cercare di annientarli parevano rinvigorirli. Ai miei occhi non volavano più, ma guizzavano come raggi di tenebra, comparendo prima in un punto e poi in un altro, e sempre più vicini all’ulano fino a quando, in un tempo più rapido di quello che io ho impiegato a descrivere la scena, si avventarono tutti e tre contro il suo volto. L’ulano cadde di sella e la lancia gli scivolò di mano, spegnendosi.
XIII
L’ARTIGLIO DEL CONCILIATORE
— È morto? — gridai. Jonas annuì. Mi sarei voluto allontanare subito al galoppo, ma lui mi fece segno di raggiungerlo e di scendere a terra. Quando ci trovammo vicino al corpo dell’ulano, disse: — Forse possiamo annientare queste cose in modo che non possano più essere lanciate contro di noi né usate per nuocere ad altri. Adesso sono sazie e penso che potremo maneggiarle. Ci serve qualcosa per riporle… qualcosa di stagno, di metallo o di vetro.
Io non avevo niente di simile e glielo dissi.
— Nemmeno io. — Jonas si inginocchiò accanto all’ulano e gli frugò nelle tasche. Il fumo aromatico che emanava dall’albero incendiato inghirlandava tutto come incenso e a me sembrò di essere tornato nella Cattedrale delle Pellegrine. Lo strato di ramoscelli e di foglie della tarda estate sul quale era sdraiato l’ulano avrebbe potuto essere il pavimento cosparso di paglia e i tronchi delle piante i pali di sostegno.
— Ecco — disse Jonas, raccogliendo un vasculum d’ottone. Tolse il coperchio e lo svuotò delle erbe, quindi rotolò sull’ulano morto.
— Dove sono? — chiesi. — Il corpo li ha assorbiti?
Jonas scosse il capo e dopo un istante, con estrema attenzione e delicatezza, iniziò a estrarre una delle cose scure dalla narice sinistra dell’ulano. A parte il fatto che era completamente opaca, pareva fatta della carta velina più sottile.
La cautela di Jonas mi stupì. — Se tu la lacerassi, diventerebbero due?
— Sì, ma adesso è sazia. Divisa, perderebbe energia e forse sarebbe impossibile maneggiarla. Molti sono morti, sai, perché avevano scoperto di poter tagliare questi esseri e hanno insistito nel farlo fino a quando si sono trovati circondati da un numero troppo grande di brandelli per riuscire a tenerli lontani.
Un occhio dell’ulano era semiaperto. Avevo visto moltissimi cadaveri prima di allora, ma di fronte a quello non riuscii a liberarmi della sensazione che mi stesse osservando, che stesse spiando l’uomo che l’aveva ucciso per salvare se stesso. Per pensare ad altro, dissi: — Dopo aver tagliato il primo, mi è sembrato che volasse più lentamente.
Jonas aveva posato nel vasculum l’orrore che aveva estratto e stava togliendo il secondo dalla narice destra del morto. Mormorò: — La velocità di tutto ciò che vola dipende dalle dimensioni delle ali. Se non fosse così, coloro che si servono di queste creature probabilmente le farebbero a brandelli prima di lanciarle.
— Ne parli come se le avessi già incontrate.
— Una volta facemmo scalo in un porto nel quale vengono usate per gli omicidi rituali. Logicamente qualcuno le portava con sé, ma queste sono le prime che vedo qui. — Jonas sollevò il coperchio d’ottone e ripose la seconda macchia di fuliggine sulla prima, che si agitò torpidamente. — Qui dentro si ricomporranno… è in tal modo che fanno anche gli adepti. Non penso che tu vi abbia fatto caso, ma si erano un po’ logorate attraversando il bosco e si sono ricomposte durante il volo.
— Ce n’è ancora una — dissi.
Jonas annuì e si servì della mano d’acciaio per aprire a forza la bocca del morto. Invece di vedere i denti e la lingua livida, scorsi un abisso senza fondo, e per un istante mi sentii rivoltare lo stomaco. Jonas estrasse la terza creatura, bagnata dalla saliva dell’ulano.
— Gli avrebbe risparmiato una narice o la bocca se non avessi tagliato la cosa una seconda volta?
— Gli sarebbe penetrata nei polmoni. A dire la verità, siamo stati fortunati avendolo potuto raggiungere tanto in fretta. Diversamente, saremmo stati costretti a squarciare il corpo per poterle estrarre.
Un filo di fumo mi fece venire in mente il cedro che stava bruciando. — Se era il calore, quello di cui avevano bisogno…
— Preferiscono il calore della vita, anche se talvolta si possono distrarre con un fuoco di materia vegetale vivente. In realtà, penso che cerchino qualcosa in più del calore. Forse un’energia radiante tipica delle cellule in crescita. — Jonas mise la terza creatura nel vasculum e lo richiuse di colpo. — Noi le chiamavamo notule, perché generalmente giungono dopo il tramonto, quando è impossibile vederle, e il primo segnale della loro presenza è un soffio di calore. Non so come le chiamino gli indigeni.
— Dove si trova quest’isola?
Jonas mi guardò con curiosità.
— È lontana dalla costa? Ho sempre desiderato vedere Uroboros, anche se credo che sia pericoloso.
— È molto lontana — rispose Jonas in tono asciutto. — Molto, molto lontana. Aspetta un istante.
Attesi, mentre si avvicinava al fiume. Lanciò con tutta la sua forza il vasculum… che cadde nell’acqua quasi al centro della corrente, quindi fece ritorno e io gli domandai: — Non avremmo potuto servirci noi di quelle cose? Non credo che chi le ha inviate sia pronto a ritirarsi adesso, e avremmo potuto averne bisogno.