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— Io credo che orbitare attorno al pianeta ci procurerà molti vantaggi — disse Polanyi. — Potremo studiarlo da vicino, e anche far scendere sulla superficie delle squadre d’esplorazione. La signorina Loring avrà tutto il tempo necessario per le sue osservazioni astronomiche. E potremo revisionare l’astronave con comodo. In fin dei conti, anche se dovessimo decidere di fermarci ad Alpha Centauri, tutti noi dovremmo passare il resto dell’esistenza a bordo dell’astronave. Non potremmo mai andare a vivere sul pianeta.

— Ma i nostri figli sì — disse Dan.

I figli di Val, pensò Larry, con una fitta d’amarezza.

— Bene — disse forte. — Sembra che non ci sia altra via, e perciò nessuna decisione da prendere. Per il momento, almeno. — Poi si voltò verso il medico capo. — Se dobbiamo far atterrare degli uomini sul pianeta, potete dare l’avvio alla rianimazione di una squadra di astronauti.

Il medico capo annuì.

Poco dopo la riunione si concluse. E mentre i consiglieri si alzavano e uscivano, Larry si avvicinò a Val.

— Non mi avevi detto di aver trovato quegli appunti di tuo padre — le disse.

Val era in piedi vicino al tavolo, seria e più bella che mai.

— È stato proprio come ho detto — rispose, con una voce tesa, in cui si sentiva lo sforzo di non lasciar trapelare la minima emozione. — Mi sono messa alla scrivania di mio padre per scrivere una lettera a Dan, per dirgli le stesse cose che avevo detto a te, e ho trovato gli appunti in un cassetto.

— La pensi sempre… come ieri sera?

Val distolse lo sguardo. — Sì. Non mi va di mettere zizzania tra te e Dan. Mi ripugna.

— Ma cos’è questa storia che vuoi fare l’astronoma? Non sapevo…

— Ci sono tante cose di me che non sai — disse Val. — Mentre io so tutto di te e di Dan. Ognuno di voi due pensa che l’altro abbia tentato di uccidere mio padre. Non pensi che se qualcun altro continuasse il suo lavoro all’osservatorio, il mancato assassino, ammesso che ci sia, ci riproverebbe?

Larry cominciò a capire e provò un senso di vuoto allo stomaco. — Vuoi dire che se invece sei tu, a continuare gli studi di tuo padre…

— Né tu né Dan mi farete del male. Non è piacevole, eh? Ma se tutt’e due siete convinti che uno di voi è un assassino, allora l’unica persona che può riprendere e portare a termine il lavoro sono io.

— Ma… e se l’assassino, sempre che ci sia, fosse un altro, chissà chi?

Valery non esitò un istante. — Allora finalmente voi due non sospetterete più uno dell’altro, e collaborerete per scoprire chi è il pazzo dell’astronave!

Gli voltò le spalle e si avviò verso la porta. E dal suo passo risoluto, dal gesto di sfida con cui buttò indietro la testa, Larry capì che non voleva che lui la seguisse.

Larry si appoggiò al tavolo, sentendosi sfinito.

Il mondo intero mi crolla addosso. Tutto si sfascia e non posso farci niente…

Poi un pensiero lo colpì. Dan aveva detto che sul pianeta avrebbero potuto fare scorta di deuterio per i reattori. Questo significava che avrebbero dovuto calare sulla superficie un carico d’attrezzatura, e gente capace di farla funzionare. Significava che anche Dan avrebbe dovuto scendere su quel pericoloso, forse micidiale pianeta.

Ci mancò poco che Larry non sorridesse.

XI

Guido Lastella era un astronauta, il solo uomo a bordo dell’astronave capace di pilotare un razzo avanti e indietro da un’orbita di parcheggio alla superficie di un altro pianeta. Lui non era uno dei prigionieri politici, di quegli scienziati esiliati dalla Terra e rinchiusi nell’astronave per salvaguardare la stabilità del mondo. Guido Lastella era un astronauta. E fare l’astronauta era il suo divertimento.

Ma lo stesso governo della Terra che aveva esiliato migliaia di scienziati con le loro famiglie, aveva anche soppresso quasi completamente i voli spaziali. Li aveva ridotti a qualche viaggio sulla Luna, due o tre volte l’anno, per portare manodopera alle fabbriche, e ai voli orbitali, per riparare i satelliti artificiali. Nient’altro. Niente più viaggi su Marte, niente più esplorazioni nel sistema solare. La Terra non poteva permetterselo.

E così, quando gli esuli avevano ottenuto dal governo della Terra il permesso di lanciare la loro prigione orbitante verso le stelle, Lastella si era offerto volontario di accompagnarli.

— Ci sono destinato. Lo dice il mio nome, no?

E per cinquant’anni aveva viaggiato verso le stelle, congelato nel criosonno, per essere risvegliato quando ci fosse stato bisogno di lui. Ora era sveglio e faceva il suo mestiere d’astronauta.

Terribilmente infelice.

Era chiuso in una tuta pressurizzata, sulla superficie del nuovo mondo che tutti chiamavano Maggiore, contrazione de il pianeta maggiore di Alpha Centauri. Ma Lastella l’aveva battezzato Il Pianeta Giallo e quel colore era per lui un segnale di pericolo.

Si sentiva sempre stanco, sul pianeta. Forse era la gravità elevata che pesava sui muscoli. Forse era la paura, che non lo abbandonava mai.

Erano ormai sei settimane che Guido portava avanti e indietro un piccolo aviorazzo dalla superficie all’astronave, che ora orbitava a cinquecento chilometri sopra l’equatore del pianeta. Almeno due volte alla settimana trasportava uomini e attrezzature al piccolo accampamento eretto sulla riva di uno dei mari del Pianeta Giallo. Il resto del tempo, insegnava ad alcuni giovani a pilotare il razzo. C’era stato un incidente in cui erano rimasti uccisi due uomini e una ragazza. E più di una volta si era evitato per un pelo che la cosa si ripetesse. In quelle sei settimane, Guido era invecchiato molto di più che nei cinquant’anni di criosonno.

In quel momento era fermo a metà strada tra l’aviorazzo e la base, composta di attrezzature e tende a cupola di plastica in ordine sparso. Un vento impetuoso sferzava l’acqua verde del mare sollevando onde dalla cresta spumeggiante Ma per Guido, chiuso dentro la tuta pressurizzata, il vento era solo un leggero stridore.

Quello che lo rendeva inquieto era la minacciosa nuvola giallobruna che il vento portava verso di loro dall’orizzonte.

— Astronave da campo — crepitò la voce di una ragazza nella cuffia. — Abbiamo accertato che sull’altra riva del vostro mare c’è un nuovo vulcano in attività, e il vento sta portando il pulviscolo radioattivo nella vostra direzione.

Dentro il casco, Guido annuì amaramente. Poi premette un pulsante sulla cintura.

— Ci conviene riportare su la scialuppa al più presto possibile, prima che arrivi la nuvola.

— Ripartite subito? Ma non siamo ancora pronti. — Era la voce di Dan, dal campo, molto più forte di quella della ragazza dall’astronave.

Guido si avviò verso l’aviorazzo. — L’ultima volta che ho visto una nuvola simile, si portava dietro un uragano che ci ha bloccato per due giorni. E son piovute tante pietre e tanto zolfo che abbiamo dovuto spianare l’intero involucro del razzo. Non voglio rifare l’esperienza.

— Ma non puoi portarci via tutti. Qualcuno deve restare anche col temporale. E l’attrezzatura…

— Io, prima di tutto, penso alla scialuppa. L’attrezzatura è protetta, e voi potete aspettare la fine del temporale nel rifugio sotterraneo. — Guido raggiunse la scialuppa, aprì il pannello d’accesso, e premette il pulsante che c’era sotto. Il portello si aprì con uno schiocco, e la scaletta si srotolò fino ai suoi piedi.

— Aspetta — disse la voce di Dan. — Ti mando qualcuno. Per quante persone hai posto?

— Per quattro. A meno di non rimuovere una parte del carico che abbiamo imbarcato stamattina.

— Il deuterio? Neanche per sogno. Vale più di tutti noi messi insieme.