Larry entrò, si sedette allo scrittoio, e di colpo si sentì stanchissimo. Si passò una mano sulla fronte.
Un colpetto alla porta.
— Avanti.
Era il dottor Loring. — Ti disturbo?
— No, assolutamente — disse Larry. — Sedetevi. — E indicò l’unica sedia oltre alla sua.
Con la sua mole, Loring parve far gonfiare le pareti all’infuori. Allargò ben bene la plastica della sedia, poi vi si lasciò cadere dentro, e Larry trasalì, aspettandosi che le gambe metalliche cedessero.
— Sono venuto a congratularmi. Hai condotto bene la riunione, nonostante… le interferenze.
Larry annuì soprappensiero. — Il fatto è — disse — che prima di oggi non mi ero mai reso conto fino in fondo che il pianeta verso cui viaggiamo da cinquant’anni potrebbe essere davvero inabitabile per noi.
— Sì. Sarebbe deludente.
— Deludente? — Larry fece ruotare la sedia mettendosi faccia a faccia con Loring. — Sarebbe una catastrofe. Significherebbe un ripensamento di tutto lo scopo del viaggio. Vogliamo davvero fermarci su un mondo diverso dalla Terra, e trasformare i nostri figli in… qualcosa di diverso da noi?
— Francamente, non vedo alternative — disse Loring. — Non sappiamo se esistano pianeti migliori.
— E allora guardiamoci in giro, cerchiamone uno — ribatté Larry in tono risoluto. — Non mi va di essere messo con le spalle al muro. Voglio avere la possibilità di scegliere se fermarci ad Alpha Centauri o no.
Loring parve un po’ sorpreso. — Parli sul serio? Prenderesti davvero in considerazione l’idea di andare avanti?
Larry annuì.
— Ma… qui sull’astronave pensano tutti che il viaggio sia quasi alla fine.
— Lo so — disse Larry. — Invece forse è solo all’inizio.
Il dottor Loring scosse la testa, facendo tremolare le guance cascanti. — Sarà un rospo duro da ingoiare. La gente non è psicologicamente preparata ad andare avanti. E L’astronave non è in condizioni…
— L’astronave può essere revisionata, riparata. E la gente… è scontato che la decisione finale la prenderemo tutti insieme. Ma voglio che le alternative siano chiare. O almeno che l’alternativa ad Alpha Centauri ci sia.
— Non abbiamo gli strumenti per studiare pianeti di altre stelle dall’astronave. Siamo appena in grado di farci un’idea del pianeta maggiore di Centauri.
— E allora fabbricateli, gli strumenti — disse Larry. — Le nozioni per farlo non vi mancano, dottor Loring.
— Entro due mesi? Mi pare…
— Meno di due mesi — disse Larry, con la voce dura e fredda. — Dobbiamo disporre di dati prima di essere costretti a entrare in orbita attorno al pianeta maggiore.
Per una volta, il dottor Loring rimase senza parole. Se ne stette lì a bocca aperta, sbattendo gli occhi umidi.
— Avrete tutto l’aiuto necessario — disse Larry. — A questo penserò io. Ma voglio la prova che esiste un pianeta simile alla Terra. Deve esserci, da qualche parte.
— Perché? Perché tu vuoi che ci sia?
Larry strinse i denti, e sforzandosi di stare calmo, rispose: — No… non è soltanto questo. È che non voglio vedere i miei figli alterati per poter vivere su un mondo inumano. I figli di Val. I vostri nipoti.
Un lungo silenzio. Poi Loring disse: — Lo sai che si è fatto vivo con lei?
— Dan?
— Sì. Le ha chiesto di cenare con lui stasera.
— E lei ha accettato?
— Sì. Pensò che gli dirà che ha deciso di sposare te.
Scuotendo la testa, Larry disse: — Non credo che glielo dirà. Dan sta passando un brutto periodo, e non credo che Val voglia dargli anche questo colpo.
— Ma deve farlo! — La faccia del dottor Loring s’infiammò. — Altrimenti… mica può lasciargli credere…
— Lo so — disse Larry. — Avete ragione. Ma ho paura che Dan sia sull’orlo del collasso nervoso. È come uno che è uscito fuori e s’è legato alla ruota del livello 1. Gira, gira… e più gira, più perde la ragione.
Era stato un pranzo silenzioso e teso. Valery e Dan avevano mangiato al self-service dell’astronave, in uno dei piccoli scomparti in penombra, lontano dalla schiera di tavolini centrali dove c’era folla e chiasso.
Avevano parlato pochissimo. Valery, con una tuta rosso acceso, era bella ma molto seria. Dan, in tuta nera, era cupo e taciturno.
Ora percorrevano un corridoio silenzioso, tornando verso l’alloggio di Dan, un comparto singolo che era uguale in tutto, compreso un disegno di Val sulla parete, a quello di Larry.
— Hai deciso per Larry, vero? — chiese bruscamente Dan.
Valery si fermò nel mezzo del corridoio deserto. — Sì, credo di aver deciso per lui. Gli ho detto di sì.
Dan le prese un braccio e continuò a camminare, a passo spedito, tirandosela dietro. Poi senza guardarla, le chiese: — Lo ami?
— Vi amo tutt’e due. Lo sai.
— Però vuoi sposare lui.
— Lui… me l’ha chiesto.
— E tu vuoi che i tuoi figli siano i figli del presidente.
— Questo non c’entra!
— E se il presidente fossi io?
Valery scosse la testa. — Non lo sei.
— Potrei diventarlo.
— No… è una possibilità che non avrai più. Larry è stato eletto e sarà rieletto.
Sempre guardando diritto davanti a sé, Dan disse: — E se il Consiglio votasse la sua destituzione? Prima che sia scaduto l’anno di mandato?
— Cosa? — Valery si fermò di nuovo e liberò il braccio con uno strattone. — Cosa stai dicendo, Dan?
Stringendosi nelle spalle, Dan rispose: — Non sarebbe la prima volta che un presidente in carica viene destituito. Basta che il Consiglio decida che è inadatto al compito. O che c’è un uomo migliore di lui da mettere al suo posto.
— Togliti quest’idea dalla testa — disse Valery, seria. — Faresti del male a Larry e ancora di più a te stesso.
— Io merito di fare il presidente — ribatté Dan. — Ma soprattutto, molto di più di questo, voglio te. Io ti amo, Val. Da sempre. Spaccherei in due quest’astronave per averti, se fosse necessario.
— Oh, Dan… no… per favore…
Dan la prese fra le braccia e la strinse. — Tu non sposerai né Larry né nessun altro. Sposerai me. Credi di aver deciso, ma aspetta. Ti assicuro che non più tardi di quando entreremo in orbita attorno al pianeta, vedrai tutto diversamente.
Qualcosa nella testa di Val le diceva di strapparsi da quella stretta, e qualcosa di più impellente la faceva star ferma dov’era. Alzò gli occhi, incontrò lo sguardo intenso paurosamente serio di Dan, e disse: — Dan… non farmi mettere zizzania tra te e Larry. Siete amici da… — S’interruppe sentendo lei stessa che quelle parole erano pateticamente forzate.
— Forse Larry ha assassinato mio padre.
— Cosa? — Nello sbalordimento, Valery si sottrasse alla stretta.
— Non credo che l’incendio sia scoppiato per caso. Sono convinto che l’ha provocato qualcuno. E Larry ne ha tratto molti vantaggi.
— Dan, ma tu sei matto! C’era anche suo padre nell’incendio…
— Se te lo dimostrassi? — urlò quasi Dan. — Ti andrebbe allora di sposare un assassino?
— Smettila, Dan!
— Rispondi. Ti andrebbe?
Valery gli voltò le spalle e scappò via.
— Val… Aspetta… — Dan la rincorse e l’afferrò per un braccio.
— Me ne vado a casa! — Valery liberò il braccio. — E se hai un minimo di decenza, non dire mai più una cosa simile!
E lo lasciò lì, piantato in mezzo al corridoio con un’aria improvvisamente desolata e indifesa… ma anche, se ne accorse voltandosi a guardarlo, cupamente risoluta, dura, ostinata. Rabbrividì. Larry, un assassino? Era un assassino? Era follia pura. Ma… allora Dan era pazzo! Quale delle due cose?