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Gli astronauti parlarono poi delle intenzioni e dei possibili metodi di comunicazione a grande distanza degli stranieri, e si trovarono d’accordo sulla necessità di tornare sull’Astronave.

Parecchie ore dopo, mentre si avvicinavano al P-Uno per le operazioni di attracco, Walters disse all’improvviso: — Dottore, mi spiace per quanto vi ho detto prima. Non avrei dovuto criticare i vostri piedi; soprattutto dopo ciò che avete fatto per me sull’Astronave. Ma voi avevate esposto degli ottimi motivi per andarcene, e io ho avuto paura che il colonnello decidesse da un momento all’altro di ascoltarvi. Abbiamo l’incredibile opportunità di… di…

— Di prendere delle bastonate? — domandò Berryman, sogghignando. — Comunque, Walters, se fossi in voi non perderei tempo a scusarmi. Io credo che se la vostra mente fosse veramente capace di pensieri tortuosi, se non foste semplicemente uno psicologo dilettante, vi sareste ormai reso conto che il dottore si stava prendendo il lusso di fare un gioco di prestigio psicologico. Probabilmente l’aveva studiato in anticipo con il colonnello. Parlando bene, dicendo cose sensate, esponendo tutte le nostre paure segrete e il nostro istintivo desiderio di sopravvivere, ci ha costretti a insorgere per dimostrare la nostra superiorità su di lui. È la famosa storia dei suonatori che andarono per suonare e vennero suonati. Naturalmente, non vorrà ammetterlo.

Girarono lo sguardo verso di lui.

McCullough si sentì avvampare, ma nel suo intimo provò una piacevole sensazione di calore. E si rese improvvisamente conto che non esiste cieco peggiore di chi ci vede perfettamente ma chiude gli occhi perché sa di avere di fronte un amico.

— È un’idea — disse. Poi soggiunse, tra sé: “Un’ottima idea”.

10

Come unico membro della spedizione in possesso sia di tuta sia di una benché minima esperienza nei confronti degli stranieri, McCullough venne messo al comando del secondo gruppo di sbarco. Queste furono le ragione esposte da Morrison; e gli altri dettero tacitamente a McCullough l’impressione di considerare saggia la decisione del colonnello.

Comunque, cinque minuti dopo la partenza dagli scafi P, Morrison dimenticò completamente di avere messo McCullough al comando.

Il portello d’ingresso scelto era a un centinaio di metri da quello usato la prima volta. McCullough mise in funzione il meccanismo di apertura ed entrò, seguito dal colonnello, da Berryman, Hollis e Drew. Questa volta non sbatté il portello, né sottopose a sforzo eccessivo l’impianto idraulico. All’interno fece vedere come funzionavano gli interruttori della luce. La camera era quasi identica a quella precedente; comunque, questa volta l’avrebbero esaminata nei minimi particolari.

Non c’erano stranieri nella camera. Né se ne vedevano nel corridoio.

Morrison aveva portato un riflettore del P-Uno. Attraverso i grandi pannelli trasparenti delle quattro porte laterali, fece fotografie dello spazio tra le due fusoliere. Drew si mise di guardia alla porta del corridoio e tenne il contatto radio con Walters sul P-Due, mentre Berryman, Hollis e McCullough ispezionavano accuratamente la camera.

Dopo alcuni minuti, Berryman disse: — Mi rendo conto che la robustezza dello scafo, unita alla semplicità del disegno, ha lo scopo di ridurre il pericolo di guasti alle diverse parti. Però, questo supporto angolare è di una semplicità addirittura sconcertante.

Anche il rozzo supporto, come tutte le altre strutture che loro stavano esaminando, aveva il suo contrassegno di identificazione.

Pensarono semplicemente che ogni macchina oltre un certo grado di complessità, dall’automobile all’aeroplano fino all’Astronave lunga oltre ottocento metri, richiedeva un enorme lavoro di progettazione, con calcoli e disegni, prima che anche le parti più semplici si trasformassero in un pezzo di metallo tridimensionale sul banco di montaggio. Per una nave di quelle dimensioni, il numero totale degli schemi particolareggiati, dei calcoli sulla resistenza dei metalli, dei diagrammi per le parti elettriche e così via, doveva essere quasi inconcepibile. Quella montagna di carte aveva lo scopo di indicare a gente di media intelligenza come montare e unire una all’altra tutte le parti del gigantesco rebus tridimensionale.

Se era stato seguito il normale sistema umano, e se i tecnici aeronautici che avevano loro impartito le lezioni durante il viaggio avevano reso ben chiaro che non esisteva un sistema più semplice, a parte quello di agitare una bacchetta magica, allora tutti gli schemi dovevano anche comprendere le istruzioni precise per collocare ogni parte al posto giusto.

Poteva darsi che gli extraterrestri avessero qualche loro sistema particolare per contrassegnare le varie parti come quello di imprimere su ognuna una specie di etichetta telepatica o riconoscibile al tatto, anziché ricorrere a simboli visibili. Ma considerata la mole del veicolo, e lo spaventoso numero di parti da identificare, era molto probabile che avessero scelto il sistema più facile, quello di incidere sulla superficie dei singoli pezzi dei segni che fossero identificabili a prima vista.

Il sistema usato per l’Astronave sembrava quello della vibroincisione. Ed era bello scoprire che, almeno nella filosofia aeronautica e nella costruzione dei veicoli spaziali, gli extraterrestri e gli umani ragionavano allo stesso modo.

— Avete notato che in questi simboli non esistono linee curve? — chiese Hollis a un tratto. — Sarà dovuto al fatto che hanno delle pinze anziché delle dita, e di non avere il pollice opponibile?

— Non credo — osservò McCullough. — Se avessimo continuato a usare i numeri romani al posto di quelli arabi…

— Rimandate a più tardi le discussioni teoriche, signori — disse Morrison, con impazienza. — Ora daremo una rapida occhiata lungo il corridoio. Berryman e io andremo verso poppa, Hollis e McCullough andranno a prua, e Drew rimarrà a guardia della camera stagna. Fermatevi alla prima intersezione. In questo modo sarà impossibile restare tagliati fuori dagli altri. Disegnate una mappa con la posizione delle porte e tutto ciò che vedete d’interessante. Se le porte hanno dei pannelli trasparenti, annotate le dimensioni delle camere laterali e ciò che contengono.

“Fate il più velocemente possibile” concluse Morrison. “Se incontrate qualcuno, ritiratevi o difendetevi senza ferire. Bene, Drew, aprite il portello.”

Presero tutti le direzioni stabilite. McCullough si portò leggermente avanti a Hollis, quasi per paura di punzecchiarlo con quella loro ridicola arma. Dato che lo scafo sembrava progettato per viaggi in caduta libera, il corridoio non aveva pavimento, soffitto o pareti ben definite. Le reti erano tese a qualche centimetro dalle pareti e si interrompevano a intervalli regolari davanti alle porte di quelli che dovevano essere i diversi magazzini. Volendo agire con grande prudenza, i due uomini proiettarono il raggio delle loro lampade attraverso le porte che avevano il pannello trasparente, e passarono senza fermarsi di fronte alle altre, pur sapendo che avrebbero potuto facilmente aprirle, trattandosi di porte scorrevoli e non a pressione. Tutte le porte erano contrassegnate da simboli, rovesciati uno rispetto all’altro, in modo che fossero facilmente leggibili da qualsiasi parte ci si avvicinasse.

Lungo le pareti del corridoio, a intervalli regolari, c’erano lampade e interruttori. Però McCullough non le accese. La torcia di Hollis e la sua proiettavano raggi di luce sufficiente, e non c’era motivo di far sapere agli stranieri della sala controllo che gli esseri umani si erano introdotti nell’Astronave.