Per un attimo provò l’orrenda sensazione di essere fuori, nello spazio.
L’osservatorio era una grande cupola trasparente, fatta quasi tutta di vetroplastica, e in quell’attimo Loring ebbe l’impressione che non ci fosse niente tra lui e le stelle. Poi si riprese, sorrise, e fluttuando come un bambino su una nuvola si girò a mezz’aria a guardare i suoi vecchi amici.
Alpha Centauri? e vedo anche te, laggiù, Proxima. La Croce e Achenar. Si girò di nuovo. Come sei piccolo e lontano, vecchio Sole. E Cassiopea, e la lucente Stella Polare… sempre al vostro posto. In eterno, eh? In eterno. O quasi.
Si accorse a poco a poco delle sagome scure attorno a lui, che gli nascondevano pezzi di cielo. Erano i ferri del suo mestiere d’astronomo: telescopi, strumenti di registrazione, videoschermi e telecamere, terminali dell’elaboratore.
Nuotò verso la scrivania incuneata nel mezzo della congerie di strumenti, e premette il pulsante vicino al video sul piano. Il video si accese, mostrando un’immagine nitida di quello che vedeva il telescopio principale: le due stelle maggiori del sistema di Alpha Centauri e, in mezzo a loro, le macchioline luminose di due pianeti.
Il dottor Loring fece ruotare la sedia e attivò il terminale dell’elaboratore. Il piccolo schermo annesso rimase buio, ma, vicino, brillò il segnale verde di PRONTO.
Il dottor Loring controllò l’ora, poi disse la data, il suo nome, e le parole di codice della sezione di memoria in cui veniva archiviato il suo lavoro.
Poi: — Rimettere in posizione il telescopio principale per l’osservazione di Epsilon Indi.
Con un ronzìo di motori elettrici, la sagoma massiccia del telescopio oscillò contro lo sfondo di stelle sopra la testa del vecchio. Loring guardò il videoschermo, e vide apparire, al centro, una lucente stella arancione.
— Analizzando i risultati delle osservazioni della settimana scorsa — recitò per la memoria della banca dei dati dell’elaboratore, — ho concluso che sia Epsilon Eridani sia Epsilon Indi hanno uno o più pianeti. Tutt’e due le stelle sono di sequenza K, più luminose e più calde delle stelle nane rosse osservate in precedenza. La massa del pianeta di Epsilon Eridani è circa un centesimo di quella di Giove, o approssimativamente, tre volte quella della Terra. Sono dati preliminari, che potrebbero anche applicarsi al totale delle masse di più pianeti, benché finora ne sia stato osservato soltanto uno. Lo scopo delle osservazioni di stasera è raccogliere dati sulla massa del pianeta o dei pianeti di Epsilon Indi. Le misurazioni spettroscopiche possono…
S’interruppe. Aveva visto qualcosa muoversi tra le ombre. Il grande, sepolcrale osservatorio era illuminato solo dalle stelle e dal tenue bagliore del videoschermo. Ma qualcosa si era sicuramente mosso, vicino al telescopio principale.
— Chi è? — chiese il dottor Loring. Nessuna risposta. Seccato, il dottor Loring alzò la voce. — Ho visto qualcuno muoversi, sono sicuro. Preferirei non dover accendere la luce, ma se, chiunque siate, non uscite…
Una mano sulla spalla lo fece trasalire.
— Co… chi…
— Cosa ci fate qui, vecchio scemo? — bisbigliò una voce. — Perché non ve ne siete stato tranquillo a letto?
— Ma chi è? Cosa…
Loring ebbe la fugace visione d’una mano, poi il cranio gli esplose, e non vide né udì più niente.
L’esile figura che lo sovrastava si chinò e gli tastò il polso. Poi lo tirò giù dal sedile, e nell’assenza di peso l’astronomo sgusciò via, urtò contro il terminale dell’elaboratore e scivolò verso il ponte. L’esile figura nera toccò alcuni pulsanti sul terminale, e tutte le osservazioni del dottor Loring passarono sullo schermo: le sue parole, le sue note di commento, le cifre che aveva fatto calcolare all’elaboratore, la registrazione delle immagini fornite dal telescopio.
La figura misteriosa toccò il pulsante: CANCELLAZIONE, L’elaboratore attese un microsecondo, poi fece lampeggiare sullo schermo una domanda: CONFERMARE ORDINE DI CANCELLAZIONE.
— Sei duro a morire anche tu, eh? — La figura sorrise, e premette di nuovo il pulsante di cancellazione.
ESECUZIONE segnalò l’elaboratore, CANCELLAZIONE COMPIUTA.
La figura nera annuì solennemente, poi si voltò, afferrò il dottor Loring per il collo della tuta e lo tirò verso il portello. L’aprì e spinse nel tunnel il corpo dell’astronomo, che cadde fluttuando, prima lentamente, e poi, a mano a mano che la gravità aumentava, sempre più in fretta. La figura stette a guardare, intravvedendo il corpo a intervalli, ogni volta che passava davanti a una delle fioche luci d’emergenza.
— Cade come una bomba — mormorò, senza umorismo, senza odio, senza emozione. — Lo troveranno al quarto o al terzo livello… quello che ne sarà rimasto, almeno.
Larry percorreva con passo rigido il corridoio, che era ancora in penombra, nella fioca illuminazione notturna. Era un budello interminabile, di una monotona uniformità interrotta solo dalle porte sui due lati. I colori pastello alle pareti si fondevano, nella luce scarsa, in un grigio indistinto. Il pavimento piastrellato seguiva la curvatura della gigantesca ruota del livello 1. Non si aveva mai, però, la sensazione di andare in salita.
Ma a Larry, in quel momento, pareva di arrampicarsi su una parete di roccia. Andava avanti senza guardare le targhe sulle porte: sapeva qual era la porta che cercava.
Ci arrivò e si fermò. Respirò a fondo, poi batté un colpetto leggero.
Valery venne immediatamente ad aprire.
— Che succede, Larry? — bisbigliò ansiosa. — Al telefono avevi una faccia…
Larry ce l’aveva ancora, quell’espressione tirata, stanca, infelice.
— Tua madre è sveglia? — chiese entrando nell’alloggio dei Loring.
— No; non l’ho svegliata. Papà dev’essere all’osservatorio. L’ho sentito uscire un paio d’ore fa. Ha cercato di non far rumore, ma per lui è un’impresa.
Vide l’espressione della faccia di Larry e si fermò, improvvisamente allarmata.
— È successa una disgrazia — disse Larry.
Valery aprì la bocca, ma non le uscì una parola.
— Tuo padre… dev’essere scivolato. È precipitato nel tunnel… per tre livelli.
— Oh, no! — Val si coprì la faccia con le mani.
Con voce opaca, Larry continuò: — L’hanno visto a uno dei monitor. Ora è in infermeria… ma i medici non credono che se la caverà. È conciato male.
Valery gli si abbandonò addosso, e Larry la sostenne, combattendo l’impulso di lasciarsi andare. Qualcuno dev’essere forte. Qualcuno deve tenere la testa a posto. Niente cedimenti. Non ora. Più tardi.
E fu forte e calmo, comprimendosi dentro la paura, il dolore, il senso di colpa. Aiutò Val a calmarsi, e poi svegliarono la signora Loring e le diedero la notizia. Ci volle quasi un’ora prima che, tremante e con la faccia rigata di lacrime, fosse vestita e pronta per uscire. Poi tutt’e tre, in silenzio, andarono all’infermeria.
Il dottor Loring era nello stesso cubicolo in cui era stato ricoverato Dan. Il suo corpo disegnava una montagnola sul materasso liquido. La faccia era irriconoscibile, metà nascosta sotto le bende di plastica a spruzzo, l’altra metà smorta e ammaccata. Le braccia e le gambe erano coperte da ingessature di plastica. Da una batteria di macchine accanto al letto, alcuni tubi gli entravano in tutto il corpo.
Larry diede un’occhiata agli indicatori sopra il letto: frequenza del polso, respirazione, ritmo alfa, indice metabolico, pressione sanguigna… tutto basso, debole.
La signora Loring svenne, e Larry fece appena in tempo ad afferrarla prima che cadesse. Due infermiere si materializzarono d’incanto e la portarono via, mormorando: — Lo choc… ipersensibile…