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— Ma io lo vedo — disse Valery, con voce tenera, soffice come una nube. — Sono venuta a dirti questo. Io so che cosa provi, Larry, e…

— Smettila! — scattò lui. — Tra due mesi sposerai Dan. Lasciami in pace.

La sentì irrigidirsi nel buio. E poi: — Ma non sono innamorata di lui, Larry. Sono innamorata di te.

— Questo non cambia niente, e lo sai.

— E tu sei innamorato di me. Anche questo so.

Larry scosse la testa. — Ti sbagli… lo ero. Non lo sono più.

La faccia di Valery era velata dall’ombra, ma la sua voce sorrise: — Larry… ti ricordi quella volta che io, tu e Dan, a sei o sette anni, siamo entrati di nascosto nella stanza dei giochi a caduta libera? Giocavamo a prenderci, e tu, correndo come un pazzo, sei andato a sbattere contro una parete…

— Contro il soffitto — disse Larry.

— Ti sei rotto una spalla, ma non c’è stato verso di farti ammettere che ti faceva male. Io però vedevo che soffrivi, Larry. Lo capivo.

— D’accordo, avevo una spalla rotta. E allora?

Improvvisamente Valery gli fu vicina, inginocchiata per terra. — E allora non dirmi che non sei innamorato di me, Larry Belsen. Io so che menti.

— Che importanza ha? — disse Larry, con nella voce tutto il travaglio e lo scoraggiamento che aveva dentro. — La selezione dell’elaboratore è definitiva. Neanche il Consiglio può revocarla. Non si può permettere che ciascuno prenda moglie o marito come gli salta l’estro! Era quello che succedeva sulla vecchia Terra, con complicazioni genetiche a non finire. Noi dobbiamo vivere secondo le regole, Val…

— E le regole mi impongono di sposare Dan.

— Lui ti ama, Val.

— E tu no?

Larry non riuscì a rispondere. La fissò un momento lunghissimo, poi l’abbracciò e la baciò. La sentì cedevole, calda, amorosa, avvinghiata a lui, e gli si svuotò la mente, pensò soltanto a lei.

Quando tornarono a galla per respirare, Valery chiese, sonnacchiosa: — Non hai turni di servizio, no?

Larry scosse la testa. — No, sono esonerato fino a dopo i funerali.

— Ah…

Seduto sulla cuccetta, Larry continuò a fissarla con amore, odiandosi. Faccio male. È tutto sbagliato…

— Larry…

— Dimmi.

— Se il Consiglio ci desse il permesso, mi sposeresti?

— Non rendere le cose più difficili di quello che sono, Valery.

— Rispondi. Mi sposeresti?

— Sì, certo.

Valery gli si sedette vicino. — Non è impossibile. Se davvero lo vuoi.

— Devi essere…

— No, si può fare — insistette Valery. — Fra due giorni il Consiglio deve eleggere il nuovo presidente, giusto? E il presidente e i membri a vita sono di classe A, e hanno opzioni genetiche più ampie di quelli di classe B, giusto?

— Sì, ma…

— Ho fatto le mie verifiche. Nella sezione dell’elaboratore, tu e Dan siete stati classificati praticamente pari: solo al terzo livello lui t’è passato davanti, e solo per un pelo. Ma se tu sei eletto presidente…

Larry scosse la testa. — È il turno di Dan di essere eletto presidente. Ha un anno più di me. E poi voleva cedere la carica a suo padre, quando fosse stato rianimato all’arrivo a Centauri.

— Ma adesso è tutto cambiato.

Larry s’accigliò. — No… io e Dan ne abbiamo discusso, tempo fa. Ha un anno più di me, ed è giusto che tocchi prima a lui…

A voce bassissima, Valery disse: — Questo significa che fra due mesi sarò la signora Christopher. A meno che tu non faccia qualcosa subito.

— Non posso…

— Dan non è in condizione di dirigere l’attività del Consiglio — disse Valery. — Tra due giorni, quando si farà la votazione, lui sarà ancora in infermeria. E molti dei membri anziani sono sempre stati dell’idea che è troppo emotivo per fare il presidente, anche solo per un paio di mesi. Soprattutto ora, che stiamo per arrivare a destinazione, vorrebbero un presidente più forte, dai nervi più saldi. Chiedi a mio padre se non è così che la pensano.

Larry lo sapeva già, sapeva già tutto. Essere presidente al momento dell’arrivo sul nuovo mondo… Ogni uomo o donna eleggibile a bordo aspirava a quell’onore.

— Tu credi che Dan sia in grado di reggere le responsabilità di un presidente? — chiese Valery, accarezzandogli la nuca.

Non quanto me, rispose silenziosamente Larry.

— Come presidente, potresti sposarmi — disse Valery.

— Val…

— Non lasciarmi a Dan, per favore. È te che voglio.

È vero che io sarei meglio di lui. E potrei sposare Val.

— Larry, devo supplicarti? — Valery gli accostò la guancia alla faccia, e lui sentì che era umida di lacrime.

— Ma è un’azionaccia — mormorò. — Mi chiedi di prendere a calci il mio migliore amico mentre è a terra.

— È la tua unica possibilità, Larry. E abbiamo tutti bisogno di te, a bordo di quest’astronave. Tu sei il migliore, il più degno di diventare presidente. Tutti lo sanno. E io ho bisogno di te! Non posso vivere senza di te!

Larry chiuse gli occhi e si sentì dire: — Va bene, lo farò. Mi farò eleggere presidente.

III

L’astronave era costruita sul principio delle ruote concentriche, e consisteva in sette strutture anulari che ruotavano attorno a un mozzo centrale. Andando verso l’esterno, gli anelli si facevano via via più grossi, e aumentava lo spazio per l’equipaggiamento e gli alloggi. L’intera astronave ruotava lentamente, creando una gravità artificiale. Nell’anello più lontano dal centro, il livello 1, la gravità era di 1 g., come sulla Terra, e ci si sentiva del normale peso terrestre. Spostandosi verso il centro, peso e gravità diminuivano sensibilmente, fino a diventare, al mozzo, praticamente nulli.

Quel migliaio di uomini e donne che erano svegli e attivi alloggiavano al livello 1. I sette livelli erano collegati da tubi.

L’infermeria era al livello 2, dove la gravità era poco meno di 1 g. A causa di questo, si provava un senso di piacevole leggerezza, che metteva di buon umore e, a detta dei medici, aiutava i malati a guarire.

L’infermeria occupava un lungo tratto del livello 2, e non aveva oblò aperti sull’esterno. La parete principale era costituita da videoschermi sui quali sfilavano in continuazione immagini della Terra: della vecchia Terra dei tempi in cui la prorompente popolazione non aveva ancora abbattuto le foreste, squarciato il suolo ricco di minerali, sparso dappertutto putride città.

Dan Christopher, seduto sul suo lettino, ondeggiava lievemente sul materasso imbottito di liquido. Aveva passato la mattina fra brevi sonni e brevi veglie. Quand’era stato svegliato la prima volta, per il controllo, dal sistema automatico di sensori al suo capezzale, i videoschermi fuori delle pareti di vetroplastica del suo cubicolo gli avevano presentato un impossibile cielo azzurro con un paesaggio d’aspre montagne bianche chiazzate di verde sotto un sole sfolgorante.

Dan sapeva che il sole era una stella, anche se non somigliava a nessuna delle stelle che aveva visto. Ora, a mattina inoltrata, la scena che aveva davanti agli occhi era una foresta verde cupo, dove il sole filtrava in polverose strisce e strani animali a quattro zampe s’aggiravano cautamente nel sottobosco.

Sprecano energia elettrica per farci vedere paesaggi si disse. Si sentiva intontito, un po’ per i sogni angosciosi che aveva fatto, un po’, immaginò, per i tranquillanti che dovevano avergli somministrato a palate. Ma sotto la calma piatta prodotta dai medicinali, sapeva di avere dentro un nodo di terrore e di rabbia.

È morto. L’uomo che ci ha dato quest’astronave, che ha promosso questo viaggio, che mi ha messo al mondo, è morto. L’uomo più importante che ci fosse a bordo. Morto. E fra due mesi arriveremo a destinazione. Fra due mesi sarebbe stato rianimato e finalmente l’avrei conosciuto. Invece è morto.