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Larry scosse la testa. — Non è possibile. Non possiamo viverci, su quel pianeta… anche se…

— Anche se?

— È stupendo! — disse Larry. — Oggi ho visto le fotografie della superficie. È bellissimo. Vorrei tanto che fosse possibile viverci.

— I genetisti non possono…?

— Possono adattare alle condizioni di vita del pianeta i nostri figli. Ma… questo vorrebbe dire farli crescere lontano da noi, in una parte dell’astronave con una gravità più alta e un’atmosfera diversa. Vorrebbe dire che per andare a trovarli dovremmo metterci una tuta pressurizzata.

— Oh…

— E i genitori? Ti par possibile che noi continuiamo a vivere qui dentro, in questo bozzolo, in questa prigione, e lasciamo andare i nostri figli sul pianeta? È pazzesco, impensabile. Il pianeta è bellissimo ma inadatto a noi. Se tentassimo di farcelo andar bene a tutti i costi, saremmo degli infelici.

— E allora bisogna andare avanti — disse Val.

— Già. Ma Dan s’è impuntato. Mi darà battaglia.

— E tu vincerai.

Larry la guardò. — Mah. Mi ripugna, sai, dovermi scontrare con lui.

— Dan è convinto che l’astronave non è in grado di proseguire — disse Valery. — Dice che moriremo tutti, se tentiamo di raggiungere un’altra stella.

Larry vide che Val non lo guardava; teneva gli occhi fissi alle stelle. Le prese il mento e le girò la faccia verso di lui.

— Vi siete visti spesso, da quando lui è uscito dall’infermeria, vero?

— Sì — rispose Valery, sottovoce.

Larry lasciò cadere la mano. — È una cosa che non mi fa piacere. Anzi, mi dà terribilmente fastidio.

— Larry — disse Valery, dolcemente, — io sono una donna libera. Posso fare quello che voglio.

— Lo so, hai ragione. Ma… non mi va che tu lo veda.

— Non ti fidi di me?

Larry si sentì meschino e infelice. — Certo che mi fido di te, Val, ma…

— Niente ma, Larry. O ti fidi o non ti fidi.

— Mi fido — disse Larry tetro e accigliato.

— E fai male.

— Eh?

— Oh, Larry… è tutto così complicato! Io non voglio che Dan ti faccia del male. M’ha detto… che se sposo lui, non tenterà più di strapparti la presidenza.

Larry ebbe la sensazione che lo stomaco gli si intorpidisse. — E tu cosa gli hai risposto?

— Io… gli ho lasciato credere che ero disposta a farlo, se davvero ti lasciava in pace.

Larry seppe cosa si provava sotto un getto d’elio liquido: un freddo dannato. — Ah. Gli hai lasciato credere questo.

— L’ho fatto per te.

— Grazie tante. M’hai fatto un favore enorme. Adesso lui sa che può alzare un dito e farti correre. Basta che attacchi lite con me, e ti ha a sua disposizione.

— No… non è…

Larry strinse i pugni. — Sono stato uno scemo a credere che preferissi me. È lui che hai sempre voluto. E adesso hai il pretesto per prendertelo.

La sentì sussultare. — Larry… no… per favore… — Aveva una voce fioca, lontanissima.

— M’hai fatto intendere per tutto questo tempo che amavi me… solo perché lui non era in circolazione. Ma appena riappare, è lui che conta.

— Non hai capito niente!

Larry si alzò in piedi. E per un attimo, guardando le stelle, ebbe voglia che la parete di metallo e plastica sprofondasse, facendolo precipitare senza fine nel gelo dell’eternità.

— Niente? — ripeté a voce bassissima. — Non ho capito niente?

E allora si alzò anche lei, e gli si piantò davanti, con la faccia rossa di rabbia.

— Siete tutti e due uguali! — sbottò. La voce era bassa ma ora vibrava come una corda d’acciaio. — Tutti e due volete possedermi, spadroneggiare su di me. Ma io non sono un oggetto di proprietà di nessuno dei due. Io sono io, e non starò qui come un fiorellino ad aspettare che chi la vince tra voi due mi colga. D’ora in poi, sia tu sia Dan farete a meno di me. Non voglio più vedere né l’uno né l’altro! Chiaro?

Larry fece un passo indietro. — Val…

— Se tu e il tuo ex-amico volete scannarvi a tutti i costi, fatelo pure, ma per un motivo qualunque che non sia io. Non voglio essere il premio per il vincitore. Picchiatevi, accoppatevi, se volete… io non c’entro più, mi ritiro. Non me ne importa più niente! Ho tentato di salvarvi. Io vi amo tutt’e due, capisci? Vi amo tutt’e due, ma ho sempre amato più te, Larry. Sono stata io a spingerti ad accaparrarti la presidenza… perché sono stata io a volerti. Ma sei tutto preso a flettere i muscoli e a fare il geloso… Tu hai paura di Dan! Non potrai mai essere felice, tornare te stesso, se non ti liberi di questa paura. E ti sembra che l’unico modo per liberarti sia ucciderlo… o essere ucciso da lui. Ecco a che cosa arriverete, voi due. Ma io non voglio averci niente a che fare! Andate avanti, ammazzatevi! A me non importa più niente, me ne lavo le mani!

Si voltò e corse via per il corridoio.

Larry non riuscì a rincorrerla. Era pietrificato. E poi sapeva che lei aveva ragione.

X

La sala del Consiglio si riempiva lentamente. Larry, in piedi a capo del tavolo, guardava i consiglieri entrare e si rendeva conto che nessuno sembrava ansioso che la riunione cominciasse.

Sanno che ci sarà battaglia, pensò. Sanno che dovranno prendere una decisione difficile, e non hanno voglia di affrontarla.

La sua mente tornava di continuo a Valery, allo sguardo incollerito e spaventato che le aveva visto la sera prima. Non può respingerci tutt’e due, pensò. Le leggi dell’astronave in certe cose erano miti, ma in altre inesorabili. Valery era in età di sposarsi, e doveva sposarsi. L’elaboratore aveva selezionato per lei una lista di uomini geneticamente adatti, e lei doveva sposarne uno, non poteva sottrarsi.

O Dan o me, pensò Larry. O un altro della lista. Possibile? Ma no, non avrebbe sposato un altro.

Ma il problema era più complicato. Se il Consiglio decide di concludere il viaggio ad Alpha Centauri, rimuginò Larry, dovremo alterare geneticamente i nostri figli. I figli di Val, e di quello di noi due che lei sposerà, saranno mostri in grado di respirare zolfo e di vivere normalmente a 1,3 g. Val non potrà allevarli, potrà stare con loro solo per brevi visite. Cresceranno in una parte separata dell’astronave, non potranno respirare la sua stessa aria…

Qualcuno tossì, Larry si riscosse e riportò la sua attenzione sui consiglieri, che adesso erano tutti ai loro posti e lo guardavano, aspettando.

Solo tre sedie erano ancora vuote: quella del dottor Loring, e quelle di Joe Haller e Dan. Ma appena Larry aprì la bocca per parlare, la porta in fondo alla sala si spalancò, e Haller e Dan entrarono. Dan sorrideva.

I due si sedettero ai loro posti in fondo al tavolo, e si sedette anche Larry.

— Presumo che abbiate rivisto tutti il verbale dell’ultima seduta, e che siate al corrente dell’ordine del giorno di oggi.

Ci fu un generale mormorìo d’assenso, accompagnato da cenni della testa.

— Abbiamo visto insieme, nel laboratorio di Polanyi, le fotografie inviate dalle sonde.

Altri mormorii d’assenso.

Larry non si sentiva nervoso come aveva temuto. Si sentiva… distaccato, lontano, come se fosse stato ad anni-luce di distanza e di là guardasse qualcuno nella sua pelle che dirigeva la riunione, come uno scienziato guarda una cavia.

Appoggiando le braccia sul tavolo, disse: — Bene, direi di venire subito al sodo: vogliamo concludere il viaggio ad Alpha Centauri, o vogliamo tentare di trovare un pianeta migliore, più simile alla Terra?

Per qualche istante nessuno dei membri del Consiglio aprì bocca. Si guardarono l’un l’altro, tutti ugualmente riluttanti a iniziare la discussione.