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Almeno non abbiamo dovuto affrontarci a colpi di laser.

— Per il momento — si sentì mormorare.

A uno a uno, gli altri fecero rapporto. Nessuno aveva trovato Dan.

— Bene — disse Campbell. — Ora ciascuno salga per il tubo a cui si trova. Al livello due fermatevi e riferite.

Ci stavano impiegando troppo tempo, pensò Larry. Era passata più di un’ora da quando erano usciti. E ce ne sarebbe voluta un’altra, e anche più per esplorare il livello 2. Era troppo. Avrebbero dovuto rientrare senza ispezionare il terzo anello. Se Dan non saltava fuori subito, la ricerca doveva essere interrotta. A meno di non trovare qualcun altro disposto a dare un mano.

Larry aveva sempre caldo dentro la tuta. C’era un radiatore in fondo allo zaino di condizionamento, ma non assorbiva mai abbastanza il calore del suo corpo. Arrivato a metà del tubo, si accorse che grondava sudore.

Girava, girava. Il basso diventava l’alto, e poi di nuovo il basso. Marciava instancabile sul guscio metallico del tubo, e vedeva le stelle e il pianeta oscillare. Usa gli occhi per cercare Dan!, si ricordò. Ma dove? Poteva essere accovacciato dietro quell’antenna: e subito Larry controllò. No. Poteva essere librato a un centinaio di metri dall’astronave, e allora sarebbe stato praticamente invisibile contro lo sfondo delle stelle. Non lo vedremo mai… a meno di essere tanto fortunati da guardare nel posto giusto al momento giusto.

E poi Larry cominciò a provare la strana sensazione di avere Dan alle spalle che seguiva i suoi passi, in punta di piedi, come fanno a volte i bambini quando vogliono sorprendere qualcuno.

Era assurdo, irragionevole. Ma la sensazione durava, diventava più forte. Rabbrividì.

Si girò di scatto. Fu un movimento goffo, e gli stivali persero il contatto con l’astronave. Nessuno! E allora Larry si accorse che fluttuava nel vuoto. Diede un colpo secco all’unità di comando sulla cintura e i microgetti, sbuffando brevemente, lo rimandarono a sbattere contro la superficie del tubo. Gli si piegarono le gambe un momento, ma riuscì a stare in piedi.

Stai diventando impressionabile, si disse rabbiosamente.

Diede un’occhiata all’indicatore di livello dell’ossigeno che aveva al polso. Era ancora nel verde, ma cominciava a vedersi una scheggia di giallo. Quando dal giallo fosse passato al rosso sarebbe stata ora di rientrare o cambiare la bombola.

La cuffia ronzò. — Presidente?

— Sì.

— Un momento, prego.

Poi la voce di Valery disse: — Larry? Sembra che il dottor Hsai abbia trovato qualcosa.

— Cosa?

— Aspetta… te lo passo.

Larry continuò a marciare, continuò a guardarsi attorno.

— Salve, presidente — disse lo psicotecnico, formale.

— Salve, dottore — rispose meccanicamente Larry.

— Ho rivisto le mie note su Dan Christopher.

— E allora?

— Credo di avere trovato qualcosa di significativo.

Larry friggeva. — Ho capito. Di che si tratta?

Ma era inutile far fretta al dottor Hsai. — Vi ricordate quando. Dan Christopher è stato affidato per la prima volta alle mie cure? Subito dopo la morte del padre?

— Sì, continuate.

— È stato trattenuto in infermeria alcuni giorni e poi è stato dimesso. Successivamente, io ho tentato di mantenermi in contatto con lui, di seguire il caso.

— Lo so, l’avete tenuto in osservazione un mese — disse Larry. E non avete capito niente, aggiunse mentalmente.

— Sì. Ma prima… subito dopo che era stato dimesso dall’infermeria per la prima volta, io gli ho chiesto ripetutamente di presentarsi per una visita di controllo. E lui si è sempre rifiutato.

— E allora?

La voce del dottor Hsai si mantenne calma, con appena un’ombra d’eccitazione. — A un certo punto, mi ha detto chiaro e tondo di lasciarlo in pace, che disturbavo il suo lavoro.

— Ah sì?

— Ho qui la registrazione delle sue parole precise… ascoltate…

Larry si fermò, restando appeso immobile al guscio del tubo. Il vasto movimento rotatorio dell’astronave lo volgeva maestosamente intorno, come un solitario passeggero di un’antica giostra. Poi udì la voce di Dan, e per un attimo, finché non ricordò che era una registrazione, si spaventò:

— I reattori alimentano i motori principali secondo un programma stabilito con estrema cura — diceva Dan, in tono alterato. — L’astronave non è in grado di reggere più di un certo carico di propulsione, modesto, non è fatta per una propulsione elevata, si spaccherebbe in due…

— Questo lo sanno tutti. — Era la voce di Hsai.

E Dan rispose: — Ah, sì. Siamo in una fase molto delicata del volo. Un piccolo errore di calcolo, un impercettibile guasto ai reattori, e crepiamo tutti.

Clic.

— Avete capito quello che in realtà voleva dirmi? — chiese il dottor Hsai.

— Francamente, no — rispose Larry sconcertato. — Quello che ha detto è verissimo.

— Certo. Ma l’innegabile verità delle sue parole sottintendeva la minaccia di farci morire tutti quanti se non gli avessimo lasciato fare quello che voleva.

— Cosa?

— Sono convinto che è questo che ha in mente — continuò Hsai. — Non sono uno psichiatra, certo, ma mi pare che un atto autodistruttivo sarebbe in carattere col comportamento di Christopher.

Larry immediatamente gridò: — I reattori!

La voce di Val disse: — Larry, tu credi che sarebbe capace di fare una cosa del genere?

— Non possiamo correre il rischio di non crederlo. Val, avverti il gruppo Propulsione e Potenza di evacuare il livello sette. Che rimangano solo i tecnici strettamente indispensabili, e li voglio in tuta pressurizzata, Svelta!

— Vado subito.

Larry armeggiò con gli interruttori della radio sulla cintura.

— Mort, sono Larry. — Sarà la frequenza giusta?

— L’hai trovato?

— No. Mi hanno chiamato dall’interno. Hsai dice che Dan potrebbe tentare di far esplodere i reattori.

— No…

— Vado su coi getti. Tu continua le ricerche qui fuori, tanto per essere sicuri.

— Va bene.

Larry si staccò dalla parete del tubo e sfiorò i comandi dei microgetti. Fu come se delle minuscole mani l’afferrassero alla vita e lo spingessero su, verso il mozzo dell’astronave. Uno dopo l’altro gli anelli passarono sotto di lui.

Quando arrivò al sesto livello, vide, più su, al settimo, un lampo e uno sbuffo come di vapore. Poi, qualcosa, un pezzo di metallo lacerato, volò via. Larry puntò in quella direzione.

L’unico oblò del livello 7 era stato sfondato. Larry si afferrò all’orlo lacerato e si issò dentro.

Se accendo la luce del casco, divento un bersaglio infallibile.

Qualcosa di pesante e metallico sbatté in lontananza, e una ventata rimbombante come un tuono investì Larry.

Il portello di sicurezza! Ha aperto il portello di sicurezza tra gli uffici e lo spazio dei reattori.

Larry accese la lampada del casco, ed estrasse il laser dalla fondina.

L’ufficio era uno scempio. Quando l’oblò era stato forzato, il violento spostamento d’aria aveva squassato tutto. Le sedie erano rovesciate, gli accessori delle scrivanie rotti e sparpagliati dappertutto. Le carte erano volate fuori.

Non c’erano cadaveri, però.

L’avvertimento di Valery doveva essere arrivato in tempo.

Larry soppesò la pistola nella destra, respirò a fondo, e l’aria della tuta gli parve improvvisamente buona. Nella bassa gravità del livello 7, i movimenti erano facili anche con la tuta; ma avviandosi verso il portello di sicurezza, Larry si mosse lentamente, con cautela. Dan aveva un vantaggio di pochi minuti su di lui, forse avrebbe potuto sorprenderlo.