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Nel corridoio si erano accese le luci.

— Scusate, sono stato io — disse Walters, con un certo impaccio. — Ho scoperto qualcosa che assomiglia a un interruttore, ma posso essermi sbagliato… — Le luci del corridoio si accesero e si spensero diverse volte; poi, all’improvviso, si accesero anche quelle nella camera stagna. — Meglio informare il colonnello anche di questo — aggiunse alla fine.

McCullough comunicò al colonnello che Walters aveva trovato gli interruttori della luce e li aveva provati, che l’illuminazione era di un bianco-azzurro brillante, e che proveniva da lampade cilindriche che loro, in un primo momento, avevano scambiato per tubi. Non si verificò ancora nessuna reazione da parte dell’equipaggio, e McCullough cominciò a domandarsi se realmente ci fosse qualcuno a bordo.

— Voi due avete la passione di sbattere le porte e accendere le luci! A ogni modo avete scoperto qualcosa che ci potrà servire in futuro. Abbiamo bisogno di riposo. Tornate al P-Due. Dobbiamo pensare parecchio, prima di fare il prossimo passo sull’Astronave. Date conferma.

— Ricevuto, signore — disse Walters. — Però, prima di uscire, vorremmo prendere un campione d’aria dello scafo. Ci basteranno cinque minuti.

McCullough cominciava a sentirsi irritato e molto stanco; nello stesso tempo, però, voleva avere al più presto la possibilità di analizzare il tipo di atmosfera respirata dagli stranieri. Ma si rendeva conto che non si stava comportando in un modo prudente, che infrangeva i suoi stessi principi, e che la fatica è una specie di leggera ubriacatura carica di rischi.

Walters aprì il portello del corridoio, e l’aria dell’astronave irruppe nella camera stagna. Le loro tute persero l’aspetto rigonfio e si incollarono ai corpi. La pressione dell’Astronave doveva essere leggermente superiore a quella delle tute, pensò McCullough, mentre prendeva il campione d’aria. Il pilota si avvicinò al portello.

— Voglio dare soltanto un’occhiata. McCullough gli andò vicino.

Nel corridoio brillava soltanto una lampada, quella accesa da Walters; le due estremità del corridoio stesso sparivano nel buio completo. Improvvisamente, McCullough sentì le reti vibrare. Poi qualcosa saettò verso di loro, dal fondo del corridoio.

McCullough fece un balzo indietro. Walters, che aveva un braccio e una gamba oltre la soglia, non fu altrettanto lesto. Il dottore intravvide qualcosa passare come un lampo davanti all’apertura. Qualcosa che somigliava vagamente a una grossa stella marina. Poi Walters afferrò la leva e chiuse di scatto il portello.

Il pilota rimase sospeso nell’aria con una mano stretta alla maniglia e l’altra grottescamente appoggiata al fianco. Pallido e madido di sudore, Walters teneva gli occhi chiusi.

— Non può entrare. Siamo… salvi… — disse McCullough, poi s’interruppe.

Walters non era salvo. Sul fianco sinistro, la tuta presentava un ampio strappo triangolare. Attraverso lo squarcio, i fili del sistema di condizionamento sembravano vene messe allo scoperto. Il pilota, comunque, non sembrava ferito e tentava di avvicinare i lembi dello strappo. Ma la lacerazione era troppo vasta, e i lembi erano troppo irregolari. La differenza di pressione poi era troppo grande per evitare che l’atmosfera straniera penetrasse nella tuta.

Walters cominciò a tossire.

8

McCullough desiderò di potersene andare. Lo desiderò più di quanto avesse mai desiderato qualsiasi altra cosa in tutta la sua vita. Mai come allora gli stretti e maleodoranti confini della sua navicella gli erano sembrati tanto desiderabili e sicuri. E il P-Due si trovava a meno di cento metri, con Berryman pronto a farlo entrare e a toglierlo da quel luogo divenuto improvvisamente spaventoso. Non doveva fare altro che sollevare una semplice e stupida leva.

Quel gesto avrebbe provocato la morte di Walters, per decompressione. Comunque, il pilota stava soffocando per l’atmosfera straniera; l’altra morte sarebbe stata più rapida e meno dolorosa…

Ma forse Berryman non avrebbe accettato di ripartire senza Walters, e la morte per decompressione non era certo bella, anche se rapida… Inoltre, McCullough era sempre stato contrario alla eutanasia.

— Dottore — disse Walters, scosso dagli accessi di tosse — avete… dei cerotti?

— Cosa? — domandò McCullough, poi fece un cenno affermativo. — Accidenti, sono proprio uno stupido!

Fuori dell’Astronave, un cerotto impermeabile non sarebbe bastato a tenere insieme i lembi di uno strappo. Ma in quella camera, con una pressione quasi identica tra ambiente e tuta, avrebbe costituito una barriera sufficiente a impedire la penetrazione dell’atmosfera straniera attraverso lo squarcio. Per un certo tempo, almeno. McCullough prese rapidamente i cerotti dalla sua sacca e le dispose sullo strappo, mentre Walters li schiacciava per farli ben aderire.

— Come vi sentite? — domandò McCullough, a operazione ultimata. — Avete dolori al petto? Nausea? Vista annebbiata?

Walters scosse la testa.

— L’odore… è quello della ammoniaca… o della formaldeide — balbettò quasi soffocando per lo sforzo di non tossire. — È forte e acuto, ma non nauseante. Informate il colonnello.

McCullough fece un cenno affermativo e appoggiò l’antenna contro la parete.

Il colonnello lo interruppe soltanto una volta per domandare cosa fosse andato a fare il pilota nel corridoio; poi disse a McCullough di continuare il rapporto, senza cercare giustificazioni per la stupidità di Walters. Il dottore ubbidì. Fece un semplice accenno all’incidente, e si dilungò a discutere i problemi che aveva sollevato.

— Potete legare strettamente la gamba, in modo da evitare un mortale sbalzo di pressione nei pochi minuti che vi sono necessari per raggiungere il P-Due. Significa la decompressione della gamba, certo, ma è sempre meglio che…

— No, signore. Lo strappo è troppo in alto sul fianco sinistro. Non è possibile lasciare la camera stagna, con Walters in queste condizioni. Io non posso uscire, e nessuno può entrare. A meno che…

— A meno che Walters non torni in corridoio quando la camera è senza aria. Domandategli se si sente di fare una cosa del genere.

Fu necessario censurare parecchio la risposta del pilota. McCullough disse soltanto: — Lo farà. Ma non ne è molto entusiasta.

Morrison non fece commenti su ciò che pensava Walters.

— Questo risolve il vostro ritorno. Lui, per tornare al P-Due, dovrà indossare una nuova tuta.

C’erano diverse buone ragioni per non avere tute di riserva sugli scafi P. A parte il peso in eccesso e la mancanza di spazio in cui collocarle, c’era il fatto che le tute spaziali dovevano essere tagliate su misura per la persona che doveva indossarle. Questo significava una tuta di riserva per ogni membro della spedizione. Tra l’altro, un danno alla tuta significava normalmente la morte di chi la indossava; quindi la possibilità di ripararle non era mai stata presa in considerazione. In ogni caso, la riparazione delle tute era un lavoro da specialisti e richiedeva l’uso di macchine che non potevano trovare posto in uno scafo.

— Hollis e Berryman sono più o meno della corporatura di Walters — disse il colonnello. — E Berryman è il più vicino a voi. Vi manderò Drew. Nel frattempo Berryman si può togliere la tuta e metterla nella camera stagna del P-Due. Drew si fermerà a prenderla, poi verrà a portarvela e a prendere il campione d’aria.