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Valery scosse la testa.

— A mezzogiorno allora?

— Dan — disse Valery tristemente. — Ho detto a te e a Larry la stessa cosa. Finché non la smettete di litigare, non voglio aver niente a che fare con nessuno dei due.

— Ma avevi detto…

— Ho detto tante cose. Ora dico no a tutt’e due… finché non la piantate di scannarvi.

— Ma Larry è…

— Non voglio sentire niente.

Dan si rabbuiò.

— Non fare quella faccia — disse Valery, sorridendo. — Non è il caso.

— No?

— No… Guarda, questi sono alcuni degli spettrogrammi che ho fatto. Sei il primo a vederli non li ho mostrati ancora a nessuno.

Dan si strinse nelle spalle. — Che emozione!

— Non fare il villano. Devi promettermi che non dirai niente a nessuno finché non farò la mia relazione al Consiglio, la settimana prossima. Non voglio che trapelino notizie di cui non sono ancora assolutamente certa.

— Terrò il segreto, sta’ tranquilla.

— Dunque… — Valery abbassò la voce a un bisbiglio. — Sembra che tutt’e due le stelle abbiano pianeti simili alla Terra.

— Cosa?

Val annuì, e riprese, alzando un poco la voce nell’eccitazione: — Epsilon Indi è la più vicina, perciò è più facile studiare i suoi pianeti. Non che abbia visto niente di più che un puntino luminoso; ma le misurazioni gravimetriche sono eccellenti, e i dati spettrali… — Si voltò verso i due schermi. — Guarda… questo è uno spettro del pianeta più interno di Epsilon Indi, quello che ha su per giù le dimensioni e la massa della Terra. L’ho raccolto ventiquattr’ore fa. E questo, sull’altro schermo, è uno spettro della Terra che ho raccolto con lo stesso telescopio qualche giorno fa. I due pianeti sono circa alla stessa distanza da noi: quattro anni luce.

Dan guardò. Ciascuno dei due schermi presentava una macchia di colore intersecata da centinaia di righe scure. Lo spettro della Terra era dominato dal giallo, quello del pianeta di Epsilon Indi dall’arancione.

— Il fondo continuo non ha importanza — disse Valery. — Guarda le righe dell’assorbimento… — Indicò prima una e poi l’altra immagine. — Ossigeno… qui, e anche qui. Azoto, in tutt’e due. Vapore acqueo… anidride carbonica — la mano esile andava continuamente avanti e indietro, — e tutto più o meno allo stesso grado di concentrazione. È fantastico!

— Vuoi dire che questo pianeta è praticamente uguale alla Terra?

— Da dove siamo noi, almeno, non si notano differenze.

— Ma… — Dan si sentiva rimescolare lo stomaco. — Ma il pianeta di Epsilon Indi è lontano da noi quanto la Terra e il sistema solare.

— Questo è vero.

— Non potremmo mai arrivarci.

Invece di rispondere, Valery premette un tasto sul pannello davanti al video. Una delle immagini svanì, e fu sostituita da un altro spettrogramma.

— Questo è lo spettro del Pianeta Giallo… è molto più intenso perché siamo vicini.

— E l’altro è sempre quello della Terra?

— Sì — disse Val. — Guarda le differenze della composizione atmosferica. Ossidi solforosi, masse di anidride carbonica e ossido di carbonio, e altre cose che non ho ancora identificato.

Persino all’occhio inesperto di Dan i due spettrogrammi apparivano decisamente molto diversi.

— Dopo quello che hai passato sul Pianeta Giallo — disse Valery, — penso che sarai anche tu dell’idea di riparare l’astronave e andare avanti.

Dan non disse niente, e si appoggiò alla parete acusticamente isolata della cabina. Era pallido con gli occhi pensosi.

— Grazie per avermi confidato le tue scoperte — disse sottovoce. — E… non preoccuparti, non ne farò parola con nessuno.

Poi aprì la porta e uscì dalla cabina.

Valery lo guardò allontanarsi lungo la corsia tra gli scaffali dei nastri magnetici. Ora ho detto a ciascuno dei due il contrario di quello che avrebbero voluto sentirsi dire, pensò. Quale dei due tenterà di chiudermi la bocca prima della riunione del Consiglio?

Passarono quattro giorni.

Larry era nella sala del Consiglio, seduto al suo posto a capo del tavolo. Ma delle altre sedie, molte erano vuote. C’erano solo Dan, Polanyi, Mort Campbell e Guido Lastella, tutti raggruppati vicino e Larry.

— Da quello che mi avete detto — concludeva Larry, guardando la mappa sullo schermo in fondo alla sala, — non abbiamo altra scelta che ridiscendere sul pianeta e tentare di riparare la raffineria.

— Polanyi incrociò le braccia sul ventre. — Sembra anche a me. Sia che ci fermiamo qui sia che proseguiamo, dobbiamo avere abbastanza deuterio per vivere sull’astronave ancora molti anni.

— E, ci si fermi o si vada avanti, l’astronave dev’essere revisionata completamente — disse Campbell. — Sta andando in pezzi, dobbiamo rattopparla.

Larry guardò Lastella. — La ricostruzione della raffineria richiederà molti viaggi avanti e indietro tra il pianeta e l’astronave.

L’astronauta inclinò leggermente la testa da un lato.

— È il mio mestiere, sono qui per questo.

— Sì, certo — disse Larry, serio. — Pensi che dovrai pilotare sempre tu la scialuppa, o potrai farti sostituire da qualcuno dei giovani che hai addestrato?

— Ce ne sono almeno tre o quattro bravi come me, — disse Lastella. — E si potrebbe utilizzare anche qualcuna delle scialuppe di riserva.

Larry annuì pensieroso.

— Io direi di tenerne una sempre ferma vicino al campo — propose Dan, — per servire in una situazione d’emergenza.

— Buona idea — disse Larry.

— L’unico vero pericolo del pianeta — mormorò Lastella — sono gli uragani.

Polanyi disse: — Sembrano legati all’attività vulcanica. Se rianimassimo i nostri geologi e meteorologi forse saremmo in grado di prevedere…

Larry lo interruppe. — Non possiamo rianimare tanta gente, a meno che non decidiamo di fermarci qui. E questa decisione la si prenderà solo quando si saprà con certezza che non ci sono altri pianeti possibili.

— Dovremo in ogni caso orbitare attorno a questo pianeta per molto tempo — obiettò Dan. — Anni, forse.

Gli altri annuirono.

— Io scendo col primo gruppo — continuò Dan. — Voglio accertare l’entità dei danni.

Larry obiettò: — Ma i medici…

— Sono il responsabile degli impianti — tagliò corto seccamente Dan, alzando la voce. — È il mio lavoro, devo scendere.

Larry frenò l’impulso di urlargli una rispostaccia. — Va bene — disse freddamente. — Allora non resta che stabilire quando si comincia.

— Al più presto — disse Dan.

— Il luogo dell’accampamento adesso è al buio — disse Lastella, sbirciando l’orologio. — Sarà giorno fra… otto ore.

— Cioè a mezzanotte, ora dell’astronave.

— Esatto.

Dan disse: — Raduniamo una squadra e alle prime luci scendiamo.

— Si può partire a mezzanotte — disse Lastella.

— Perfetto. Io, tu e l’attrezzatura indispensabile per poter riprendere il lavoro. Abbiamo bisogno di qualcun altro?

Larry si sentì ancora una volta tagliato fuori.

— Io vi consiglierei di farvi una dormita — disse. — Intanto io farò tirar fuori dal deposito le scialuppe di riserva.

— Benissimo.

Si alzarono tutti e si avviarono alla porta. Larry fu l’ultimo ad arrivarci, e vide che Dan si era fermato ad aspettarlo.

— A me non la fai — disse Dan.

Larry si accigliò. — Che intendi dire?

— Tu non hai la minima intenzione di fermarti qui. Lo sai benissimo. Tu farai revisionare e riparare l’astronave e poi tenterai di convincere tutti a ripartire.